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Referendum online, la svolta democratica ora è per tutti
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Articolo di Redazione
17 agosto 2021 13:49
 
L’Italia è il primo Stato al mondo in cui è possibile sottoscrivere online referendum nazionali e leggi di iniziativa popolare, mentre altri Paesi lo consentono solo per petizioni non vincolanti.
Servirà una piattaforma pubblica e gratuita perché la riforma sia completa, dovrà essere realizzata dal ministro Colao dal 2022 e vigileremo per evitare passi indietro. Intanto però la svolta democratica è realtà: tutti i comitati promotori potranno raccogliere firme su piattaforme realizzate a loro spese.
Dal 12 agosto si può già firmare in modalità digitale il referendum sull’eutanasia legale dell’Associazione Luca Coscioni e la legge di iniziativa popolare “Politici per caso” per introdurre le Assemblee dei cittadini.
È una riforma storica, una vittoria per chi crede che la democrazia sia per tutti. Con la firma digitale promuovere un referendum diventa davvero un diritto di tutti i cittadini, che potranno raccogliere le firme senza dover chiedere permesso a grandi partiti e sindacati, gli unici ad avere risorse economiche e un esercito di autenticatori necessari per la raccolta su moduli cartacei e quindi gli unici ad aver deciso finora le priorità sociali e politiche.
I primi dati sono impressionanti, da case study: in tre giorni, 159 mila italiani hanno firmato online il referendum sull’eutanasia, a conferma che quando si permette alle persone di esercitare i loro diritti politici, la democrazia ne esce rafforzata.
Con il digitale, chiunque – come prevede la Costituzione – sarà in grado di promuovere gli strumenti di democrazia diretta che rappresentano l’altro modo – oltre alle elezioni – con cui i cittadini esercitano la sovranità popolare e il potere legislativo. In caso di emergenze sanitarie, poi, la democrazia non verrà più sospesa, come accaduto sotto Covid.
Una rivoluzione epocale che è il frutto di anni di battaglie nonviolente, politiche e legali. Decisiva è stata la clamorosa condanna dell’Italia da parte del Comitato diritti umani dell’Onu (di cui diede notizia solo Il Fatto), che due anni fa accertò che il nostro Paese aveva violato il Patto internazionale sui diritti politici nei confronti del sottoscritto e di Michele De Lucia, a causa delle “irragionevoli restrizioni” a promuovere referendum. Da allora, la nostra Repubblica è sotto l’obbligo internazionale di modificare la procedura referendaria vigente dal 1970, che prevede una serie di ostacoli vessatori per i promotori.
Non è stato facile centrare il risultato, essendo il sabotaggio dei referendum lo sport preferito da partiti e governi. Personalmente ho dedicato a questo obiettivo gli ultimi otto anni della mia vita, passando quaranta sabati in piedi davanti al Quirinale in duran adam, ricorrendo nei tribunali, coinvolgendo migliaia di cittadini in appelli, presidi e scioperi della fame. Ringrazio loro e in particolare Marco Gentili per una vittoria che avvera la profezia dell’antropologa Margaret Mead: “non dubitate mai che un piccolo gruppo di cittadini impegnati e preparati possa cambiare il mondo; infatti, è l’unico caso in cui accade”.
E adesso? Una cosa è certa: in Parlamento sarà più difficile far passare cattive leggi, perché rischierebbero di essere sottoposte subito a referendum abrogativo. Ma sarà anche possibile imporre all’agenda partitica temi altrimenti cancellati perché scomodi agli equilibri di potere. Penso alle questioni ambientali, alla legalizzazione delle droghe, ai nuovi diritti. Per non parlare degli effetti dirompenti quando la riforma arriverà anche a livello locale. Non c’è dubbio che ci sarà una reazione per fermare questo processo: alcuni chiederanno di raddoppiare il numero di firme, altri un filtro più restrittivo della Consulta. Piuttosto che avere paura dei referendum, farebbero meglio a coglierne la forza rivitalizzante per la democrazia.
La firma digitale è infatti solo un primo passo per una riforma complessiva che rimuova gli altri ostacoli ancora esistenti, fino a eliminare il quorum, orpello antidemocratico che esiste solo in Italia. Per questo, grazie al prof. Cesare Romano, abbiamo trasmesso una nuova segnalazione al Comitato diritti umani dell’Onu, nella speranza che le nostre istituzioni non aspettino altri richiami prima di agire.

(Mario Staderini, fondatore di "Democrazia radicale" su Il Fatto Quotidiano del 16/08/2021)
 
 
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