sembra che i governi non abbiano la cognizione del paese
reale, questa volta ho votato per questo governo, ma se
continua così, la prossima volta, voterò altrimenti, e
cosi faranno tante altre persone, ne sono certa. Saluti
22 agosto 2006 0:00 - Pierino
Grazie del suo apporto sig. Pirgiorgio.
Autore: Piergiorgio Docente Universitario Data: 22
Agosto 2006
La storia del
sistema bancario italiano sta dentro la storia di quello che
Gramsci definiva il “paese dei pascià”, retto da una
borghesia frammentata e debole, con un sistema produttivo
fondato sulle piccole e medie imprese, dove la grande
industria, finita l’era delle partecipazioni statali, è
praticamente scomparsa, e il sistema del credito è
funzionalmente frazionato in una miriade di istituti legati
al tessuto produttivo locale: casse di risparmio, banche
popolari, istituti di credito cooperativo e agricolo, ecc.
Di qui tensioni, scontri e scandali: la Banca d’Italia
nacque nel 1893 proprio dallo scandalo - bipartisan anche
allora - della Banca Romana.
Dall’Iri alle
liberalizzazioni
Negli anni ’30, la grande
depressione seguita alla crisi del ’29 vede le banche
azioniste di un’industria che stenta a riprendersi. La
conseguente crisi di liquidità spinge Mussolini a
intervenire. Nazionalizza l’industria mediante la
creazione dell’Iri e la separa dal credito rilevando le
partecipazioni azionarie delle banche e proibendo loro di
acquisirne di nuove. Il finanziamento dell’Iri passa
attraverso le tre banche di interesse nazionale,
Commerciale, Credito e Banco di Roma (alle dirette
dipendenze del governo) e l’Imi, creato appositamente in
quegli anni. Fino ai primi anni ’90 il quadro rimane
sostanzialmente questo. Il sistema bancario è diretto dalla
politica attraverso la proprietà pubblica di alcune banche
o indirettamente, mediante la lottizzazione dei consigli
d’amministrazione (monopolio della Dc). Nel
dopoguerra si impone Mediobanca, che - sotto la guida di
Cuccia - diventa la grande banca d’investimento italiana e
la cabina di regia della politica industriale, mentre
Bankitalia guida la politica monetaria attraverso la leva
dei tassi d’interesse e dei cambi, centrale in
un’economia fondata sulle svalutazioni competitive.
Nei primi anni ’90 la caduta internazionale del saggio di
profitto iniziata a partire dagli anni ’60 e la
stagnazione provocano come un cambio di strategia. Inizia lo
smantellamento dell’Iri sotto la regia di Prodi
e la riforma bancaria di Amato apre la strada alla
privatizzazione del credito. Elimina il divieto di
partecipazione al capitale d’impresa e trasforma le banche
in spa. Parte delle azioni vengono messe sul mercato
mentre il pubblico controlla una quota del capitale
attraverso le fondazioni, che dovrebbero occuparsi solo
della gestione patrimoniale (in particolare
finanziando cultura e ricerca), con l’impegno (disatteso)
a ridurre progressivamente la propria partecipazione.
Un’operazione sostenuta dalla propaganda del “meno Stato
più mercato” sull’onda di Tangentopoli
(“Stato=corruzione e inefficienza”). Inizia un lungo
processo di fusioni bancarie ed emergono nuovi assetti.
Le fondazioni pesano (oggi circa il 13% della
capitalizzazione di borsa delle banche) e assicurano
l’influenza dei partiti attraverso le nomine nei consigli
d’amministrazione, che si riflettono a loro volta sulla
composizione del management. Le prime sei banche italiane
sono Unicredito (ex Credito Italiano più alcune casse di
risparmio), Intesa (ex Banco Ambrosiano più Cariplo, Comit
e altre), S. Paolo Imi, Capitalia (ex Banco di Roma) , Mps
(ex Monte dei Paschi più Banca Agricola Mantovana e Banco
del Salento) e Bnl. L’ad di Unicredito, Alessandro Profumo
è vicino alla Margherita così come Corrado Passera
(Intesa), Alfonso Iozzo (S. Paolo, legato a Rutelli) e Luigi
Abete (Bnl, ex presidente di Confindustria). Mps è
controllato dai Ds attraverso la Fondazione (che ha il 49%
del capitale). Paolo Modiano, del S. Paolo, è dato in quota
a D’Alema (così come Vincenzo De Bustis, Deutsche Bank
Italia). Cesare Geronzi, patron di Capitalia, berlusconiano
“col cuore” (Fininvest è entrata di recente nel patto
che controlla l’istituto), è colui che ha salvato i Ds
dal fallimento.
