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10 gennaio 2007 0:00 - Angelo Acino
Concordo pienamente con l' articolo di Claudia Moretti. Siamo ormai privati della nostra liberà di decidere. Non resta, per chi può, andarsene a morire in Paesi civili, tipo Olanda o la Scandinavia, che conosco molto bene di persona.
Brava Claudia, continua così.

Angelo Acino
2 gennaio 2007 0:00 - Alex1
1) Ok Welby aveva richiesto l'eutanasia ma non si stava discutendo di questo visto che è stato persino messo in dubbio l'accanimento terapeutico. Certo l'eutanasia era il suo obiettivo ultimo (attenzione, dipende sempre da cosa intendiamo per eutanasia che letteralmente significa solo "dolce morte" ma ormai ha assunto il significato di suicidio assistito). Chiariamo una cosa: se il paziente è morto a seguito di crisi respiratoria, ma sedato, per lei è eutanasia? Letteralmente sì, ma almeno non parliamo di "suicidio" o di "omicidio".
2) Infatti è quello che volevo dire io: non c'è alcuna libertà, è il medico che deve "sfidare" la legge. Dove starebbe l'errore? Se per lei la sedazione per garantire una morte senza sofferenze è eutanasia, allora quel medico è già condannato in partenza.
3) "La libertà di rifiutare le cure è garantita dall’art.32 della Costituzione e la libertà di morire c’è sempre stata: si chiama suicidio, eventualmente con la "complicità" di una persona che ci ama" La libertà è solo sulla carta perchè non è garantita in caso di persone inferme che devono dipendere da altri. In questo caso, persino dal tribunale che può decidere contro la sua volontà. Insomma, che si arrangi il paziente!
4) "La libertà individuale è assicurata, anzi è la singola persona che la esercita, assumendosene ogni responsabilità, senza delegare ad altri una scelta così personale. "
Assolutamente no, come detto al punto precedente, soprattutto quando parliamo di persone inferme. E' proprio su questo che bisogna lottare di più. Non si capisce perchè si ha paura della volontà del paziente arrogandosi il diritto di decidere per lui.. sempre che il paziente non sia in grado di rifilare un calcio nel sedere a chi gli somministra la cura.

Punti di vista diversi ed è giusto che ognuno si comporti di conseguenza, ma non che voglia imporre agli altri la propria visione delle cose. A lei non piace l'eutanasia? Nessuno gliela imporrà mai, ma lasci che gli altri possano avvalersene.
2 gennaio 2007 0:00 - Maria Luisa Sponga
Per Alex.

A proposito di confusione…
1)“NON è stata chiesta l’eutanasia…”
Errore. Cito testualmente dal libro di Welby, lettera al Presidente della Repubblica del 22 settembre 2006 :” Il mio sogno (…), la mia volontà, la mia richiesta, che voglio porre in ogni sede, a partire da quelle politiche e giudiziarie è oggi nella mia mente più chiaro e preciso che mai: poter ottenere l’eutanasia”.
2)”…tanto meno indagarlo(il medico), perché ha, come richiesto dal paziente…”
Errore. Allo stato attuale della legislazione italiana, l’eutanasia è un reato ed è anche vietata dal codice di deontologia medica; quindi è corretto almeno verificare se ci sia stata eutanasia oppure no.
3) “Quindi ad oggi non c’è nessuna possibilità di scelta sulla propria sorte…”
Errore. La libertà di rifiutare le cure è garantita dall’art.32 della Costituzione e la libertà di morire c’è sempre stata: si chiama suicidio, eventualmente con la “complicità” di una persona che ci ama.
La libertà individuale è assicurata, anzi è la singola persona che la esercita, assumendosene ogni responsabilità, senza delegare ad altri una scelta così personale.

Per Mary.

