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17 marzo 2004 0:00 - Vittorio Cristiano
Il problema è molto più semplice di quello che sembra: lo Stato (che siamo o dovremmo essere noi tutti e non un semplice governo che dura una legislazione) è costretto ad avere tasse molto alte per tutta una serie di prodotti semplicemente perchè quei prodotti (tra i quali i derivati petroliferi perciò non solo benzina ma nafta da riscaldamento e altro) vengono acquistati obbligatoriamente da una gran quantità di persone. Sembrerebbe un controsenso e invece non lo è. E' noto infatti che nel nostro Paese le tasse si cerca in tutti i modi di non pagarle e molto spesso ci si riesce (vedi grandi aziende con bilanci truffe, proprietari di negozi che dichiarano meno delle loro commesse, tutta una serie di occupazioni che permettono una percentuale altissima di entrate in nero tra cui tantissimi professionisti ecc., ecc.), se poi ci mettiamo i vari condoni fiscali la frittata è fatta. Ora in un Paese in cui pochi pagano realmente le tasse - e tutte - (vedi lavoratori autonomi) l'unico modo di fare aumentare le entrate è quello di aumentare spropositamente la tassazione su prodotti che il cittadino è obbligato ad acquistare (come appunto la benzina). Naturalmente tutto ciò va a danno di chi , come già detto, non può falsare sulle proprie entrare, ma questo evidentemente non viene considerato un problema anche perchè gli stessi interessati non fanno nulla per protestare. Detto ciò è vero che la strada più semplice sarebbe quella di privatizzare le aziende (ormai molto poche) ancora in mano allo Stato ma non sarebbe, a mio avviso, la più giusta. Casi come la privatizzazione della Telecom, dell'Enel che da un monopolio statale sono semplicemente passate ad uno privato (con un'enorme quantità di licenziamenti. Basti pensare che Telecom agli inizi degli anni 90 contava più di 100.000 assunti tra tutte le sue società mentre ora ne conta poco più di 50.000 con un progetto di riduzione nei prossimi anni a 35.000) con tutta una serie di considerazioni da fare che non stiamo qua a discutere (vedi sub-sub appalti, vedi ancora lavoro interinale, in affitto, o meglio lavoro precario in enorme aumento con tutto ciò che socialmente significa).
Perciò, in fin dei conti la questione a grandi linee si riduce semplicemente a:

- non necessita svendere le aziende statali ma basta farle gestire meglio (magari come si fa per quelle private con premi alla dirigenza se si migliora l'assetto societario)

- occorre aumentare (di molto) i controlli su quei lavori che permettono entrate in nero ed inasprire le pene (il carcere non sarebbe male, come si fa negli USA - ma questo in Italia finchè avremo oltre il 70% di avvocati e il 90% di professionisti in Parlamento è impossibile)

Infine, ritornando al discorso iniziale, se questi due semplici (a dirsi) assunti venissero attuati probabilmente si riuscirebbe a diminuire di molto anche la tassazione sui beni di consumo obbligatori.

15 marzo 2004 0:00 - Franco
Perchè non cominciamo a pretendere che il ministero o l'antitrust controlli che il prezzo alla pompa tenga opportunamente conto del prezzo acquistato in $ con il corretto cambio Euro/dollaro?
14 marzo 2004 0:00 - Stellario Panarello.
Nel mondo dell’economia tutto è variabile. Ogni cosa dipende da molte altre, tra loro interdipendenti. Assistiamo così alle cosidette fluttuazioni. Così dette dal movimento altalenante del mare: dai flutti, appunto. La Borsa è il primo esempio che mi viene in mente.

Nulla sfugge alle ferree leggi dell’economia. Nulla, tranne ciò che viene artatamente manipolato. Non riesco proprio a capire a quale scopo.

Esempi importanti di tale annullamento di fluttuazione sono i prezzi delle Assicurazioni auto e della benzina.

Al naturale andamento fluttuatorio, è stato sostituito un diabolico ingrannaggio dentato: una ruota che può girare (anche se a piccoli scatti) solo in un senso. Tornare indietro è, per costituzione fisica dell’ingranaggio dentato, fisicamente impossibile.

Cosa possono farci lo Stato e le Compagnie petrolifere, poverini?!

Stellario Panarello.
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