I casi Antonveneta e Bnl
Le scalate del 2005 sono il prodotto della crisi
capitalistica italiana nel quadro di quella internazionale e
all’interno di questi nuovi assetti. Vi si scontrano le
ricette di due diversi settori della borghesia: una
dirigista e nazionalista e una ultraliberista e
“internazionalista”. I resti della grande industria
italiana (Fiat, Pirelli-Telecom, Cir); una parte della media
impresa legata al made in Italy (Della Valle, Benetton); le
grandi banche, più legate alle prime due, sostengono
l’internazionalizzazione perché, per le loro dimensioni
e/o la tipologia del loro business, rappresenta
un’opportunità (Unicredito e Intesa stanno facendo
shopping di banche straniere). Per le imprese piccole e
medie o quelle più legate ai servizi, che sono
strutturalmente più deboli e quindi più dipendenti dalla
mediazione della politica (in particolare nei rapporti col
capitale finanziario che le sovvenziona),
l’internazionalizzazione rappresenta invece un pericolo.
Sotto questo profilo cooperative rosse e Fininvest
hanno caratteristiche e interessi simili e questo spiega il
gioco di sponda nelle scalate, che ha ragioni materiali e
politiche. Sono aziende non industriali ma di servizi, con
un basso grado di internazionalizzazione e una componente
fortemente ideologica, da sempre sviluppatesi all’ombra
della politica. Al contempo fanno riferimento a due partiti,
Fi e i Ds, afflitti da una crisi di egemonia perché non
riescono - per ragioni diverse - a consolidare un rapporto
stabile con la diffidente e divisa borghesia italiana.
Berlusconi e D’Alema provano a rimediare a questo
deficit di sintonia cercando di mobilitare in proprio le
risorse di cui dispongono nel mondo dell’economia e della
finanza e appoggiandosi a coloro che ci stanno (Fiorani,
Gnutti, Ricucci, Billè) per cercare di costruire una base
materiale a un progetto egemonico: l’integrazione tra
credito e assicurazioni (in vista anche di una spartizione
della grande torta della previdenza integrativa) e il
controllo sul principale quotidiano italiano, il Corriere.
Ma incappano nel conflitto d’interessi: non possono
aspirare ad essere il punto di riferimento di Montezemolo e
Della Valle e contemporaneamente essere loro concorrenti. La
grande borghesia internazionalista si mobilita, chiama in
proprio soccorso la magistratura, sostituisce Fazio con un
uomo gradito al capitale finanziario internazionale e
soprattutto accusa il sistema politico di intromettersi nel
mercato. Per Berlusconi non è una novità, per i Ds è un
trauma. Tanto più che hanno un altro conflitto
d'interessi, con la propria base sociale, radicata
ancora fortemente nel mondo del lavoro e nel ceto medio e
che si sente tradita: mentre ai lavoratori delle coop si
chiedono sacrifici, Consorte intasca consulenze da 25
milioni di euro e il "tifo" di Fassino. Tutto ciò
scatena una bagarre che da una parte riproduce nel partito
lo scontro tra liberisti e dirigisti, tra Toscana ed Emilia,
tra maggioranza più attenta alle sirene del mercato e
minoranza sensibile agli umori della Cgil. La trasformazione
dei Ds in partito social-liberale li porta a separarsi dagli
interessi della sua base sociale spingendoli inesorabilmente
verso un incombente processo di disgregazione.
"Banchieri di tutto il mondo, unitevi!"
