LA CONDIZIONE GIOVANILE OGGI Vorrei, almeno in
quest’occasione, non rivolgermi ai giovani. Per vivere non
hanno bisogno di leggere libri sulla condizione
giovanile: questo è un periodo dell'esistenza che deve
essere vissuto. E non si impara a vivere leggendo
libri di psicologia! Ve l'immaginate un bambino che per
crescere bene consulta tutte le mattine il suo bel
trattato di psicologia infantile? Mi piacerebbe,
invece, scambiare alcune riflessioni con coloro che, pur
"giovani nello spirito", stanno vivendo gli
anni della maturità. Avrete senz'altro seguito qualche
dibattito, magari in TV, sulla condizione giovanile.
Avete osservato l'età dei partecipanti? Si direbbe che
questo sia proprio un problema degli adulti. Chi sa
che non sia proprio così?! Molto si parla di
condizione giovanile, oggi. Non solo oggi, per la verità.
Se ne è sempre parlato. Solo che oggi i grandi mezzi
di comunicazione, la TV, la radio, la stampa, con la loro
potenza amplificatrice, ne dilatano le dimensioni. Da
sempre l'umanità si è posta il problema del
ricambio e del passaggio delle consegne tra le
generazioni. E da sempre chi parla del problema è la
generazione degli adulti: la generazione, cioè, di chi
tiene nelle proprie mani il mondo e che, nel momento
in cui se ne rende conto, sente che il fluire del tempo lo
porterà fra breve a lasciarl o come eredità nelle
mani di altri. Parlare di questi e fare progetti per loro è
un po' come tentare di recuperare un tempo
trascorso, rimediando, così, all'inesperienza di allora
con l'esperienza di oggi. La società attuale è
interessata da profonde trasformazioni economiche, sociali e
culturali che influenzano non poco il modo di pensare e
di agire delle nuove generazioni. Alla vecchia
contrapposizione tra mondo occidentale, fortemente ancorato
alle ideologie democratiche e liberali e mondo
dell’Est governato da ideologie comuniste, si contrappone
oggi, su dimensione planetaria, un altrettanto acceso
contrasto tra istituzioni, fondate su ideologie liberiste e
mondo giovanile, portatore di istanze libertarie ed
egualitarie, consapevole dei pericoli della globalizzazione
e sensibile ai temi dello sviluppo ambientale e della
salvaguardia dell’eco sistema terra. Questo umanità
fortemente critica, in larga parte costituita da giovani, è
ricompressa nel termine di new global, che al suo
interno esprime però diverse posizioni politiche e
culturali fortemente divise in ordine alle strategie di
intervento. La constatazione che il movimento no global
nelle sue diverse articolazioni sia costituito
prevalentemente da giovani, testimonia da una parte
l’inquietudine, l’ansia e la sofferenza della
condizione giovanile, che è alla ricerca di nuove
identità, dall’altra segnala le profonde
trasformazioni in atto in campo culturale, sociale e
politico che mettono in crisi antiche certezze e
sollecitano nuovi paradigmi interpretativi che possano
spiegare l’attuale quadro sociale contemporaneo
caratterizzato da profonda complessità. S’impone,
pertanto, l’individuazione di nuovi criteri di
interpretazione culturale, che possano ricostruire nei
suoi tratti essenziali e connotativi il contesto complesso
della società attuale. La prima caratteristica è
quella del cambiamento, che è diverso da quello che fino ad
oggi ha accompagnato l’umanità. Un cambiamento che
ha essenzialmente tre note distintive, rappresentate
dalla velocità, dalla relatività e dalla
problematicità. Non si può non riconoscere che tutto
cambia con un ritmo più veloce rispetto al passato,
causando disorientamento ed inquietudine in coloro che
rimangono ancorati ad antiche certezze e a vecchi
quadri interpretativi. I cambiamenti frenetici sono in larga
parte determinati ed accentuati dalle nuove tecnologie
che interconnettono il mondo creando una rete di
informazione e di comunicazione continua che sta
modificando non solo le abitudini e gli stili di vita delle
persone, ma anche le forme stesse di pensiero e di
intelligenza. In tale contesto, le conoscenze sono
sottoposte ad una continua ed accelerata obsolescenza in
larga parte determinata proprio da un processo
tecnologico caratterizzato da una veloce innovazione.
