Aho' Fatti alzare la tariffa da quel taccagno di
Donvito....!!! Isaia Kwick Zingaro ROM
16 ottobre 2008 0:00 - Annapaola Laldi
Mi fa piacere dialogare con gli intervenuti, e comincio dal
signor Isaia, al quale non è chiaro il nesso fra poesia e
traduzioni. Il nesso è dato dal fatto che le persone
comuni non riescono a vivere, vale a dire non
guadagnano a sufficienza per mantenersi decentemente né
scrivendo poesie né facendo traduzioni. (Fra parentesi, il
detto latino che scrivere poesie non consente di vivere è
pienamente valido ancora oggi). Poi, in ambedue i campi ci
sono rare eccezioni, si capisce. Ma la regola è
quest'altra, come osserva, mi pare per esperienza
vissuta, il signor Maurizio, che ha fatto il traduttore come
lavoro sussidiario, ma non come professione principale.
Direttamente, del resto, anche se non conosco tantissime
persone che traducono, ne ho incontrata soltanto una che ha
fatto la tradutttice a tempo pieno; si tratta di una signora
che era certamente una "signora traduttrice"
perché aveva, per esempio, partecipato alla traduzione
dell'opera omnia di Freud e Jung per la Boringhieri:
un'impresa, secondo me, da far tremare le vene e i
polsi. Però, anche lei, ammetteva che non se la passava
splendidamente; riusciva a vivere, ma con una certa
modestia. La mia esperienza è leggermente più rosea
di quella segnalata da Maurizio, nel senso che in questi
vent'anni (che sono proprio quelli in cui ho fatto
questo lavoro) qualcosa mi hanno aumentato, ma comunque sono
ferma al prezzo a cartella almeno del 2001, quando c'era
ancora la lira. Dopo si è solo trasformato in euro ... e
lì è rimasto. Una volta, mi fu detto che ero una delle
persone meglio pagate, e io ebbi un brivido a pensare che
cosa dovevano riscuotere quelle pagate peggio .
Certamente questa situazione, che si può definire in
generale di sfruttamento, porta alle conseguenze che
denuncia Maurizio: un tirar via per fare numero con
risultati gravi perché, nel caso di traduzioni
specialistiche, come mi pare citi lui, non si tratta di
"tradire" il testo e basta, ma di fuorviare
pesantemente il fruitore della traduzione che ovviamente si
fida di quanto legge. Però qui c'è anche una grave
responsabilità dell'editore, che non sottopone a
revisione le traduzioni commissionate. Io, per esempio,
lavoro esclusivamente con editori che mi assicurano un
ulteriore controllo del mio lavoro, perché so che,
nonostante tutta la competenza e l'impegno, può restare
a giro, qua e là, qualche granchio. Ragion per cui, ad
esempio, non mi sono mai neppure provata a mettermi sul
mercato, pare molto più remunerativo, delle traduzioni
commerciali o giurate. Una responsabilità così diretta mi
guasterebbe il sonno. Ringrazio infine il signor
Giovanni per la sua misurata, educata ironia. L'ho molto
apprezzata. Un cordiale saluto a tutti.
16 ottobre 2008 0:00 - Maurizio
Ho fatto il traduttore come lavoro studentesco e poi come
secondo lavoro nei primi anni della mia carriera, con
risultati lusinghieri (citazioni della qualita' della
traduzione su riviste di settore), e ai tempi si poteva
chiamare un lavoro sufficientemente pagato. Oggi sento che i
prezzi a cartella sono rimasti simili a 20 anni fa o persino
diminuiti, e questo talvolta dando per scontata
l'impaginazione e l'attrezzatura informatica
necessaria. La qualita' e' talvolta scesa a livelly
infimi, l'hanno scorso ho ricevuto in regalo un libro
(Il culto del Mac) la cui traduzione supera i levelli del
ridicolo. E si tratta di Mondadori informatica, non di una
piccola casa di paperback.
Ho scritto per
chiedere il rimborso e non ho avuto risposta, e nemmeno alle
successive telefonate.
Apprezzo le sue
"alte" preoccupazioni, certo appropriate a testi
letterari di un certo livello, ma credo che la realta'
sia nella maggior parte dei casi molto diversa, volta a
ottenere il modesto pagamento col minimo sforzo.
La qualità costa, siamo disposti a pagarla?
16 ottobre 2008 0:00 - Isaia Kwick
I latini dicevano "Carmina non dant panem",
cioe' scrivendo poesie non si vive. In epoca moderna,
appunto, neppure facendo traduzioni. Non vedo il
"NESSO". Lo sai che non ti capisco?
Isaia Kwick Zingaro ROM
15 ottobre 2008 0:00 - Giovanni
certo che una digressione del genere per un modo di dire che
ha un significato piuttosto chiaro...