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1 giugno 2011 19:00 - lucillafiaccola1796
kil vero nemico dle popolo

è...... IL POPO-LO!!!
1 giugno 2011 14:36 - francesco9244
il commento di cui sopra è un esempio da manuale, ispirato a vecchi metodi collaudati dalle 'democrazie popolari', ispirate da ideologie storicamente superate, dove l'avversario politico doveva essere eliminato, in tutti i sensi, ancora prima di essere condannato dai 'tribunali del popolo e/o speciali'; usando sistemi e teoremi ad hoc, supportati da ogni forma di menzogna e falsità magari con l'ausilio di mezze verità, debitamente manipolate.-
l'italia necessita, come tutte le democrazie, di una seria alternativa politica e di governo, per non correre il pericolo di una dittatura strisciante, ma è necessario sia propositiva e moderna e non richiami alla memoria i metodi di lugubri ideologie che si sperava superate, almeno in occidente.-
vorrei umilmente ricordare all'autore di queste inquietanti argomentazioni, che in una democrazia senza aggettivi, l'avversario politico si combatte con un libero confronto e non demonizzandolo come un 'nemico del popolo' che deve essere 'fatto sparire'-
31 maggio 2011 19:50 - lucillafiaccola1796
ah ah ah
bin laden un attore di hollywood...

fortunatamente, grazie azzìo, c'è qualcuno che le strozcazzate non le beve:

