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Superare il capitalismo?
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Articolo di Redazione
28 novembre 2019 9:31
 
 “La storia di tutte le società che sono esistite fino ad oggi è la storia della lotta di classe”, scrissero Engels e Marx nel 1848 nel Manifesto del Partito Comunista. La dichiarazione rimane pertinente, ma sono tentato di riformularla come risultato di questa indagine: la storia di tutte le società che sono esistite fino ad oggi è la storia della lotta delle ideologie e della ricerca della giustizia. In altre parole, idee e ideologie raccontano nella storia. La posizione sociale, per quanto importante, non è sufficiente per forgiare una teoria della società giusta, una teoria della proprietà, una teoria dei confini, una teoria della tassazione, dell'istruzione, dei salari o della democrazia. Senza risposte concrete a queste complesse domande, senza una chiara strategia di sperimentazione e apprendimento politico, le lotte sociali non portano a un risultato politico definito. A volte possono condurre, una volta al potere, a costruzioni politiche e ideologiche che sono ancora più oppressive di quelle che si intende lasciare indietro.

La storia del ventesimo secolo e il disastro comunista costringono oggi a uno studio approfondito dei regimi disuguali e delle loro rispettive giustificazioni, in particolare dei meccanismi istituzionali e delle modalità di organizzazione socio-economica che consentono realmente l'emancipazione individuale e sociale.

La storia della disuguaglianza economica non si riduce all'eterno confronto tra gli oppressori del popolo e i loro orgogliosi difensori. Da una parte e dall'altra, la storia della disuguaglianza si basa su sofisticate costruzioni intellettuali e istituzionali che non sono sempre esenti da una certa ipocrisia e dalla volontà, da parte dei gruppi dominanti, di perpetuarsi. A differenza della lotta di classe, la lotta delle ideologie si basa su conoscenze ed esperienze condivise, rispetto per l'altro, deliberazione e democrazia. Nessuno avrà mai la verità assoluta su come siano definiti ricchezza equa, confini equi, democrazia equa, fiscalità equa o educazione equa. La storia delle società umane è anche la storia della ricerca della giustizia. Solo un'analisi approfondita delle esperienze storiche e personali, aperta alla più ampia deliberazione, può fare progressi in quella direzione.
Tuttavia, la lotta delle ideologie e la ricerca della giustizia attraversano anche la manifestazione di posizioni chiaramente definite e assunti antagonismi. A partire dalle esperienze analizzate in questo libro, sono convinto che sia possibile superare il capitalismo e la proprietà privata e costruire una società giusta basata sul socialismo partecipativo e sul federalismo sociale. Ciò comporta principalmente lo sviluppo di un regime di proprietà sociale e temporanea che poggia, da un lato, nella limitazione e distribuzione (tra azionisti e dipendenti) dei diritti di voto e di potere nelle società e, dall'altro, in un tassazione fortemente progressiva della proprietà, in una dotazione universale di capitale e nella circolazione permanente della ricchezza. Passa anche attraverso una tassazione progressiva sul reddito e un sistema di regolamentazione collettiva delle emissioni di carbonio che contribuisce al finanziamento dell'assicurazione sociale e del reddito di base, nonché alla transizione ecologica e a un sistema educativo veramente equo.
Il superamento del capitalismo e della proprietà privata comporta anche l'organizzazione della globalizzazione in un altro modo, con trattati di cooperazione allo sviluppo che ruotano attorno a obiettivi quantificati di giustizia sociale, fiscale e climatica, la cui conformità condiziona il mantenimento degli scambi commerciali.

Una ridefinizione del quadro giuridico come questo richiede il ritiro di un certo numero di trattati in vigore, in particolare la libera circolazione degli accordi sui capitali attuati dal 1980-1990 e la loro sostituzione con nuove norme basate sulla trasparenza finanziaria, cooperazione fiscale e democrazia transnazionale.
Alcune di queste conclusioni possono sembrare radicali. In realtà, sono una continuazione del movimento verso il socialismo democratico iniziato alla fine del XIX secolo e che ha portato a una profonda trasformazione del sistema legale, sociale e fiscale. La forte riduzione delle disuguaglianze osservata a metà del XX secolo è stata resa possibile dalla costruzione di uno stato sociale basato sulla relativa uguaglianza educativa e una serie di innovazioni radicali, come la cogestione germanica e nordica o la progressività fiscale anglosassone.
La rivoluzione conservatrice degli anni '80 e la caduta del comunismo hanno interrotto questo movimento ed hanno contribuito a far entrare il mondo, dagli anni 1980-1990, in un periodo di fiducia indefinita nell'autoregolamentazione dei mercati e quasi la sacralizzazione della proprietà. L'incapacità del movimento socialdemocratico di superare il quadro dello stato nazionale e di rinnovare il suo programma, in un contesto caratterizzato dall'internazionalizzazione del commercio e dell'outsourcing dell'istruzione, ha anche contribuito al collasso del sistema sinistra-destra che ha permesso la riduzione di disuguaglianze postbelliche.
Di fronte alle sfide poste sia dall'aumento storico della disuguaglianza sia dal rifiuto della globalizzazione e dallo sviluppo di nuove forme di ritiro dell'identità, la consapevolezza dei limiti del capitalismo mondiale liberalizzato è aumentata a seguito della crisi finanziaria del 2008. Le riflessioni volte a lanciare un nuovo modello economico, equo e allo stesso tempo sostenibile, hanno ripreso il loro corso. Gli elementi raccolti in questo libro sotto l'etichetta del socialismo partecipativo e del federalismo sociale non fanno altro che riprendere le trasformazioni in corso in diverse parti del mondo e metterle in una prospettiva storica più ampia.
La storia di regimi disuguali mostra fino a che punto queste trasformazioni politiche e ideologiche non dovrebbero essere affrontate in modo deterministico. Traiettorie diverse sono sempre possibili, a seconda degli equilibri di forza tra, da un lato, il corso degli eventi a breve termine e, dall'altro, i cambiamenti di mentalità a lungo termine (che spesso sorgono come veri e propri cataloghi di idee in tempi di crisi). Il rischio di una nuova ondata di concorrenza aggravata e dumping fiscale e sociale è purtroppo reale, con un possibile inasprimento del ritiro nazionalista e dell'identità, che è visibile sia in Europa che negli Stati Uniti e in India, Brasile o Cina.

(articolo di Thomas Piketty, direttore della École des Hautes Études en Sciences Sociales, professore alla Paris School of Economics e codirettore della World Inequality Database. L’articolo è un estratto del libro “Capitale e ideologia”, pubblicato sul quotidiano El Pais del 26/11/2019)
 
 
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