Concordo pienamente con l' articolo di Claudia Moretti.
Siamo ormai privati della nostra liberà di decidere. Non
resta, per chi può, andarsene a morire in Paesi civili,
tipo Olanda o la Scandinavia, che conosco molto bene di
persona. Brava Claudia, continua così.
Angelo Acino
2 gennaio 2007 0:00 - Alex1
1) Ok Welby aveva richiesto l'eutanasia ma non si stava
discutendo di questo visto che è stato persino messo in
dubbio l'accanimento terapeutico. Certo l'eutanasia
era il suo obiettivo ultimo (attenzione, dipende sempre da
cosa intendiamo per eutanasia che letteralmente significa
solo "dolce morte" ma ormai ha assunto il
significato di suicidio assistito). Chiariamo una cosa: se
il paziente è morto a seguito di crisi respiratoria, ma
sedato, per lei è eutanasia? Letteralmente sì, ma almeno
non parliamo di "suicidio" o di
"omicidio". 2) Infatti è quello che volevo
dire io: non c'è alcuna libertà, è il medico che deve
"sfidare" la legge. Dove starebbe l'errore? Se
per lei la sedazione per garantire una morte senza
sofferenze è eutanasia, allora quel medico è già
condannato in partenza. 3) "La libertà di
rifiutare le cure è garantita dall’art.32 della
Costituzione e la libertà di morire c’è sempre stata: si
chiama suicidio, eventualmente con la
"complicità" di una persona che ci ama" La
libertà è solo sulla carta perchè non è garantita in
caso di persone inferme che devono dipendere da altri. In
questo caso, persino dal tribunale che può decidere contro
la sua volontà. Insomma, che si arrangi il paziente!
4) "La libertà individuale è assicurata, anzi è la
singola persona che la esercita, assumendosene ogni
responsabilità, senza delegare ad altri una scelta così
personale. " Assolutamente no, come detto al punto
precedente, soprattutto quando parliamo di persone inferme.
E' proprio su questo che bisogna lottare di più. Non si
capisce perchè si ha paura della volontà del paziente
arrogandosi il diritto di decidere per lui.. sempre che il
paziente non sia in grado di rifilare un calcio nel sedere a
chi gli somministra la cura.
Punti di vista
diversi ed è giusto che ognuno si comporti di conseguenza,
ma non che voglia imporre agli altri la propria visione
delle cose. A lei non piace l'eutanasia? Nessuno gliela
imporrà mai, ma lasci che gli altri possano avvalersene.
2 gennaio 2007 0:00 - Maria Luisa Sponga
Per Alex.
A proposito di confusione…
1)“NON è stata chiesta l’eutanasia…” Errore.
Cito testualmente dal libro di Welby, lettera al Presidente
della Repubblica del 22 settembre 2006 :” Il mio sogno
(…), la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre
in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è
oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter
ottenere l’eutanasia”. 2)”…tanto meno
indagarlo(il medico), perché ha, come richiesto dal
paziente…” Errore. Allo stato attuale della
legislazione italiana, l’eutanasia è un reato ed è anche
vietata dal codice di deontologia medica; quindi è corretto
almeno verificare se ci sia stata eutanasia oppure no.
3) “Quindi ad oggi non c’è nessuna possibilità di
scelta sulla propria sorte…” Errore. La libertà di
rifiutare le cure è garantita dall’art.32 della
Costituzione e la libertà di morire c’è sempre stata:
si chiama suicidio, eventualmente con la “complicità”
di una persona che ci ama. La libertà individuale è
assicurata, anzi è la singola persona che la esercita,
assumendosene ogni responsabilità, senza delegare ad altri
una scelta così personale.
Per Mary.
