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Il turismo non è in crisi di domanda, ma l’offerta talvolta traballa
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Articolo di Vincenzo Donvito
26 settembre 2019 13:22
 
 Dopo il fallimento della Thomas Cook britannica forse qualcuno e qualcosa cominceranno a far mente locale che di rendita è sempre più difficile campare. Questo vale per tutti gli attori dell’offerta, dalle agenzie ai vettori fino ai singoli servizi di alloggio e di mobilità.
E non è solo una questione dell’affermazione delle prenotazioni online che in tanti fanno direttamente a chi offre loro un volo o un albergo o un tour. Già di per sé la prenotazione online ha un costo minore rispetto a quella “tradizionale”: il banco dei vari offerenti è oggi non solo quello di un ufficio ma anche quello digitale che già in tanti, aziende o utenti, si sono resi conto della sua valenza. Ma nonostante questo le agenzie continuano ad esistere, alcune operando al di là del classico bancone, altre dietro il bancone virtuale. La Cook britannica sembra che abbia fatto crack proprio per non aver colto appieno questa situazione (vedremo, ché le realtà in questi contesti vengono sempre un po’ dopo).

Per chi oggi si appresta a fare un viaggio, il primo approccio è quasi sempre online. Da qui, poi, in molti usano i servizi di agenzie che sono anche online, altri invece saltano questa mediazione. La differenza? Dipende dalle conoscenze del singolo viaggiatore rispetto a dove vorrebbe andare e dalle capacità dei singoli offerenti di rendere interessanti le proprie offerte. Mentre per i viaggiatori molto dipende dai singoli interessi e dalle mode e dalla pubblicità, per chi offre c’è un elemento di base che deve caratterizzarli: professionalità; sia che ti venga offerto un volo o un albergo, sia che si tratti di una itinerario articolato o della costruzione dello stesso intorno ai desiderata del viaggiatore.

Ed è su questa professionalità che ci concentriamo. La sua accuratezza dovrebbe crescere in modo esponenziale rispetto all’articolazione delle domanda: una cosa è vendere un volo per Parigi o New York o Londra, magari con annesso albergo, altro è vendere un tour nei castelli della Loira o nel deserto australiano o nelle foreste del Congo o nelle Pampas argentine o nei luoghi “santi” di Israele. La tendenza di diverse agenzie è quella di “consigliare” pacchetti già confezionati, per cui la loro funzione si limita ad essere rivenditori di prodotti confezionati da altri tendenzialmente esperti in quello specifico territorio. Ma, per l’appunto, rivenditori. Ed è qui, secondo noi, il problema: i rivenditori di viaggi stanno subendo le stesse sorti dei rivenditori di pentole, o sei fortemente specializzato, e quindi va bene anche se stai dietro ad un bancone tradizionale, oppure devi darti da fare per affrontare la concorrenza degli “Amazon” del settore, con l’aggiunta di fornitori di, per esempio, alberghi e voli e trasporti, che operano anche direttamente col cliente.
Ovviamente noi, in questo ambito, non abbiamo le formule da indicare perché i vari mediatori siano all’altezza della situazione, ma proprio perché abbiamo l’occhio del consumatore e dell’utente siamo in grado di sostenere che i nostri occhi oggi sono molto attenti e selettivi.

Qui un nostro recente articolo su Cook/Alitalia
 
 
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