Nel resto dell'arco costituzionale la Lega (con un
brusco voltafaccia legato alla vicenda Credieuronord)
difende Fazio con piglio da pasdaran; l'estrema sinistra
balbetta; An, Udc e soprattutto la Margherita fanno sponda
al regolamento di conti nei confronti di Fazio, Berlusconi e
D'Alema. Rutelli in particolare è il riferimento
politico naturale di Confindustria, delle grandi banche e
della borghesia internazionale, perchè rappresenta
l'ala più moderata e liberista dell'Unione (non a
caso i manager di Bnl e Antonveneta, solidali con Bbva a Abn
Amro, sono entrambe vicini alla Margherita). Ben più di
Prodi, leader senza partito e dunque troppo legato alla
mediazione con la sinistra per poter intervenire con
decisione a sostegno del libero mercato. Un ruolo a parte è
quello giocato da Tremonti, che a differenza della Lega va
contro Fazio fino in fondo, ma in nome di un protezionismo
attento agli interessi delle fondazioni bancarie, dei
piccoli imprenditori e del ceto medio padano e perciò
alternativo a quello dell'ex governatore di Bankitalia
(e che non gli ha impedito di dare una tacita benedizione
alle imprese di Fiorani e Consorte, salvo poi smarcarsi in
zona cesarini). In questo senso alla contraddizione centrale
tra le due ricette della borghesia si sovrappongono tensioni
e scontri dentro e trasversalmente ai due schieramenti. E
qui si staglia la posizione di Fausto Bertinotti, che al
comparire delle intercettazioni le critica in quanto
"illegali", poi attacca Fassino e Ricucci (al cui
matrimonio con Anna Falchi figura tra gli invitati)
proclamando la superiorità del capitale produttivo sulla
rendita finanziaria (il che non gli impedisce di schierarsi
a fianco del Banco di Bilbao, controllato dai fondi
d'investimento di JP Morgan Chase), infine, tra una
campagna e l'altra per il boicottaggio della Coca Cola,
difende l'onestà dei Ds anche se riconosce compunto la
necessità di una "discussione dolorosa" sulle
cooperative.
L'acquisizione di Antonveneta da
parte di Abn Amro e la nomina di Draghi, ex vicepresidente
di Goldman Sachs (advisor degli spagnoli nella scalata a
Bnl) al posto di Fazio (un conflitto d'interessi al
posto di un altro) segnano un punto a favore del capitale
internazionale. E pone un'ipoteca sui futuri assetti
politici del paese. L'aperta sponsorizzazione
dell'appello centrista di Monti da parte
dell'Economist e le sue critiche nei confronti di
Berlusconi e di Prodi prefigurano una possibile strategia.
Berlusconi è gravato dal conflitto d'interessi e Prodi
troppo legato a una sinistra malata di “collateralismo”.
Perciò o Prodi si affranca dalle sue relazioni pericolose
oppure ci potrebbe essere una carta di riserva.
L'operazione Monti appunto, un’ipotesi neocentrista o
di larghe intese, riecheggiata nella benedizione di De
Benedetti a Veltroni e Rutelli (speculare
all'affiancamento di Fini e Casini a Berlusconi nel
centrodestra) e funzionale a “far prevalere l'economia
sulla politica”. Cioè a far sì che le esigenze del
capitale la spuntino sul timore che il ceto politico ha di
perdere del tutto il consenso sociale. Anche Bertinotti
negli ultimi mesi ha più volte evocato questo scenario.
E i proletari?
Restano totalmente in ombra
gli interessi di classe dei lavoratori, dei piccoli
risparmiatori e dei piccoli correntisti. Cioè di coloro che
hanno pagato le liberalizzazioni con un'ondata di
licenziamenti dovute alle fusioni bancarie; facendosi
rifilare i titoli Parmalat e Cirio e permettendo così alle
banche di recuperare i prestiti a Tanzi e Cragnotti; pagando
spese salate sui conti correnti mentre vi sono 800 miliardi
di euro di depositi nel settore del private banking con
spese minime e interessi attivi elevati; infine pagando
tassi del 4% sui mutui casa mentre a Ricucci venivano aperti
fidi milionari allo 0,1%!
La sinistra oggi
dovrebbe indicare soluzioni dal versante di questi
interessi, non da quelli di Montezemolo e di Della Valle.
Gli esperti prospettano la possibilità di una
nazionalizzazione della Banca d'Italia. Ma se essa è lo
strumento del controllo di classe della borghesia sul
sistema borghese del credito allora è votata al fallimento.
Né la Consob, né l'Antitrust, né tantomeno un nuovo
governatore al servizio delle grandi banche d’affari sono
in grado di impedire altri scandali e altre bancarotte. Se
lavoratori e risparmiatori sono le vittime della grande
truffa bancaria allora sono loro l’unico soggetto titolato
a esercitare una vigilanza. Di qui la richiesta di
nazionalizzare (senza indennizzi: ci mancherebbe ancora che
dobbiamo pagare i… danni alle banche!) la Banca d’Italia
e il sistema del credito attivando un controllo sociale su
di essi. Magari avendo il coraggio di mettere in discussione
il segreto bancario. Tutti concordano nel sollecitare
maggiore trasparenza. Ma trasparenza e segreto non possono
coesistere. Non lo disse Marx né il subcomandante Marcos:
"Lo dice la parola stessa"! - come recitava un
vecchio tormentone televisivo.