Internet e il web annullano le tradizionali categorie
di spazio e di tempo, permettendo alle persone di comunicare
in tempo reale tra di loro in ogni parte della
terra. Il cambiamento incide, inoltre, su tutto, su
ogni aspetto della vita e della società, sulla cultura
come sulla politica, sulla scienza come
sull’economia. E così oggi si falsifica ciò che ieri
appariva come certo e vero: l’epistemologia
contemporanea, da Popper ad Einstein, conferma l’assunto
che la scienza e la cultura sono prodotti dell’uomo
storicamente determinati e pertanto relativi e non
definitivi, essendo sottoposti come “ sistemazioni
concettuali” al necessario processo di
falsificazione. Conseguentemente, la vita contemporanea
presenta la caratteristica della problematicità, che, se
non favorisce la capacità di scelta e di decisione
immediata, rappresenta una modalità di pensiero
certamente necessaria per affrontare criticamente la
complessa trama della relazioni che oggi legano diversi
aspetti della realtà. Società della complessità quella
nella quale viviamo perché differenziata negli aspetti
distintivi, spesso tra loro contraddittori e contrastanti.
Una società “complicata” e di difficile
interpretazione, in cui si scontrano la cultura del
villaggio globale ( mondializzazione dell’economia,
stili di vita, etc..) con la cultura del villaggio locale (
spinte nazionalistiche, tendenze federaliste, ecc). Una
realtà contraddittoria, dunque, efficacemente spiegata
dal termine latino “complexus” che significa
“intrecciato”, realtà che talora si cerca di
rappresentare anche sul piano semantico coniando termini
quali “globale”, che segnalano l’idea non della
sintesi ma della contemporanea presenza e sovrapposizione di
istanze tra loro contrastanti. Società della
complessità è anche società della turbolenza e dei
contrasti, società difficile non solo da capire ma
anche da gestire. Una società da governare non in maniera
centralistica con ottuse logiche di difesa di
tradizionali posizioni culturali e sociali ma con coraggiose
politiche di decentramento e di apertura
interculturale. Il pluralismo deve rappresentare dunque
una scelta strategica irreversibile perché considera
legittime tutte le posizioni culturali della società, non
fosse altro perché è momentaneamente tramontato il
tempo delle ideologie totalizzanti che spiegavano in maniera
organica la realtà, dandocene un’interpretazione
esaustiva , ma ermeneuticamente rigida. La cultura del
pluralismo non è facile tradurla quotidianamente in
coerenti azioni pratiche, perché significa abbandonare
radicati convincimenti sui valori forti e fondanti quali la
patria , la famiglia, l’autorità e credenze
religiose di stampo integralistico a tutto vantaggio di
valori più “ leggeri e deboli”, per usare
un’espressione di Vattimo, che possano portare alla
legittimazione della diversità come risorsa per la
crescita umana in una società autenticamente
interculturale. Ma il tratto che meglio di ogni altro
connota la società attuale è quello della multimedialità
per i caratteri di pervasività che essa va sempre più
assumendo in tutti gli aspetti della vita. L’uso
diffuso delle strumentazioni multimediali ed in
particolare del computer e di internet sta profondamente
cambiando anche le modalità del pensiero. Le nuove
categorie mentali sono quelle dell’interattività,
della navigabilità, della virtualità, della ludicità e
della digitalità. Rispetto alla televisione che è uno
strumento monodirezionale, autoritario e rigido sul piano
della comunicazione, internet è pluridirezionale e
consente a tutti gli utenti di comunicare liberamente
tra di loro. In internet, l’utente è protagonista e
ha modo di esercitare la sua libertà in modo libero e
creativo. La navigabilità sollecita, poi, l’utilizzo
dell’intelligenza euristica, consentendo all’utente
di scegliere tra le molteplici sollecitazioni che
Internet offre. Certamente, la virtualità abitua ad
una conoscenza artificiale fondata su una simulazione della
realtà piuttosto che sulla realtà concreta, ma i
giovani finiscono con l’allargare l’orizzonte delle
loro conoscenze accumulando esperienze nuove che
finiscono con il potenziare il pensiero( giochi, viaggi
virtuali,, etc). L’uso di Intenet e del computer
permette un apprendimento ludico e gioioso. I ragazzi
giocano ed imparano in maniera allegra, totalmente
coinvolti nell’apprendimento. La digitalità, infine,
rappresenta una forma di postalfabetizzazione che
ristruttura le modalità di scrivere, pensare ed
apprendere. Lo stesso linguaggio, tramite la digitalità,
risulta profondamente cambiato, diventando più breve e
frammentario. Dal pensiero sequenziale tipico
dell’uomo tipografico, per usare un’espressione di
Maragliano, si passa al pensiero simultaneo e sistemico
che privilegia le interconnessioni concettuali. La
multimedialità rappresenta una vera e propria
trasformazione antropologica del comportamento umano che
impone stili di vita nuove e modalità di apprendimento
cognitivo impensabili fino ad un recente passato. Ebbene,
questa trasformazione antropologica interessa e
coinvolge le nuove generazioni e rappresenta un connotato
emblematico della condizione giovanile d’oggi.
