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Prodotti finanziari. La profilatura del cliente
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Articolo di Marco Solferini *
11 aprile 2019 9:38
 
L'attuale offerta di prodotti finanziari pone spesso il risparmiatore nella condizione di poter scegliere prodotti che pur non essendo rischiosi o speculativi in senso proprio promettono un alto rendimento.

I casi più recenti si riferiscono alle obbligazioni (quali potrebbero essere a titolo di esempio le Portugal Telecom o le Astaldi) riferibili a società emittenti che vengano a trovarsi successivamente in una situazione di “crisi di liquidità”.

Una condizione che impone alcune scelte, come il concordato o alcuni piani di acquisizione (o salvataggio) in non poche occasioni gravemente pregiudizievoli per i diritti dei portatori di prodotti finanziari, come ad esempio appunto le obbligazioni.

Le banche tendono a operare una netta separazione tra attività di consulenza prestata dall'intermediario e una diversa attività di compravendita assolta dal risparmiatore per suo esclusivo interesse e volontà. A volte con comunicazione dell'ordine da parte del cliente alla banca intermediaria che quindi si limita ad essere un esecutore dello stesso oppure in altri casi realizzando, sempre il cliente, la compravendita del prodotto finanziario (es. obbligazione) per conto proprio magari attraverso la piattaforma di trading on line.

In tutte queste circostanze, per la banca intermediaria opererebbe soltanto un rapporto di custodia e amministrazione titoli che quasi come uno scudo magico rispedirebbe al mittente ogni singola pretesa del cliente. Essendo che la banca ritenendosi semplice esecutrice di un ordine (execution only) non sarebbe di per sé responsabile delle scelte (e delle conseguenze) sul cliente risparmiatore.

A ben guardare però non è necessariamente così.

Anzitutto occorre indagare, avvalendosi delle presunzioni già note alla giurisprudenza, se la profilatura del Cliente è stata raccolta nel rispetto delle norme vigenti all'epoca in cui il rapporto si è sviluppato.

In non pochi casi infatti la copia della scheda del risparmiatore risulta essere stata firmata in bianco e poi compilata con le necessarie aggiunte in un momento successivo, dall'intermediario. O presenta delle difformità che passano sotto il comune denominatore di incongruenze che rassomigliano a degli aggiustamenti per far quadrare la profilatura.

In ogni caso la presunta adeguatezza di un ordine non può esimere l'intermediario da qualunque atteggiamento prudente.

Ciò posto è bene chiarire che ricevuto un ordine di compravendita da parte dell'investitore, qualora lo stesso non sia in linea con la profilatura del medesimo, l'intermediario avrebbe l'onere di informare in via preventiva il risparmiatore dell'inadeguatezza dell'operazione e delle ragioni per cui non sarebbe opportuno procedere alla sua esecuzione.

A tal proposito vorrei ricordare che la normativa del Testo Unico Finanziario come pure dei Regolamenti Intermediari succedutisi nel tempo e delle disposizioni attuative per ciascuno di essi richiamati, come pure le modifiche intervenute, sono poste a funzione di protezione del Cliente: nessun automatismo può essere dato per scontato.

Può pertanto verificarsi che un eventuale volontà del cliente di adottare una linea di gestione radicalmente diversa da quella già in essere e debitamente identificata nella profilatura debba avvenire, in ragione di siffatta protezione, solo ed unicamente dopo che sia stata opportunamente procedimentalizzata. Cioè indagata e riconosciuta nonché recepita dall'intermediario. A prescindere dal tipo di rapporto di gestione.

Il quale, a ben guardare, non tocca questo aspetto in quanto un ordine d'acquisto palesemente sovvertitore della linea contrattuale in essere si atteggerà come un contratto sostitutivo dei contenuti di base di quello già preesistente e come tale la sua mera esecuzione non sarebbe rispettosa delle regole imperative stabilite dal vigente sistema dei servizi di investimento. Regole appunto, dalla loro ispirazioni fino alla loro attuazione, a salvaguardia del risparmiatore.

Specialmente quando si ha a che fare con prodotti finanziari che tendono a invogliare il risparmiatore ma si manifestano, successivamente, in maniera rischiosamente camaleontica. Un esempio abbastanza comune e recente sono gli alti rendimenti di obbligazioni societarie.

A questo punto occorre soffermarsi sulla corretta identificazione del concetto di execution only già molto noto alla giurisprudenza, cioè la mera esecuzione dell'ordine impartito dal cliente.

"La recente Cassazione con Ordinanza 3914/2018 ha in pratica stabilito che pure in mera esecuzione di ordini (la c.d. execution only) e quindi anche negli acquisti on line, ma sopratutto nel caso di custodia e amministrazione titoli, rimane in capo all'intermediario uno specifico obbligo informativo, derivante dal Regolamento Intermediari e che è applicazione diretta dei contenuti dell'art. 21 del Tuf, sul prodotto dell'operazione e tale obbligo informativo “dev'essere sempre sempre garantito al risparmiatore costituendo attuazione dell'obbligo di curare l'interesse del Cliente”

Attenzione però al concetto di applicare correttamente i Regolamenti Consob ratione temporalis ciò riferendoci sempre all'epoca in cui l'ordine d'acquisto del prodotto finanziario è stato eseguito. Secondo quindi il noto principio già più volte ribadito dal Supremo Collegio tale per cui esiste una diversificazione delle situazioni giuridiche determinata dal fluire del tempo. La Cassazione è il giudice di legittimità al quale si arriva dopo un giudizio di primo grado e di secondo, quindi molto tempo dopo aver effettuato l'ordine d'acquisto del prodotto finanziario per il quale si è in causa con l'intermediario.