22 agosto 2006 0:00 - dubbio
uhm vorresti dire proprio quella che ha fatto campagna
elettorale per l'Unione candidando il suo maggior
esponente con i Verdi?
22 agosto 2006 0:00 - bancario
rosanna non si preoccupi, tanto i contanti che giravano
erano solo nero che alla fine andava ancora nelle banche.
22 agosto 2006 0:00 - da truffato
x paolo 1 cosa dici? farci difendere dalle
associazioni dei consumatori? ma tu hai mai avuto a che
fare con quei usurai? se no,continua a starne lontano
il piu' possibile,sono soldi e tranquillita'
guadagnate......... l'unica associazione da salvare
(per ora)e' l'ADUC ma conta poco,non si vede in
nessuna trasmissione,li' sono sempre trafiletti e
lannuti.......
22 agosto 2006 0:00 - rosanna manfredi
che dire dell'ulteriore manciata di milioni di euro che
il governo ha ulterioremnte regalato alle banche che ogni
transazione relativa ai professionisti debba passare per un
conto corrente?
21 agosto 2006 0:00 - Paolo 1
E' in casi del genere che le associazioni dei
consumatori dovrebbero muoversi e far vedere che meritano di
essere finanziate.
18 agosto 2006 0:00 - Italiano
Prego? Non ho capito il suo intervento.
18 agosto 2006 0:00 - Piero
E' indubbio che ABI dispone di validi professionisti
capaci di spulciare molto bene tra le righe. Inoltre
esiste un cartello bancario pesante per i piccoli e molto
duttile per i grandi. A proposito di quanto asserito da
"Italiano" circa " ...Ma finitela di vedere
il conto corrente come un investimento!! " e se ho ben
capito come strumento per far transitare le operazioni dallo
stesso poco prima indicate valke punto precisare che ognuna
di dette operazioni/servizi paga un costo.
16 agosto 2006 0:00 - Italiano
ciribiribì, esatto! il conto corrente è un servizio per
avere bancomat, carte di credito, assegni, domiciliazioni,
dossier titoli, ecc ecc. Se vuoi investire dei soldi
non devi essere milionario, per comprare qualche bot,
qualche buono postale o qualche quota di un fondo comune
bastano pochi spiccioli. Ma finitela di vedere il conto
corrente come un investimento!!
16 agosto 2006 0:00 - ELIGIO
E' UNA LOTTA CONTINUA CON LE BANCHE E QUESTO NON E'
PIU' SOSTENIBILE DALLE PICCOLE INDUSTRIE . NON POSSO
ASSUMERE FORZA LAVORO PERCHE' QUELLO CHE PAGO ALLE
BANCHE MENSILMENTE SUPERA DI GRAN LUNGA DUE IMPIEGATI.. E
TUTTI SOLDI SUPER GARANTITI DA GARANZIE PERSONALI E SOLDI IN
CONTANTI DOVE RICEVO I 2% DI INTERESSI ATTIVI E PAGO IL 12%
DI INTERESSI PASSIVI PIU' TUTTE LE SPESE .. IL CONTO A
GARANGIA NEL PASSARE DEGLI ANNI E DIMINUITO DEL 3% DAL CONTO
INIZIALE.. PERCHE' CONTINUIAMO A FARCI RUBARE ???
GRAZIE PER LO SPAZIO
16 agosto 2006 0:00 - Ciribiribì
x ITALIANO
SERVIZIO?????????
Per
cosa???????
Per il pagamento delle
domiciliazioni??
Non diciamo stronzate, come
investi i soldi se non ne hai per milioni di euro?
Comprando azioni e obbligazioni tipo CIRIO, PARMALAT, BONDS
ARGENTINI e/o qualche azione di inculamento variegato sempre
a disposizione del mercato.
Nel migliore dei casi
tolte le spese delle BANCHE pardon (STROZZINI) ti rimane
qualche briciola in tasca con il risultato che per il
periodo " dell'INVESTIMENTO" in caso di
necessità ti tocca correre a vendere rimettendoci
SEMPRE!!
Mi riferisco ovviamente ai piccoli
risparmiatori quelli della liquidazione per fine lavoro o a
chi ha messo da parte poche migliaia di euro.
Come dice Beppe Grillo le imprese che hanno dei guadagni non
li SPARTISCONO MAI, i DEBITI INVECE SI' ed ecco perchè
cercano di ricorrere tutti alla borsa quelli che hanno
DEBITI!!
