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Primavera sudanese
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Articolo di Redazione
11 aprile 2019 19:05
 
 Uno spettro tormenta il mondo musulmano: è lo spettro della libertà. Impossibile non fare il parallelo. Contemporaneamente o quasi simultaneamente, due regimi politico-militari, quello di Algeri e quello di Khartoum, devono affrontare potenti rivolte popolari, messe in moto da un'aspirazione a più democrazia. Il primo ha causato la partenza di Abdelaziz Bouteflika dopo settimane di proteste gigantesche. Il secondo, in uno scenario simile, ha portato al rovesciamento del sanguinario dittatore Omar al-Bashir, che è stato al potere in Sudan per decenni. In entrambi i casi, non è chiaro se questa prima vittoria porterà a una vera emancipazione. A Khartoum come ad Algeri, è l'esercito che comanda: i militari di entrambi i Paesi hanno finalmente ceduto alla strada, facendo pressione per la partenza dei due potentati sfidati dalla popolazione; ma sono molto sospettati di voler fare un semplice aggiustamento del regime per rimanere al vertice dello Stato. Così algerini e sudanesi potrebbero vedere la loro rivoluzione confiscata dai generali che installerebbero al potere uno dei loro, magari un po' più presentabile del suo predecessore.

Ma qualunque sia l'esito di queste due crisi, una lezione si impone. Il vento sollevato dalla primavera araba del 2011 non è terminato. Si potrebbe pensare, con una sorta di rassegnazione, che il mondo musulmano è stato condannato, come in Siria o in Egitto, a fare la sponda tra Scilla e Cariddi, tra islamisti da un lato e regimi militari dall’altro (con una variante come in Sudan, dove c'era nello stesso tempo un regime militare e islamista). Gli eventi recenti mostrano che un terzo attore mantiene ancora il suo ruolo: la gente, sopraffatta dalla corruzione e dalla repressione, che richiede sempre più onestà e maggiore libertà. Così, in un momento in cui, nei vecchi Stati di diritto, la democrazia mostra segni di stanchezza, rimane un riferimento vivo, attraente e desiderato nei Paesi tiranneggiati dalla soldatesca o dal fondamentalismo religioso. Una sorta di informale internazione della libertà si sta manifestando, in Iran contro i mullah, in Tunisia contro gli islamisti, in Algeria contro il potere del FLN, in Sudan contro il regime di Omar al-Bashir. Le donne sono spesso i protagonisti più impegnati (in Iran, in Sudan o in Tunisia). Le possibilità di una vittoria democratica rimangono scarse, visto che la forza rimane a chi ha le armi o ai dogmi dei fanatici. Ma sicuramente, in queste società oppresse, il virus della libertà è ancora attivo.

(editoriale di Laurent Joffrin, pubblicato sul quotidiano Libération del 11/04/2019)
 
 
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