Investimenti, chi è e cosa fa il gestore esterno
indipendente
Si tratta di una società di amministrazione del risparmio
che ha come centro d’affari la gestione del portafoglio,
figura di consulenza oggi pressoché sconosciuta in
Italia.
l rapporto del cittadino comune con le banche è spesso
influenzato dalla presunta (e ingenua) consapevolezza che la
nostra relazione goda di "privilegi" e di particolari
attenzioni solo perché abbiamo un buon rapporto con il
direttore, figura simbolo di un “potere che fu” la cui
amicizia, conoscenza o stima ostentiamo, per un caffè al
bar o anche per un semplice saluto di riconoscimento in
filiale, quasi come se fosse uno status. Abbiamo avuto già
modo di ribadire su queste colonne che oggi tutte le
funzioni decisionali sia in materia creditizia che nella
fissazione dei prezzi sono accentrate nelle torri cablate
delle direzioni generali e ben poche facoltà deliberative
sono rimaste nelle mani del direttore che funge solo da
coordinatore delle direttive impartite dall’alto e pressa
i suoi consulenti-venditori a vendere ciò che gli hanno
imposto di collocare.
iate invece consapevoli che una figura determinante, molto
spesso anche più preparata tecnicamente del direttore, in
termini di indirizzo nelle scelte di gestione dei risparmi o
anche di finanziamento degli investimenti, è proprio il
consulente-venditore. È con lui che trascorriamo piu tempo
a parlare prima di prendere le nostre decisioni; è con lui
che occorre instaurare un rapporto di trasparenza e lealtà;
è lui che può gestire meglio le pressioni per il
collocamento dei prodotti spazzatura. Perché, ricordatevi,
che più si sale nella scala gerarchica - direttore, super
direttore, mega direttore galattico per dirla alla Fantozzi
- piu l’autonomia di pensiero e l’etica viene
controllata e gestita dal top management.
Soprattutto al bar con il direttore si sono consumate (e si
consumano) le piu subdole vendite di prodotti finanziari che
nulla avevano a che fare con l’esigenza del cliente.
QUATTRO TIPOLOGIE DI CONSULENZA FINANZIARIA
Il momento della scelta, quando ci è consentito, del
consulente diventa quindi determinante nel percorso di
educazione finanziaria che stiamo tentando di fare su questo
giornale da oltre quattro anni. Gli attori in scena
appartengono a quattro tipologie di cui tre sono state già
oggetto di analisi su Lettera43.it.
• Il consulente bancario, con contratto di lavoro
dipendente, quello che troviamo agli sportelli delle filiali
e che, essendo stipendiato dalla banca e talvolta
incentivato-premiato per la vendita dei prodotti della casa,
si trova costretto a eseguire gli ordini di scuderia per
evitare ulteriori pressioni e trasferimenti in luoghi
scomodi.
• Il promotore finanziario, un libero professionista per
la vendita “fuori sede” di prodotti finanziari e con un
rapporto monomandatario con una banca. Il loro centro
d’affari è la costruzione di un portafoglio
d’investimento con i prodotti che la banca ha deciso di
inserire nel catalogo. Tale decisione si concretizza con un
accordo commerciale di distribuzione (collocamento) tra la
società che crea il prodotto e la banca che lo propone ai
suoi clienti. I soggetti che devono guadagnare sono quindi
tre! In parole povere se la banca non è remunerata, non
paga la società che costruisce il prodotto e non retrocede
le provvigioni al promotore che cambia spesso casacca. Ecco
perché molto spesso quelle banche non permettono ai clienti
di comprare un prodotto di una altra casa spesso utilizzando
la formula che “il prodotto non esiste o è troppo
rischioso”. Per questo la loro consulenza si definisce
“non indipendente”.
• Il consulente finanziario indipendente, legato solo al
cliente in base a un mandato ricevuto, può aiutare il
risparmiatore a orientarsi meglio, a evitare prodotti poco
efficienti o troppo rischiosi. Ponendo in concorrenza più
intermediari, può trovare le migliori condizioni sul
mercato e utilizzare strumenti che le banche di solito non
propongono perché semplici e/o a basso valore aggiunto per
se stesse. Viene remunerato solo dal risparmiatore e
pertanto, non essendo assillato da pressioni sulle vendite
(dato che non riceve alcun compenso dagli intermediari), il
professionista indipendente ha tempo di seguire i mercati ed
è in grado di far cogliere ai suoi clienti le opportunità
per ottenere un rendimento in linea con le proprie
aspettative, mantenendo sempre il controllo sul rischio
concordato. La parcella di un professionista indipendente è
di solito inferiore rispetto ai prelievi praticati dalla
banca, sotto forma di commissioni e spese, direttamente dal
conto del cliente a fronte degli investimenti effettuati.
Deve essere davvero bravo però per scegliere quei prodotti
e quelle banche che gli permettono di massimizzare i
rendimenti e soprattutto di minimizzare i costi per il
cliente.
• E poi esiste una quarta figura di cui si parla poco,
molto sviluppata in Svizzera e nei Paesi anglosassoni: il
gestore esterno indipendente (External Asset Manager). Si
tratta di una società di gestione del risparmio (Sgr o
Asset Manager) che ha come centro d’affari la gestione del
portafoglio. Sono di fatto “i fornitori” dei prodotti
finanziari alle banche che poi li rivendono a costo
maggiorato ai loro clienti. Queste società gestiscono sia
fondi d’investimento che direttamente e in maniera
indipendente i portafogli dei clienti. Per la tutela delle
disponibilità dei loro clienti i gestori esterni si
avvalgono comunque di banche che accettano però di essere
solo depositarie (guadagnano solo una piccola percentuale
sulle masse in gestione): praticamente il cliente riesce ad
accorciare la filiera andando direttamente dal
“produttore” come se fosse un soggetto professionale o
istituzionale risparmiando costi e guadagnando in
personalizzazione. Essendo il primo anello della catena
della distribuzione finanziaria, non vengono pagati dai
prodotti, ma applicano in chiaro le loro commissioni ai
clienti per creare una gestione personalizzata. I consulenti
finanziari di queste società possono concentrarsi solo
sulle esigenze del cliente perché non sono remunerati in
base al prodotto che scelgono ma sui capitali dei clienti
che gestiscono grazie all’indipendenza della società per
cui operano.
A voi la scelta.
• Vincenzo Imperatore