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Uberizzazione delle città. Come resistere. Convegno a Barcelona
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Articolo di Redazione
18 novembre 2018 12:51
 
 E’ il grande meeting annuale del “tech” urbano, uno degli appuntamenti più importanti della “città connessa”. Sicurezza, mobilità, habitat intelligente… nella ampia sala esposizioni dello Smart City Expo World Congress di Barcelona (SCEWC), le più grandi aziende locali sono venute da diversi luoghi. Dubai, Israele o Shanghai, per presentare, dal 12 al 15 novembre nella città catalana le loro piattaforme centralizzate o i loro sistemi di pilotaggio – chiavi in mano – della città del domani.
Lo stand delle “Sharing cities” (città condivise) è al centro di questo tempio dei “dati urbani”. Per tre giorni, alcune conferenze sono state organizzate con la partecipazione degli abitanti e la presentazione di modelli economici cooperativi.
L’alleanza delle “sharing cities” raggruppa 42 metropoli o grandi città (tra cui Amsterdam, Atene, Atlanta, San Francisco, Montréal…) che si sono unite contro “gli impatti negativi” dell’economia delle piattaforme. In una dichiarazione pubblica dello scorso 12 novembre, hanno adottato dieci grandi principi per razionalizzare i negoziati con gli attori dell’economia delle piattaforme, come Airbnb e Uber. Tra questi principi c’è il rispetto dei diritti del lavoro e degli consumatori, la trasparenza degli algoritmi, la sovranità delle municipalità, l’interesse generale e il rispetto dei bisogni dei contesti degli abitanti…
Imprese socialmente responsabili
Un altro dei loro obiettivi è di promuovere imprese socialmente responsabili a livello locale. Ancora in embrione, un ecosistema alternativo comincia a vedere la luce intorno a progetti digitali con licenza libera, dove gli strumenti possono essere condivisi e socializzati da una città all’altra. Il modello economico di queste iniziative non si basa sulla proprietà dei programmi informatici ma sull’accompagnamento e i servizi ad esso associati, o sulla creazione di cooperative con regole orizzontali di governance.
E’ il caso di Fairbnb, un collettivo che sviluppa una piattaforma come risposta alla “assenza di regole, di trasparenza e di responsabilità” di Airbnb. “Il nostro strumento è a disposizione dei gruppi di abitanti che vogliono creare delle cooperative locali e sono interessati all’impatto degli affitti di breve durata sul contesto urbano più prossimo”, precisa Sito Veracruz, coordinatore del progetto.
Nell’ambito della mobilità, due cooperative locali, Som Mobilitat (Barcelona) e Partago (Gand, Belgio) hanno sviluppato un programma informatico per la condivsiione di veicoli elettrici e intendono creare “una cooperativa a livello europeo”, secondo Lukas Reichel, coordinatore tecnico del progetto catalano. Sedici veicoli già circolano dell’area di Barcelona.
Resistenza all’uberizzazione delle città
Non è un caso che la conferenza annuale di “Sharing cities” si sia tenuta al SCEWC di Barcelona, dopo New York (2016) e Amsterdam (2017). La capitale catalana è oggi uno dei bastioni della resistenza all’uberizzazione delle città ed ha lanciato con New York e Amsterdam la coalizione delle città per i diritti digitali
Eletta nel 2015 coj un programma denominato “Barcelona en comù” (Barcelona in comune), la sua Sindaca, Ada Colau, ha sviluppato degli standard etici e di trasparenza per i progetti digitali della città. “Vogliamo restituire ai cittadini la sovranità e il controlllo democratico sugli strumenti utilizzati. Abbiamo bisogno di alternative decentralizzate e che rispettino i loro diritti”, dice Francesco Bria, responsabile dell’innovazione dell’amministrazione del Comune catalano.
Si tratta di facilitare la partecipazione degli abitanti alle decisioni comunali proteggendo, nel contempo, la loro privacy.
Iniziativa emblematica di questa politica, la piattaforma Decidim, lanciata agli inizi del 2017 in collaborazione con i ricercatori dell’Università aperta della Catalogna, mira a facilitare la partecipazione degli abitanti alle decisioni dell’amministrazione del Comune proteggendo la loro vita privata. Finanziata al 90% dall’amministrazione comunale, è sotto una licenza libera, che vuol dire che i suoi codici sono aperti e possono essere copiati, modificati ed utilizzati da altre collettività.
“Molte città investono in soluzioni digitali private, e questo non va bene -spiega Arnau Monterde, ricercatore e membro dell’équipe-. Il settore pubblico paga delle aziende che acquisiscono e centralizzano i dati. A Barcelona, crediamo che i soldi pubblici debbano essere investiti in progetti pubblici che servano agli abitanti della città in modo che tutti ne possano trarre vantaggi”.
Decidim è tradotto in diciassette lingue e utilizzato da diverse città e collettività.

(articolo di Claire Legros, pubblicato sul quotidiano le Monde del 18/11/2018)
 
 
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