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21 giugno 2018 12:06 - Luciano Pieri
La legge 112/2016 sul dopo di noi ha due chiavi di lettura.
La prima è quella del: Questa Legge ha consentito di fare un enorme passo in avanti poiché è stata la prima Legge che si è preoccupata di disciplinare le tutele che debbono essere garantite alle persone affette da disabilità gravi successivamente alla morte di quei parenti che li hanno sempre seguiti.
La seconda è quella del: meglio niente legge che una cattiva legge, e mi spiego.
Il governo trovandosi in mano la patata bollente del dopo di noi, ha rilanciato tale patata nelle mani delle famiglie facendogliele passa come un grosso regalo.
Con tale manovra si è completamente smarcato dagli oneri inerenti la residenzialità dando in cambio solo sgravi fiscali.
Se questo può andare quasi bene per la disabilità lieve, risulta un vero affossamento per la disabilità severa che necessita di un alto grado di assistenza e relativi costi che non possono essere sostenuti solo con i lasciti delle famiglie e le donazioni.

Ovviamente come genitore, le realizzazioni di case famiglia realizzate attraverso i benefici della legge 112/2016 e i loro miseri finanziamenti, mi riempiono il cuore di gioia, perché almeno per alcune famiglie, si realizza il sogno di poter chiudere gli occhi serenamente, sapendo di avere assicurato un futuro per i loro cari, quindi complimenti.

Ovviamente come sappiamo bene, non è la realizzazione della struttura il passaggio più difficile di questi progetti, ma bensì la gestione organizzativa e sopratutto la sostenibilità economica nel lungo tempo.

Perciò mi auguro che vengano realizzati dei validi progetti di sostenibilità economica, (che non si parta alla cieca) perché questi sono percorsi che devono durare per tutta la vita. Pertanto non possono essere sostenuti solo dai contributi delle famiglie, dalle donazioni e dal volontariato.
In tal senso ricordo che le istituzioni hanno l’obbligo di farsene carico in prima persona.

Comunque deve esserci la garanzia di percorsi di vita quanto più inclusivi possibile e quanto più conservativi possibile delle abilità acquisite. Questo può avvenire solo attraverso un ecosistema legato ad una rete di risorse alle quali il soggetto gestore può attingere.
Tutto questo per evitare che tali soluzioni all’apparenza così belle e così enfatizzate, possano diventare nel tempo delle piccole isole di emarginazione e di oblio.

Mi corre pure l’obbligo di pensare anche ad altre soluzioni residenziali, perché l’iniziativa regionale di distribuire risorse per chi ha buone autonomie abitative, non può essere il pretesto per toglierle a chi queste autonomie non ce l'ha. Non è assolutamente accettabile abbandonare proprio coloro che sono più bisognosi di cure e di tutela, considerandoli “irrecuperabili”. Questa si chiama discriminazione e diventa una inevitabile e inaccettabile guerra tra poveri.

E poi, siamo veramente sicuri che per vivere una vita di qualità e di inclusione valga per tutti il criterio del piccolo nucleo abitativo e basta? Personalmente ho dei seri dubbi e al riguardo non ci sono evidenze scientifiche di nessun genere.

Tutti hanno diritto ad una vita qualitativa ed inclusiva. Pertanto dobbiamo chiederci che cosa significa “includere”. Sicuramente significa offrire soluzioni e servizi differenziati a seconda dei bisogni e delle esigenze di ciascuno, come per altro sostengono le leggi vigenti.

Non è sicuramente con i pochi soldi messi a disposizione che si possano risolvere i problemi del dopo di noi, specialmente per quelle persone con autismo associato magari a disabilità intellettiva o a problemi psichiatrici.

Lo Stato e la Regione hanno l'obbligo di farsene carico seriamente e velocemente.
Perché le famiglie di queste persone non possono continuare a vivere con l'angoscia e la speranza di veder morire i propri figli prima di loro stessi. Questa è una cosa disumana!

Gli stanziamenti messi a disposizione dall'allora Governo, che non ha regalato niente, perché sono stati ampiamente recuperati attraverso l'aumento di un punto percentuale dell'IVA agevolata su tutto quanto riguarda la disabilità. Comunque questi stanziamenti sono come una goccia nel mare.
Ma gli organi istituzionali perpetuando la solita vecchia politica dell’apparire più che dell’essere, vanno sostenendo che è un grande risultato, perché l’importante è avere dato inizio al processo.

Con questo tipo di processi e questi stanziamenti però, la soluzione per le persone in stato di gravità severa e spesso con più disabilità associate, sarà purtroppo ancora la strada dell'RSA che per questi soggetti equivale ad un lager.

Luciano Pieri
Presidente PAMAPI - www.pamapi-autismo.it
Vicepresidente Consulta dell'Handicap - www.consultainvalidifirenze.it
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