Questo è importante perchè, la Cassazione nel suo principio espresso con l'Ordinanza 3914/2018 e riferibile al concetto di execution only, si è riferita all'applicazione del Regolamento Consob 11522. C.d. regolamento intermediari che cioè disciplina il comportamento dell'intermediario.

Il Regolamento in questione è rimasto in vigore fino al 2 novembre del 2007

Chiunque può verificarne la vigenza e le modifiche dal sito della Consob

Prudenza quindi a non dare per scontato che il precetto della Cassazione, pur se condivisibile sia sempre e comunque applicabile a qualsiasi ordine che sia stato eseguito dal risparmiatore senza coinvolgere il proprio intermediario.

Viceversa, attualmente è molto utile formulare un indagine preliminare di contenuti inerenti all'esecuzione dell'ordine d'acquisto per determinare la procedura più idonea per la contestazione di ogni addebito all'intermediario.

Allacciandomi pertanto alle considerazioni esposte in apertura del presente articolo mi sento di suggerire:
- Identificazione del trend di downgrading del titolo interessato allo scopo di collocare il suo acquisto temporalmente in una finestra ben definita per verificare se la piattaforma di trading on line era debitamente provvista di pop-up o check box idoneo a ragguagliare il Cliente sul reale andamento delle valutazioni inerenti al titolo e se, le impostazioni di alert e salvaguardia erano aggiornate, quindi altresì conformi alle previsioni normative che vogliono la piattaforma sia strutturata in modo idoneo a rilevare l'appropriatezza del prodotto finanziario tenuto conto della profilatura del Cliente.
- Assolvimento degli specifici obblighi informativi in ragione del combinato art. 23 Tuf e 31 Reg. Intermediari. Rammentando che sull'intermediario resistente grava ai sensi dell'art. 23 Tuf l'onere della prova di aver assolto agli obblighi di corretta informazione circa l'elevato profilo di rischio e che l'essersi limitato l'intermediario ad una semplice affermazione di aver fornito la dovuta informativa ma senza allegare alcuna documentazione che consenta di dimostrare il rispetto dello standard di condotta prescritto dall'art 31 del regolamento intermediari non è considerato sufficiente (come recentemente rilevato fra l'altro dall'ACF con decisione 328/2018).
- Presenza di eventuali incongruenze nella profilatura del Cliente tale per cui essi avrebbero dovuto fungere da alert per l'intermediario inducendolo per effetto a ragguagliare di più e meglio il Cliente prima di pervenire ad un giudizio di adeguatezza.
- Il rispetto dell'art. 43 del regolamento Consob 16190/2007 e il rispetto delle norme sull'eventuale conflitto di interessi tra emittente e intermediario. Rammentando che “la prova del nesso di causalità tra l'inadempimento ascritto alla banca in tema di inosservanza degli obblighi informativi e il danno grava sull'investitore e può essere fornito anche con presunzioni” (Cass. 810/2016; 3773/2009).
- La presenza di elementi, nel prodotto finanziario che lo rendano complesso, come possono essere opzioni o delle clausole che pertanto renderebbero l'obbligazione non acquistabile in mera esecuzione ordini oppure on line.

Una volta compiuto questo iniziale screening è possibile quindi passare alla fase successiva che consente di argomentare sulle responsabilità dell'intermediario che può persino rivelare o possedere tratti “massivi” (tipici per esempio di tutto il recente filone del c.d. missellig) laddove si rammenti che i singoli contratti posti in essere con ciascun cliente in non pochi casi riflettono una prassi seriale che rappresenta un operatività a monte programmata e uniformata alle decisioni già assunte dai vertici dell'impresa intermediaria.

Una circostanza che massimizza e per molti versi “sdogana” la piena e più efficace applicazione dell'art. 21 del Tuf il cui richiamo, a volte quasi d'obbligo nelle contestazioni, non è un semplice inserimento utile alla persuasione bensì la corretta interpretazione della ratio legis e per effetto la sua trasposizione ed esatta collocazione nella singola controversia.

Tutto ciò pure alla luce del fatto che la corretta qualificazione e definizione dell'attività di acquisto del prodotto finanziario come ad esempio l'obbligazione può consentire di superare il limite della Sua gestione in custodia e amministrazione titoli e quindi a quell'orientamento della Cassazione che solitamente viene opposto al risparmiatore dalla banca – intermediario e che trova espressione nell'Ordinanza 11700/2018 dove si legge: “in tema di contratti relativi a strumenti finanziari deve escludersi che l'intermediario nella compravendita di valori mobiliari, quando abbia stipulato con il Cliente solo un contratto di deposito titoli in custodia e amministrazione, abbia un obbligo di informazione, proprio del contratto di gestione del portafoglio, relativo all'aggravamento del rischio dell'investimento effettuato”

Ulteriore motivo per cui un attenta indagine, una oculata pianificazione e un altrettanto esaustiva e ben pianificata opera di organizzazione documentale si rende necessaria per una esatta e precisa ricostruzione di tutti gli elementi utili a definire la contestazione da svolgere nei confronti dell'intermediario attraverso la scienza giuridica.

* legale, delegato Aduc Bologna
 
 
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