Pur condividendo la pena per la tragedia di tua nonna, e
comprendendo gli inevitabili sensi di colpa e le difficoltà
che hanno tormentato te e i tuoi famigliari per tanti anni,
(se ho capito giusto il sondino era per l’alimentazione)
non penso che ci fossero altre scelte, se non quella di
vederla morire di fame e sete. Tra l’altro se era
cosciente, bisognava che fosse lei a deciderlo. Purtroppo in
casi come questi nessuno conosce il futuro, né voi né i
medici. Comunque, anche potendo, quale alternativa ci può
essere? Quella di sopprimere le persone affette da malattie
croniche o invalidanti? O le persone che non sono più
coscienti? Capisci che i numeri sono davvero impressionanti
e i possibili abusi dietro l’angolo. Vorrei
tranquillizzarti che non esistono trattamenti medici
irrevocabili e il paziente ha sempre il potere di decidere
in piena autonomia se rifiutare le terapie. Hai ragione
quando affermi che spesso ci si sente abbandonati, quando la
medicina si dichiara impotente, tende poi a scaricare sulle
famiglie l’onere del malato cronico e le sue sofferenze.
Proprio su questo fronte si dovrebbe lottare, perchè
le cure palliative, che non sono solo per i malati di
cancro, ma per tutte le persone affette da dolore cronico,
siano effettivamente disponibili ogni volta che ce n’è
bisogno. Ciao, Maria Luisa.
2 gennaio 2007 0:00 - max
... già, me lo stavo chiedendo anch'io! ... non è mica
come aprire un mutuo, dove, una volta firmato, non puoi più
tornar indietro ... no?!
da: Topesio Data: 1
Gennaio 2007
Mi sfugge il significato della
frase "... una volta accettato..." Perché,
non si può cambiare più idea, o forse siamo al
Rischiatutto, dove la prima risposta è quella che conta?
2 gennaio 2007 0:00 - Mary
In materia legale non posso disquisire. Ho avuto però mia
nonna che, a seguito di trombosi progressive, è rimasta per
5 anni in agonia attaccata ad un sondino e, in ultimo, anche
all'ossigeno.
Al dottor Luciano ribatto che,
seppur informando i famigliari di una impossibilità a
qualsiasi tipo di ripresa, il sondino è stato consigliato
proprio dai medici stessi. Una persona comune non sa a cosa
va incontro un malato dopo l'applicazione del
sondino. Mia nonna non poteva parlare e comunicare in
alcum modo ma almeno i primi anni era cosciente. La sentivo
mugolare per il dolore ogni giorno. Nessuno spiega ai
famigliari che dopo un anno di sondino e di immobilità
insorgono complicanze gastrointestinali e respiratorie, di
decubito ecc. tali da rendere un calvario l'esistenza.
Nessuno affianca i famigliari con umanità rendendoli edotti
non solo delle conseguenze immediate ma anche di quelle
future che comporta la scelta di prolungare la vita.
Non è facile sentire sulle proprie spalle l'effetto di
una tale decisione e molti finiscono per lasciare fare ai
medici. Solo in seguito si rendono conto
dell'aberrazione a cui hanno sottoposto il loro caro, ma
a quel punto togliere tutto diventa impossibile.
Purtroppo comprendere in una legge tali diverse casistiche e
tali delicatissime questioni non è facile. Ritengo in
ogni caso che un paziente o i suoi famigliari debbano sempre
conservare il potere di decidere in piena autonomia se
rifiutare le cure. Nessun intervento medico dovrebbe essere
"irrevocabile". Perchè nel tempo tutto si
modifica e ciò che è stato giusto può rivelarsi in
seguito sbagliato.
1 gennaio 2007 0:00 - Alex1
A me sembra che si aggiunga confusione alla confusione.
NON è stata chiesta l'eutanasia, ma solo di
morire senza sofferenza (e quindi sedato); Welby (ma
aspettiamo l'esito dell'autopsia) non è morto per
l'iniezione; l'eutanasia consiste invece nel
sopprimere un soggetto.
E' vero non si può
imporre ad un medico di "somministrare" la morte..
ma tanto meno indagarlo perchè ha, come richiesto dal
paziente, sedato il paziente e staccato un macchinario che
lo teneva in vita artificialmente (sempre che di vita si
possa parlare, Welby non la vedeva così) e PALESEMENTE
contro la sua volontà. Quindi ad oggi non c'è di
fatto alcuna possibilità di scelta sulla propria sorte se
si è infermi e quindi non in grado di opporsi fisicamente
alle cure. Dipendiamo da qualche tribunale e da qualche
medico compiacente che deve "sfidare" a proprio
rischio la legge e l'ordine professionale. Questa è una
battaglia, non un'espressione di libertà.
