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Gaffe sul GAFA
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Articolo di Redazione
6 marzo 2019 18:05
 
 Il GAFA, o l’arroganza, Erano simpatici, questi fanatici freschi di scuola che volevano cambiare il mondo individuando prima degli altri le immense possibilità che nascondono le tecnologie digitali nell’ambito del sapere, dei dati, della distribuzione o della comunicazione. Ma da allora, miliardi di click sono affondati sotto i ponti delle "autostrade dell'informazione". Le start-up giovanili sono diventate dei feudi mondiali che influenzano la vita dell’umanità, raccolgono profitti giganteschi, giocando fino in fondo il gioco della Borsa e dell’ottimizzazione fiscale, facendosi le loro proprie regole sotto il naso e in barba agli Stati sovrani, abusando della loro posizione dominante, tenendo testa alle nazioni democratiche e piegando ben volentieri la schiena davanti ai dittatori fintanto che si possono riempire le tasche di soldi.
All’inizio del XX secolo, fustigavano i “baroni ladri” dell’eldorado capitalista americano, la Standard Oil di Rockfeller, i mastodonti industriali posseduti da JP Morgani, Ford o Carnegie, costituiti in oligopoli che tenevano alta l’attenzione dal Congresso al Presidente. Questi condottieri del re mercato hanno trovato il loro gemello più bello un secolo dopo, nella persona dei fondatori di Apple, Google, Facebook e Amazon.
E’ per questo che il governo francese, nella persona di Bruno Le Maire, ha avuto ampie ragioni di prenderli per le corna e decidere una tassa nazionale sugli affari di questo GAFA, il cui tasso di imposizione media è inferiore a quello di una panetteria di un paesello o una piccola imprese di calzature. L’Europa, ancora una volta ha perso l’occasione di difendere i popoli che essa dice di proteggere dividendosi sul principio di una tassa del genere, non introducendo questa imposta minima il cui ambito sarebbe stato aumentato di dieci volte da un'azione unitaria. Difficoltà di ritorsione, liberalismo dogmatico e congenito? Non sappiamo abbastanza. Accettazione, in ogni caso, di un equilibrio di potere che lascia i governi democratici impotenti di fronte a questi giganti digitali che agiscono come se fossero in Paesi conquistati.
Allo stesso modo, abbiamo parlato per anni dei mezzi per arginare l'odiosa, razzista, antisemita, logorrea sessista che infesta i social network. Senza porre l'unica domanda, che è il motivo: perché un sito di informazioni viene consegnato alla giustizia, incriminato e sanzionato dalla legge quando pubblica un messaggio di questo tipo, mentre i leader del GAFA recitano da Ponzio Pilato affermando che non sono in alcun modo gli editori dei contenuti, mentre già applicano, da soli, una censura privata su tali contenuti, vietando il seno nudo, ma lasciando che si diffondano le svastiche? Come nel Medioevo, la legge è per i contadini, non per i signori predatori.
Un’altra battaglia è in corso, sempre a livello europeo, su una direttiva che mira a proteggere il diritto d’autore ed assicurare ai produttori di informazioni, giornali, radio, televisioni e agenze, una magra parte dei tesori accumulati dai maestri mondiali dei danni. La paura degli Stati, che temono le ritorsioni americane, e l’azione deleteria degli utili idioti dell’ultraliberismo digitale, come quello dei “partiti pirata”, che si dicono libertari ma non sono altro alla fine che delle suppellettili dell’accumulazione capitalista, hanno già ridotto il progetto ai minimi. Google, che non si ferma davanti a nulla, seduto sul suo quasi monopolio del “search”, usa parallelamente un ricatto puro e semplice per contrastare la volontà dei rappresentanti istituzionali, minacciando apertamente di non considerare più, o di farlo male, i media che avranno la sfrontatezza di applicare la nuova legge. “Dont be evil”, diceva la multinazionale nelle sue carte interne. La frase è stata rimpiazzata l’anno scorso da uno slogan più fluido: “Do the right thing” (“fate ciò che è giusto”. Si comprende il senso di questa riforma semantica: “The right thing”, “ciò che è giusto”, è ciò che piace, non ai cittadini, ma agli azionisti di queste società e ai multimiliardari che le dirigono.

(articolo di Laurent Joffrin, pubblicato sul quotidiano Libération del 06/03/2019)
 
 
 
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