Soprattutto gli adolescenti sono animati da un fortissimo
dinamismo esistenziale che li porta a vivere
intensamente la vita con un notevole coinvolgimento emotivo.
Sopravvive nell’adolescente la dimensione ludica
tipica dell’infanzia, ma egli è attraversato da dubbi ed
inquietudini tipiche della sua età che lo portano a
repentini cambiamenti umorali e ad alternare momenti di
esaltazione a momenti di depressione. Una
caratteristica dell’età adolescenziale è la tendenza
edonistica, la ricerca del piacere “hic et nunc”,
che si concretizza nel vivere attimo per attimo la vita e le
sue occasioni, anche se spesso effimere. Rispetto alle
precedenti generazioni appare attenuato il senso della
storia e la capacità di progetto. Ciò impone alla scuola
un preciso impegno volto a favorire nell’adolescente
una sua contestualizzazione storica e culturale e una
prospetticità progettuale della sua azione. Di fronte
alle mode spesse acriticamente seguite va stimolato nei
giovani un processo di autoriflessione al fine di
limitare in loro i condizionamenti di un mondo che molto
spesso guarda alle apparenze ed è volto alla ricerca
del futile e del feticcio. I giovani d’oggi sembrano
alieni dalle ideologie delle generazioni precedenti ed
immersi più nelle mode della società consumistica. Non
si tratta di esprimere su di loro giudizi di valore,
mettendoli a confronto con le generazioni precedenti.
Ma bisogni dialogare con loro, ascoltarli, capirli, per
cercare di individuare i bisogni ed orientarli verso
obiettivi formativi coerenti con la persone e con il
contesto in cui esse vivono. E questo è il compito
della scuola che, come istituzione deputata all’istruzione
e alla formazione, ha il compito di favorire la
crescita umana sociale e culturale di persone che sappiano
inserirsi con intelligenza e creatività nell’attuale
società dell’informazione e della conoscenza.
“Questi nostri coetanei: Sporchi criminali per qualcuno,
fanciulli in cerca d’affetto per altri." I
nuovi baby-gangster. Eppure, a guardarli non sembrano
delinquenti. Capelli pettinati, scarpe firmate, tutte
le cose a posto. Ma a posto rispetto a cosa? Rispetto
alle mode, alle momentanee correnti che,
implicitamente, li schiavizzano.Tra loro domina la logica
del gruppo, che poi diviene branco. Ma forse queste
bande non sono altro che sacche di solitudine.
Solitudine interiore. Mancanza di stimoli. Scarso
coinvolgimento da parte della scuola. Rottura di
dialogo con la famiglia. Non sono necessari divorzi e debiti
per allontanare i figli dai genitori. Esistono oggi
famiglie benestanti, serene, in cui però il padre è
troppo occupato a far carriera e la madre non fa la
madre. Il loro rapporto d’affetto è passato solo
attraverso le cose e non attraverso la disponibilità,
la comunicazione. Questi ragazzi si trovano a vivere
senza punti di riferimento stabili e non possono che
lasciarsi affascinare da false mete, idoli
irraggiungibili e mode momentanee destinate al tramonto.
E tramontando lasciano il vuoto. E il branco lo compensa
…”. Di fronte ad una società notevolmente
complessa e alle difficoltà e ai conflitti
relazionali, la condizione giovanile rappresenta oggi il
principale punto di riferimento di una politica sociale
capace di generare occasioni di confronto e poli di
riferimento credibili, fra le generazioni. Il permanere
nelle nostre realtà locali di meccanismi di vita
alienanti, la caduta dei valori primari della vita e
della solidarietà, la tendenza sociale al consumismo,
hanno determinato la presenza di un disagio
esistenziale diffuso ed un processo di perdita di identità
e di valori della società. Il fenomeno
tossicodipendenza, iniziato in modo silente e nascosto,
come imitazione ed emulazione di comportamenti trasgressivi,
ha assunto ultimamente connotazioni preoccupanti,
indice di un disagio e della più generale immaturità
esperenziale e relazionale delle nuove generazioni, che
va manifestandosi a più livelli per le ormai croniche
latitanze educative-pedagogiche delle istituzioni formative
e delle agenzie associative. Ricercare occasioni
di evasione e di “sballo” dalle realtà quotidiane,
contraddistinte a volte da frustrazioni e censure sociali,
diventa un comodo stile di vita e segno visibile di
immaturità. La tossicodipendenza, vista nella cultura
dominante come una promessa di libertà totale o come
uno strumento per uscire dalla gabbia del mondo e dei
suoi condizionamenti quando in realtà è essa stessa
una gabbia mortale e una negazione della Libertà e
delle aspettative di felicitàdell’uomo. E’
importante riscoprire questo assunto culturale se
vogliamo veramente farci promotori e protagonisti di
