"Mamma li turchi!", oltre che un film di Savino del 1973, è una espressione, diremmo preoccupata, per le scorrerie effettuate sui nostri litorali nel corso dei secoli.
Oggi possiamo dire che i turchi sono presenti in quello che era una colonia italiana: la Libia.
Nel 1911, l'Italia dichiarò guerra all'Impero ottomano per ottenere il controllo della Tripolitania e della Cirenaica, le due regioni libiche che si affacciano sul Mediterraneo.
Sembra la nemesi, i turchi, ovvero, la Turchia, sono tornati in Tripolitania per appoggiare il governo di accordo nazionale, riconosciuto dall'Onu e dall'Italia.
Come è noto, in Libia si contrappongono Fayed Al-Sarraj, capo del governo di accordo nazionale, che gestisce parte della Tripolitania e il generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica.
La Turchia e la Russia si sono offerti come mediatori del conflitto, la prima a sostegno di Al-Sarraj, la seconda in appoggio ad Haftar.
Insomma, abbiamo i turchi di fronte all'Italia.
Il presidente turco, Recep Erdogan, ha sottoscritto un accordo con Al-Sarraj per lo sfruttamento di risorse energetiche in ambito marino e, ora, potrebbe controllare quelle di terra, utilizzate dall'Eni, e il flusso di migranti.
Sicchè, la Turchia controllerebbe il flusso di migranti dall'Est, verso la Grecia, e dal Sud verso l'Italia.
E il governo Conte (1 e 2) che fa?
Niente, anzi, commette errori madornali come quello di invitare a Roma, contestualmente, i due contendenti, Al Sarraj e Haftar, ottenendo un rifiuto dal primo.
Il governo Conte (1 e 2) dopo aver riconosciuto Al-Serraj, non lo ha sostenuto politicamente, economicamente e militarmente, anzi, è arrivato a dichiarare "Né con Sarraj né con Haftar, stiamo con il popolo libico", che significa lasciare vuoto uno spazio politico, prontamente riempito dalla Turchia.
E il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio? Non pervenuto.