FALLITA LA GUERRA TECNOLOGICA, LA NATO TENTA ORA QUELLA PSICOLOGICA Raramente s'è vista una guerra vinta da leader incapaci ed arroganti. Sarkozy, Obama e Cameron non fanno certamente eccezione. Fallito il loro obiettivo di guerra lampo i tre inetti si ritrovano, com'era prevedibile, con le spalle al muro. Personalmente non so davvero fino a che punto sia credibile l'ipotesi di un intervento di terra in Libia da parte delle forze NATO. Quest'ultima, com'è noto, si trova a corto di mezzi e, sebbene ultimamente nel Mediterraneo stiano entrando troppe navi militari, ciò non significa automaticamente che ci si trovi alla vigilia di uno sbarco sulle coste libiche da parte di un'armata anglo - franco - americana. Francia e Inghilterra tagliano sul settore militare da anni: la prima risulterebbe essere praticamente impossibilitata nel fornire un numero significativo di uomini con cui partecipare ad un'azione di terra, mentre la seconda ne avrebbe da parte ancora un modesto quantitativo, nonostante il già gravoso impegno in Afghanistan ed Iraq. In una situazione non molto dissimile si trovano anche gli Stati Uniti, imprescindibili per qualsivoglia intervento militare di matrice atlantista in virtù delle loro elevate masse critiche. Da soli gli USA possono certamente fornire un buon numero di soldati, più dei loro due alleati europei messi insieme, ma anche in questo caso raschiando il barile e sovraccaricando la macchina bellica nazionale e l'apparato finanziario che la alimenta. In questo momento la priorità degli statunitensi è quella di svincolarsi in una maniera o nell'altra dal disastro da loro stessi provocato in Afghanistan e in Iraq. Il grosso delle truppe è impegnato in quei due paesi, con la progressiva evacuazione degli uomini messa a repentaglio dai sommovimenti in Pakistan e Bahrain (dove si trovano le basi e gli scali indispensabili per muoversi da e verso l'Afghanistan e l'Iraq). Non è il caso di mettere troppa carne al fuoco; e così gli Stati Uniti preferiscono disimpegnarsi dall'avventura libica, seppure con movimenti ondivaghi e di una lentezza impressionante. Si tratta infatti di salvare anche l'alleanza atlantica, o per lo meno quel che ne resta, offrendo una copertura pure agli alleati europei. Il coinvolgimento della Russia, registrato in questi ultimissimi giorni, dimostra la volontà di cercare una soluzione tardivamente diplomatica ad un conflitto nel quale la mediazione avrebbe dovuto svolgere un ruolo di primo piano fin dal principio, com'era stato saggiamente auspicato dalle cancellerie di molti paesi (Brasile e alleati sudamericani in testa). Dimostra anche l'impotenza di un gruppo, capeggiato e condizionato soprattutto dalla Francia di Sarkozy, che ha creduto di poter passare sopra a tali legittime e sensate richieste, mettendo il mondo di fronte al fatto compiuto di una guerra con rapido tracollo del nemico. Obiettivo raggiunto solo a metà perchè, come ben sappiamo, la guerra è stata tutt'altro che fulminea e oggi è in fase di stallo, mentre il nemico è vittoriosamente alla controffensiva. Una controffensiva non solo militare ma anche politica e diplomatica, come testimonia il rapido spostamento del Sudafrica e di tutta l'Unione Africana a favore della Libia, e l'accrescersi dei dissapori con la Cina. Fallita la loro fuga in avanti, i francesi coi loro alleati inglesi ed americani trascinati un po' per i capelli si ritrovano all'angolo, sempre più sull'orlo di una crisi di nervi. Dalla loro hanno solo un processo avviato dalla Corte Penale Internazionale che è carta straccia, come la storia del Sudan c'insegna (a tacere poi del fatto che la CPI è roba loro e quindi lascia il tempo che trova), e una fragile sponda diplomatica aperta da una Russia ancora intenta a fare il doppio gioco per salvare capra e cavoli, ovvero i buoni rapporti con l'Europa, gli Stati Uniti e la Cina allo stesso tempo (un'operazione che riflette più la ricerca di un equilibrio interno fra Medvedev e Putin, che una reale presa di posizione in politica estera). A questo punto, per i capitani coraggiosi Sarkozy, Cameron e Obama (più il mozzo paraculo Berlusconi) ci sarebbe solo una remota speranza, l'ennesimo colpo di scena e fuga in avanti con cui mettere nuovamente la comunità internazionale di fronte al fatto compiuto dopo lo scoppio della rivolta da loro orchestrata in Cirenaica, le risoluzione 1970 e 1973 del Consiglio di Sicurezza ONU, il riconoscimento del regime di Bengasi e le bombe su tutta la Tripolitania ed il Fezzan: l'uccisione di Gheddafi. E' un'ipotesi, come sappiamo, molto remota e che riflette l'ingenuità e la mancanza di conoscenza della realtà libica da parte dell'intelligence e delle élites governative (chiamiamole pure oligarchie) occidentali. Gheddafi potrebbe sì morire sotto le bombe, ma ciò non priverebbe il suo regime del sostegno popolare (che anzi potrebbe accrescere ulteriormente, anche all'estero, diventando a quel punto Gheddafi un martire a tutti gli effetti) e men che meno condurlo allo sfaldamento, proprio per come si struttura la forma di Stato della Jamahiriyya. Per la stessa identica ragione, è impossibile che qualcuno della sua cerchia lo faccia fuori per evitare alla Libia bombardamenti e sanzioni a tempo indeterminato da parte della NATO. Penso infatti che l'Occidente e soprattutto gli Stati Uniti, esattamente come avvenne dopo i bombardamenti su Tripoli e Bengasi del 15 aprile 1986, stia attuando una guerra psicologica nei confronti del Colonnello Gheddafi e dei suoi uomini. Tale guerra, che va di pari passo a quella tecnologica a base di bombe dal cielo e mercenari e consiglieri militari a rinforzo dei golpisti di Bengasi, ha lo scopo di mettere alle corde Gheddafi, il Consiglio del Comando della Rivoluzione e tutto il gruppo di potere che lo circonda. Si vuol far credere al governo di Tripoli che a breve vi sarà un'invasione di terra da parte della NATO lanciando così agli uomini di Gheddafi l'implicito messaggio che l'unico modo per evitarla risieda nell'eliminare il Qaid e porre così fine alla Jamahiriyya. Questo estremo e disperato tentativo dell'Occidente, che dubito possa conoscere un buon esito, riflette il senso d'impotenza che francesi, inglesi e americani avvertono di fronte a un avversario che si sta dimostrando molto più compatto e combattivo di quanto mai avrebbero immaginato. E' lo stesso errore che portò francesi ed americani alla sconfitta in Indocina, contro il Vietnam del Nord. Il loro terrore, allora, si chiamava Ho Chi Minh insieme al generale Giap. Oggi invece il loro terrore si chiama Muhammar Gheddafi.
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