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Class Action. In Italia e' temuta da tutti, politici al primo posto: hanno approvato un testo impossibile e la denigrano ogni giorno. Il caso Bersani
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Comunicato di Vincenzo Donvito
30 luglio 2011 14:32
 
 Scopriamo l'acqua calda se diciamo che l'azione giudiziale collettiva, meglio nota come class action, in Italia praticamente non esiste per colpa dei politici. Tutti i politici. Lo dimostra il fatto che il testo approvato con la finanziaria 2008 e' stato concepito per non funzionare (rimandiamo per questo ad un nostro precedente intervento), ma come se cio' non bastasse piu' o meno tutti i politici, incluse alcune associazioni di consumatori, danno il loro contributo a rendere la questione ancora piu' lontana dalla realta' e ne offuscano la comprensione -e il potenziale uso- da parte di chi, invece, potrebbe rivendicare con questo strumento il proprio maltolto.
L'ultimo esempio eclatante e' quello del segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani che lo scorso 28 luglio, in una conferenza stampa in cui rispondeva alle accuse di alcuni giornali al suo partito che avrebbe intascato tangenti, ha detto: “Sto facendo studiare la possibilità di fare queste richieste di risarcimento come class action da parte di tutti gli iscritti al Pd, perché essendo il partito una proprietà indivisa, una società, gli insulti riguardano ciascun componente".
Bersani e' stato anche ministro dello Sviluppo Economico, per anni ha presieduto la giunta regionale dell'Emilia Romagna, cioe' e' politico navigato e informato, uno che dovrebbe dar peso e importanza alle parole che usa, perche' dovrebbe conoscerne il significato e, soprattutto, la potenza per meglio avvalorare le proprie posizioni, soprattutto -ma forse a questo il segretario Pd non ci ha fatto caso- nello specifico contesto, cioe' reato d'opinione con possibile calunnia.
Nonostante questo, Bersani ha detto quel che ha detto... chissa' a chi ha chiesto di fare questo studio e chissa' se questi incaricati gli risponderanno mai.
Per la class action, il nostro ordinamento ne prevede l'uso per:
- contratti stipulati mediante l'uso di formulari (ad esempio, contratti di telefonia, servizi, assicurazioni, bancari);
- danni da fatti illeciti extracontrattuali (ad esempio, danni da prodotto difettoso);
- danni derivanti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Quindi: che c'entra la sua minaccia di class action, segretario Bersani?
Noi l'abbiamo capito e per questo motivo siamo qui a scriverne. C'entra nella misura in cui, come una volta, per far paura al proprio avversario, si diceva “ti porto in tribunale”, vivendo oggi nella societa' degli assolutismi, degli estremi (qualcuno dice ancora dei semplici “si'” o “no”? Per carita', si sente solo “assolutamente si'” o “assolutamente no”), oggi l'assolutismo in merito pare -nella testa dei politici- che sia la class action.
Chi dice cose del genere con la consapevolezza di cosa sta dicendo, ci lascia perplessi, anche perche' -come nel caso di Bersani- si tratta di chi si candida in ogni momento alla guida del Paese in alternativa all'attuale maggioranza... e “se il mattino si vede dal buongiorno”...
Per noi il linguaggio e' importante cosi' come le leggi, in politica e non solo. Nel caso di specie abbiamo: linguaggio truffaldino riferito a legge altrettanto truffaldina. Forse e' per questo che in molti si sentono autorizzati a sproposito a usare la minaccia della class action? Al di la' di questa battuta (che forse e' anche troppo raffinata per il contesto), siamo preoccupati: chi ci rimette e' la certezza del diritto, anche quella che si evoca nei discorsi per convincere i piu' delle proprie ragioni....
 
 
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