una cultura del servizio, dell’accoglienza e
dell’essere rispetto a quella del profitto, del
successo ad ogni costo e dell’”avere”, come metro
della felicità. In tal senso il mondo degli adulti è
chiamato ad un profondo esame di coscienza delle sue
responsabilità. Le assenze e le incoerenze di
comportamenti che è dato riscontrare a molti livelli:
(genitoriale, formativo, associativo) dovrebbero far
riflettere e stimolare a un nuovo modo di porsi di
fronte alle problematiche giovanili, abbandonando
atteggiamenti pretestuosi e di condanna. Di qui
lsarebbe necessaria la riproposizione di un progetto
educativo basato su valori come il lavoro, l’onestà
l’impegno per gli altri, la partecipazione, il sacrificio,
la tolleranza, il bene comune. E’ partendo da
essi che è possibile uscire dal lungo tunnel
dell’indifferenza, dell’emarginazione, della
criminalizzazione e del ghetto in cui è stata relegata
la tossicodipendenza, senza interrogarsi sulle sue
motivazioni lontane e profonde e su aspettative e
tensioni morali, sulla condotta morale, l’ etica e anche
sull’ arte; Puntualmente deluse. Prendere spunto
dai nostri maestri del passato che sembrano non aderire
più no alla cultura occidentale, bensì alla moda
occidentale. È doveroso rendersi conto che di fronte
ad un fenomeno che assume sfaccettature sempre più
diversee mutevoli c’è il rischio da parte delle
stesse strutture di svolgere una mera funzione di
presenza senza capacità progettuali ed operative in
grado di far fronte alle vere dinamiche del fenomeno di
arretratezza giovanili, anche della tossicodipendenza.
La caratteristica dei giovani Italiani di oggi e'
una forma di rassegnazione, un sommerso aspetto da
alienazione sociale che si ripercuote in atteggiamenti
pseudo-maniacali, come la ricerca dei modelli, dei
gusti e dell'estetica, influenzata e veicolata
attraverso i media. La peculiarita' si esprime in
ogni angolo del quotidiano.L'abbigliamento,
l'automobile, gli accessori della giornata. Siamo
sempre alla ricerca del segno che si fa notare, la camicia
firmata, gli oggetti personali che saltano agli occhi,
ma servono per nascondere il profondo senso di
malessere e disagio sociale. Il bello non equivale al
pratico, al funzionale, anzi, spesso e' inversamente
proporzionale. La scuola si trova a svolgere i propri
compiti educativi e formativi nei confronti di questa
realtà giovanile: non si tratta né di respingerla, né di
ignorarla, né di accreditarla acriticamente, bensì
di “costruire ponti, di chiedere e di meritare
fiducia, di sintonizzarsi con la comune umanità che,
sia pure attraverso un groviglio di fili, può collegare
insegnanti, studenti, genitori”. La scuola, “luogo
di formazione e di educazione mediante lo studio,
l’acquisizione delle conoscenze e lo sviluppo della
coscienza critica”, è chiamata ad essere
“comunità di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale
informata ai valori democratici e volta alla crescita
della persona in tutte le sue dimensioni”. In essa ogni
componente, con pari dignità e nella diversità dei
ruoli, opera per garantire la formazione alla
cittadinanza, la realizzazione del diritto allo studio,
lo sviluppo delle potenzialità di ciascuno, il recupero
delle situazioni di svantaggio. In particolare, il
docente acquisisce la consapevolezza che il suo insegnamento
è un atto progettuale di natura pedagogica, che pone
un’attenzione ai diversi stili di apprendimento,
alla pluralità di intelligenze, alle personali condizioni
emotivo-affettive e alle differenti esperienze degli
studenti- giovani di questo contesto
storico-culturale, con i propri punti di forza e di
debolezza. La sua attività privilegia quindi percorsi
plastici e flessibili, contestuali e motivanti, non
regolati da rapporti rigidamente gerarchici, tassonomici e
lineari, bensì finalizzati all’educazione integrale
della persona: intelligenza, sensibilità, emozioni,
socialità, eticità... Agendo non tanto in nome proprio e
neppure dell'istituzione in cui opera, ma in nome
dell'umanità, intesa sia come soggetto collettivo,
sia come essenza ideale,presente in modo più o meno
chiaro e coerente nella coscienza di ciascuno,
l'educatore non può essere mai, neppure nei
momenti più difficili, in crisi di e privo di
legittimazione per il suo intervento; ma insieme non
può essere mai pienamente "coperto" e
garantito da nessuna autorità e da nessuna scienza,
per le responsabilità dirette che si assume. Le strade
della scienza e le strade della poesia possono
sembrare lontane e dirette verso luoghi diversi. Nella
realtà, per fortuna, non è così. Diversi sono solo gli
strumenti che usano, ma l'una e l'altra
parlano alla stessa umanità.