E' difficile vedere un attento
speculatore del compra/vendi in un pensionato o
impiegato.
Cominciamo a ritirare e chiudere i
conti presso le BANCHE STROZZINE in commissioni varie.
Cerchiamo il deposito presso chi offre i servizi
essenziali al minor prezzo.
E' ora di mandare
a FANCULO le varie BNL, S.PAOLO, BANCO di ROMA, CASSE DI
RISPARMIO LADRE tipo GE/IM & COMPAGNI vari.
Sbagliare è umano ma continuare a lasciare i nostri soldi
in mano di questi LADRI è da EMERITI DEFICIENTI!!!
15 agosto 2006 0:00 - Italiano
ma siete ancora convinti che il conto corrente sia uno
strumento di risparmio?? NO, è un servizio, il risparmio va
gestito altrimenti. Io baratterei subito il tasso creditore
con l'annullamento delle spese di tenuta conto, credo
che sarebbe già una conquista.
15 agosto 2006 0:00 - giovanna
al giorno d'oggi sei costretto ad avere un c/c ma penso
che la teoria di tenere i soldi sotto il materasso forse
varrebbe molto di piu. Penso che tanti la pensino come me.
Le banche continuano a crescere e noi poveri cristi di
lavoratori facciamo fatica ad arrivare a fine mese
15 agosto 2006 0:00 - graziella ratti
Sono avvelenata il tasso applicato sul conto corrente sul
quale mensilmente viene accreditata la mia pensione è fermo
allo 0,50%. Questo mese ho avuto un accredito di euro 5 e
addebiti (bolli canoni ecc) per un totale di euro 32. E'
regolare o è un furto? Quando si trattava di diminuire il
tasso creditori la banca "sprecava carta e
cartaccia" per comunicarmelo, dopo due mesi di nuovo
carta e cartaccia altra diminuzione, e dopo qualche altro
mese di nuovo l'informazione che il tasso creditori era
di nuovo diminuito, ora il silenzio totale. Ho scritto e si
sono sbrigati a telefonarmi per dirmi che l'aumento non
era obbligatorio e per ora mi dovevo tenere il mio 5,50% e
considerarmi una privilegiata...... Ma questa sinistra che
fa? prima dice che va incontro alle necessità del
"popolo" e poi di fronte a queste ruberie non
prende provvedimenti. Come mai????????
15 agosto 2006 0:00 - 1940
io ho votato centrosinistra,ma visti gli ultimi
eventi,be..... vedo tanta buona intenzione e niente
piu'.
le banche e assicurazioni poi sono
delle potenze che vanno al di la' di qualsiasi
coalizione governi,sia di destra ,di centro o di
sinistra.
poi abbiamo una decina di associazioni
dei consumatori(almeno e' cio' che dice la sigla)
nei fatti sono tutt'altra cosa. basta guardare cosa
hanno combinato adusbef e le altre associazioni in cartello
con la banca montepaschi........ DA METTERE LA TESTA
SOTTO LA SABBIA PER NON DIVENTARE ROSSI DALLA
VERGOGNA... invece sono in tutte le trasmissioni,fanno
credere di essere i veri salvatori, ROBA DA SPANZARSI
DAL RIDERE,dicono dalle nostre parti.
15 agosto 2006 0:00 - Emilio
Di una presa per i fondelli, ma c'era da esserne sicuri.
Il potere politico (chi ci governa) da tempo, ormai, è
chiamato a fare da esecutore delle scelte del potere
finanziario. Indipendentemente da che posto dichiari di
occupare in un metaforico spazio politic; se di centro
destra o centro sinistra non cambia nulla è solo un
problema di etichetta! Ecco perchè, visto che i partiti non
rappresentano più né la gente né le idee di buon
governo, ma solo personagi di dubbio valore ( e le cronache
lo testimoniano), attenti ai loro interessi privati. penso
che una associazione come l'Aduc debba trovare il
sistema per sostituirsi a loro. Cordiali saluti
15 agosto 2006 0:00 - Publio
Mi sa tanto che son cambiati i suonatori, ma la musica
è sempre la stessa se non più stonata che mai.
C'è poco da fare le grandi lobbies hanno molti e
svariati protettori.....
15 agosto 2006 0:00 - paolo
continuate a vigilare sull'attività dei ns. politici,
senza fare sconti ai poteri forti (banche in
particolare) grazie e buon ferragosto!