Pur condividendo la pena per la tragedia di tua nonna, e comprendendo gli inevitabili sensi di colpa e le difficoltà che hanno tormentato te e i tuoi famigliari per tanti anni, (se ho capito giusto il sondino era per l’alimentazione) non penso che ci fossero altre scelte, se non quella di vederla morire di fame e sete. Tra l’altro se era cosciente, bisognava che fosse lei a deciderlo. Purtroppo in casi come questi nessuno conosce il futuro, né voi né i medici. Comunque, anche potendo, quale alternativa ci può essere? Quella di sopprimere le persone affette da malattie croniche o invalidanti? O le persone che non sono più coscienti? Capisci che i numeri sono davvero impressionanti e i possibili abusi dietro l’angolo.
Vorrei tranquillizzarti che non esistono trattamenti medici irrevocabili e il paziente ha sempre il potere di decidere in piena autonomia se rifiutare le terapie.
Hai ragione quando affermi che spesso ci si sente abbandonati, quando la medicina si dichiara impotente, tende poi a scaricare sulle famiglie l’onere del malato cronico e le sue sofferenze.
Proprio su questo fronte si dovrebbe lottare, perchè le cure palliative, che non sono solo per i malati di cancro, ma per tutte le persone affette da dolore cronico, siano effettivamente disponibili ogni volta che ce n’è bisogno.
Ciao,
Maria Luisa.
2 gennaio 2007 0:00 - max
... già, me lo stavo chiedendo anch'io! ... non è mica come aprire un mutuo, dove, una volta firmato, non puoi più tornar indietro ... no?!

da: Topesio
Data: 1 Gennaio 2007

Mi sfugge il significato della frase "... una volta accettato..."
Perché, non si può cambiare più idea, o forse siamo al Rischiatutto, dove la prima risposta è quella che conta?
2 gennaio 2007 0:00 - Mary
In materia legale non posso disquisire. Ho avuto però mia nonna che, a seguito di trombosi progressive, è rimasta per 5 anni in agonia attaccata ad un sondino e, in ultimo, anche all'ossigeno.

Al dottor Luciano ribatto che, seppur informando i famigliari di una impossibilità a qualsiasi tipo di ripresa, il sondino è stato consigliato proprio dai medici stessi. Una persona comune non sa a cosa va incontro un malato dopo l'applicazione del sondino.
Mia nonna non poteva parlare e comunicare in alcum modo ma almeno i primi anni era cosciente. La sentivo mugolare per il dolore ogni giorno. Nessuno spiega ai famigliari che dopo un anno di sondino e di immobilità insorgono complicanze gastrointestinali e respiratorie, di decubito ecc. tali da rendere un calvario l'esistenza. Nessuno affianca i famigliari con umanità rendendoli edotti non solo delle conseguenze immediate ma anche di quelle future che comporta la scelta di prolungare la vita.
Non è facile sentire sulle proprie spalle l'effetto di una tale decisione e molti finiscono per lasciare fare ai medici. Solo in seguito si rendono conto dell'aberrazione a cui hanno sottoposto il loro caro, ma a quel punto togliere tutto diventa impossibile.

Purtroppo comprendere in una legge tali diverse casistiche e tali delicatissime questioni non è facile.
Ritengo in ogni caso che un paziente o i suoi famigliari debbano sempre conservare il potere di decidere in piena autonomia se rifiutare le cure. Nessun intervento medico dovrebbe essere "irrevocabile". Perchè nel tempo tutto si modifica e ciò che è stato giusto può rivelarsi in seguito sbagliato.
1 gennaio 2007 0:00 - Alex1
A me sembra che si aggiunga confusione alla confusione.

NON è stata chiesta l'eutanasia, ma solo di morire senza sofferenza (e quindi sedato); Welby (ma aspettiamo l'esito dell'autopsia) non è morto per l'iniezione; l'eutanasia consiste invece nel sopprimere un soggetto.

E' vero non si può imporre ad un medico di "somministrare" la morte.. ma tanto meno indagarlo perchè ha, come richiesto dal paziente, sedato il paziente e staccato un macchinario che lo teneva in vita artificialmente (sempre che di vita si possa parlare, Welby non la vedeva così) e PALESEMENTE contro la sua volontà.
Quindi ad oggi non c'è di fatto alcuna possibilità di scelta sulla propria sorte se si è infermi e quindi non in grado di opporsi fisicamente alle cure. Dipendiamo da qualche tribunale e da qualche medico compiacente che deve "sfidare" a proprio rischio la legge e l'ordine professionale. Questa è una battaglia, non un'espressione di libertà.

