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Tutela giurisdizionale. Regole oggettive e verificabili
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Articolo di Angela Furlan
16 novembre 2020 12:23
 
Da alcuni anni a questa parte in Europa hanno preso piede varie forme di manifestazione di dissenso da parte di taluni Stati membri rispetto agli obblighi posti dal diritto dell’Unione europea. Si pensi all’ormai lontano “caso Haider”- dal nome dell’allora leader austriaco del partito di estrema destra, ultranazionalista e xenofobo FPO (Partito austriaco delle libertà) che, nelle elezioni federali austriache dell’ottobre 1999 spezzò a furor di popolo il consolidato bipartitismo popolari-socialdemocratici, facendo tremare l’Europa per una sua possibile partecipazione  alla formazione del nuovo governo austriaco. Oppure, più recentemente, alla volontà di recesso dall’Unione espressa dal Regno Unito con il referendum sulla Brexit del 23 giugno 2016. Ed ancora al piano diabolico di “restaurazione” della giustizia messo in atto dal governo polacco con la nuova legge sulla Corte suprema del dicembre 2017 (entrata in vigore il 3 aprile 2018), nonché con la legge di modifica della nuova legge sulla Corte suprema del 10 maggio 2018.In questo clima “anti-democratico” appare molto interessante il ragionamento che la Corte di Giustizia europea porta avanti in merito al dovere fondamentale di ogni Stato membro di promuovere e garantire una giurisdizione effettiva, nonché al conseguente sistema di garanzie necessario per ottenere una giurisdizione realmente effettiva.Il contesto di riferimento ove quest’ultimo prende piede e si sviluppa è la causa per inadempimento dell’art.19 TUE  (obbligo di avere un sistema giurisdizionale effettivo) innescata dalla Commissione europea nell’ottobre 2018 contro la Repubblica di Polonia in occasione dell’adozione di una legge sull’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici in carica della Corte suprema polacca nonché di un meccanismo di proroga dei medesimi giudici.In particolare, a mostrarsi interessante è quindi, da una parte, l’elevato valore che la Corte di Giustizia attribuisce all’anzidetto “obbligo degli Stati membri” e al corrispondente “diritto dei singoli” di avere un sistema giurisdizionale effettivo; dall’altra, il sistema di garanzie che ne deriva.

Il principio di tutela giurisdizionale effettiva si erige a principio fondante dell’Unione.

Il diritto dell’Unione individua una serie di valori per essa imprescindibili e, pertanto, necessariamente comuni agli Stati che decidono di divenirne membri. Non a caso, infatti, i suddetti valori assumono rilevanza sia all’esterno dell’Unione, quando si tratti di valutare la domanda di adesione di uno Stato terzo; sia all’interno, quando si tratti di valutarne la conformità, il rispetto ed, in generale, la fedeltà degli Stati membri.Tra questi valori fondanti vi è senz’altro il principio dello “Stato di diritto” che comprende in sé nozioni plurime, tra cui la soggezione del potere pubblico a norme di diritto, la chiarezza e la conoscibilità del dato normativo, il rispetto del principio della certezza del diritto e del legittimo affidamento dei consociati, la garanzia dei diritti fondamentali e l’esistenza di un sistema giudiziario efficiente, imparziale ed indipendente.Questa norma “di valore”(art. 2 TUE), dunque, implica e giustifica l’esistenza di una fiducia reciproca tra Stati membri e in particolare tra i loro organi giurisdizionali, nel riconoscimento degli anzidetti valori fondanti e quindi nel rispetto del diritto UE.Ebbene, in tale contesto, si inserisce il principio della tutela della giurisdizione effettiva di cui all’art. 19 TUE che, di fatto, concretizza il valore dello Stato di diritto divenendo esso stesso principio fondante dell’Unione e quindi valore comune a tutti gli Stati membri. Tale principio, in particolare, affida ai giudici nazionali il compito di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli il rispetto del loro diritto ad avere una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione.

Si badi bene che l’Unione, nel sancire tale principio, rispetta pienamente la competenza esclusiva degli Stati membri in materia di organizzazione della giustizia non pretendendo in alcun modo di esercitare essa stessa tale competenza che, infatti, continua ad essere esercitata dagli  Stati membri pur nel rispetto degli obblighi per essi derivanti dal diritto dell’Unione e, quindi, in primis dell’obbligo di avere un sistema giurisdizionale effettivo e dello speculare diritto dei singoli ad avere un ricorso effettivo (art. 47 CdfUE).Le garanzie di indipendenza e di imparzialità degli organi giurisdizionali nazionali: un sistema di regole oggettive e verificabili.Dall’insieme delle suesposte considerazioni deriva, dunque, che un organo giurisdizionale di diritto interno che possa essere chiamato a pronunciarsi su questioni legate all’applicazione o all’interpretazione del diritto UE, in quanto parte del sistema nazionale di rimedi giurisdizionali nei “settori disciplinati dal diritto dell’Unione”, deve necessariamente soddisfare i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva.Ed invero per garantire che un organo siffatto sia in grado di offrire una simile tutela è di primaria importanza preservare l’indipendenza e l’imparzialità di detto organo, anche e soprattutto alla luce del diritto dei singoli ad avere un ricorso effettivo.Premesso, dunque, che tali garanzie sono di primaria importanza ai fini della tutela di un sistema giurisdizionale effettivo (principio fondante dell’Unione e quindi comune a tutti gli Stati membri), esse si concretizzano in un sistema di regole oggettive e verificabili relative, in particolare, alla composizione dell’organo, alla nomina, alla durata delle funzioni, alle cause di astensione, di ricusazione e di revoca dei suoi membri. Tale sistema di regole è pertanto finalizzato a fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità di detto organo rispetto agli elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti.A tale fine è necessario, in particolare, che tali garanzie e regole siano concepite in modo tale che detti giudici si trovino al riparo da eventuali tentazioni di cedere ad interventi o pressioni esterni che possano mettere a repentaglio la loro indipendenza. Siffatte modalità devono quindi consentire di escludere non solo qualsiasi influenza diretta, sotto forma di istruzioni, ma anche le forme di influenza più indiretta che possano orientare le decisioni dei giudici interessati.

(articolo pubblicato su Il Dubbio del 16/11/2020)
 
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