Insomma, mi pare ci sia la tendenza a voler imporre la
propria visione delle cose invece di lasciare la scelta al
paziente, che proprio perchè fisicamente debilitato viene
due volte violentato e trattato come una oggetto, senza la
dignità che vorrebbe avere.
1 gennaio 2007 0:00 - Alex1
Già, da quando una scelta è definitiva? Si può anche
cambiare idea, soprattutto se le condizioni cambiano o il
tempo passa senza speranze. Infatti Welby è andato incontro
ad un peggioramento continuo fino ad arrivare ad una
condizione che LUI considerava non sostenibile e degna di
essere chiamata vita. Perchè ci si vuole ostinare a
pensare e decidere per gli altri?
1 gennaio 2007 0:00 - Mike
Signor Topesio, lascia o raddoppia?
1 gennaio 2007 0:00 - Maria Luisa Sponga
Cara Claudia, confusione e mistificazione ce n’è
stata eccome, nel caso Welby, e non tutta in buona fede. Il
suo intervento, che vorrebbe mettere un po’ d’ordine, mi
sembra invece alimentarla. Vediamo come e perché.
1) Oggi non è stato messo in discussione il diritto alla
sospensione di una terapia (la ventilazione meccanica),
sospensione che Welby non voleva, perché nessuno può
desiderare di morire soffocato, bensì il diritto alla
sedazione terminale che rendesse umanamente accettabile
l’atto. E questo non c’entra nulla col testamento
biologico, che, tra l’altro, OGGI legge non è. Ha a che
fare semmai con l’eutanasia. Purtroppo il caso Welby deve
essere affrontato con le leggi attuali e non con quelle
future ed è completamente diverso dalla tragedia di
Eluana.
2) Che cosa c’entra l’accanimento
terapeutico con le libere scelte del paziente nel rispetto
dell’art.32 della Costituzione? Niente, sono d’accordo
con lei. Ma non dimentichiamoci che proprio i radicali hanno
continuato a parlare di accanimento terapeutico per Welby
(come è già stato fatto per Eluana), hanno tentato di far
passare all’opinione pubblica l’idea che la ventilazione
meccanica fosse accanimento terapeutico, quindi mi sembra
corretto che la medicina e la magistratura abbiano smentito
questa pericolosa idiozia: se fosse così, sarebbe
eticamente corretto non trattare le crisi respiratorie
acute.
3) Eluana non è tenuta in vita da nessun
sofisticato macchinario, ma da un sondino che le permette di
alimentarsi, senza il quale morirebbe di fame e di sete. Non
è sottoposta a nessuna terapia. Lei potrebbe dire che la
sua non è vita, ma questo è un altro discorso, sta di
fatto che anche nel caso di Eluana non c’è accanimento
terapeutico: se fosse così sarebbe eticamente corretto non
alimentare i tanti pazienti psichiatrici o anziani non
autosufficienti che vivono staccati dalla realtà.
4) Già OGGI il paziente può decidere da sé cosa, per la
propria persona, sia cura appropriata o meno, ha anche il
diritto di lasciarsi morire, quello che non può decidere è
che sia un medico a dargli la morte. La libertà di morire
è diversa dalla libertà di dare la morte.
Per
concludere mi sembra che, se mistificazione c’è stata, è
venuta da un’unica parte
1 gennaio 2007 0:00 - Topesio
Mi sfugge il significato della frase "... una volta
accettato..." Perché, non si può cambiare più
idea, o forse siamo al Rischiatutto, dove la prima risposta
è quella che conta?
1 gennaio 2007 0:00 - luciano di nepi
Quando fu applicato, 9 anni or sono,a Welby il respiratore
artificiale spero gli sia stato detto cosa era ,cosa
comportava il metterlo e il distaccarlo e suppongo( dico
suppongo )che WElby abbia dato il consenso. Poteva ed
era suo diritto rifiutarlo e morire ma una volta
accettato... Tutto quì Dr. Luciano di Nepi