Insomma, mi pare ci sia la tendenza a voler imporre la propria visione delle cose invece di lasciare la scelta al paziente, che proprio perchè fisicamente debilitato viene due volte violentato e trattato come una oggetto, senza la dignità che vorrebbe avere.
1 gennaio 2007 0:00 - Alex1
Già, da quando una scelta è definitiva? Si può anche cambiare idea, soprattutto se le condizioni cambiano o il tempo passa senza speranze. Infatti Welby è andato incontro ad un peggioramento continuo fino ad arrivare ad una condizione che LUI considerava non sostenibile e degna di essere chiamata vita.
Perchè ci si vuole ostinare a pensare e decidere per gli altri?
1 gennaio 2007 0:00 - Mike
Signor Topesio, lascia o raddoppia?
1 gennaio 2007 0:00 - Maria Luisa Sponga
Cara Claudia,
confusione e mistificazione ce n’è stata eccome, nel caso Welby, e non tutta in buona fede. Il suo intervento, che vorrebbe mettere un po’ d’ordine, mi sembra invece alimentarla. Vediamo come e perché.

1) Oggi non è stato messo in discussione il diritto alla sospensione di una terapia (la ventilazione meccanica), sospensione che Welby non voleva, perché nessuno può desiderare di morire soffocato, bensì il diritto alla sedazione terminale che rendesse umanamente accettabile l’atto. E questo non c’entra nulla col testamento biologico, che, tra l’altro, OGGI legge non è. Ha a che fare semmai con l’eutanasia. Purtroppo il caso Welby deve essere affrontato con le leggi attuali e non con quelle future ed è completamente diverso dalla tragedia di Eluana.

2) Che cosa c’entra l’accanimento terapeutico con le libere scelte del paziente nel rispetto dell’art.32 della Costituzione? Niente, sono d’accordo con lei. Ma non dimentichiamoci che proprio i radicali hanno continuato a parlare di accanimento terapeutico per Welby (come è già stato fatto per Eluana), hanno tentato di far passare all’opinione pubblica l’idea che la ventilazione meccanica fosse accanimento terapeutico, quindi mi sembra corretto che la medicina e la magistratura abbiano smentito questa pericolosa idiozia: se fosse così, sarebbe eticamente corretto non trattare le crisi respiratorie acute.

3) Eluana non è tenuta in vita da nessun sofisticato macchinario, ma da un sondino che le permette di alimentarsi, senza il quale morirebbe di fame e di sete. Non è sottoposta a nessuna terapia. Lei potrebbe dire che la sua non è vita, ma questo è un altro discorso, sta di fatto che anche nel caso di Eluana non c’è accanimento terapeutico: se fosse così sarebbe eticamente corretto non alimentare i tanti pazienti psichiatrici o anziani non autosufficienti che vivono staccati dalla realtà.

4) Già OGGI il paziente può decidere da sé cosa, per la propria persona, sia cura appropriata o meno, ha anche il diritto di lasciarsi morire, quello che non può decidere è che sia un medico a dargli la morte. La libertà di morire è diversa dalla libertà di dare la morte.

Per concludere mi sembra che, se mistificazione c’è stata, è venuta da un’unica parte
1 gennaio 2007 0:00 - Topesio
Mi sfugge il significato della frase "... una volta accettato..."
Perché, non si può cambiare più idea, o forse siamo al Rischiatutto, dove la prima risposta è quella che conta?
1 gennaio 2007 0:00 - luciano di nepi
Quando fu applicato, 9 anni or sono,a Welby il respiratore artificiale spero gli sia stato detto cosa era ,cosa comportava il metterlo e il distaccarlo e suppongo( dico suppongo )che WElby abbia dato il consenso.
Poteva ed era suo diritto rifiutarlo e morire ma una volta accettato...
Tutto quì
Dr. Luciano di Nepi
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