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Marketing selvaggio. Multone Privacy a Tim. Servirà?
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Comunicato di Vincenzo Donvito
1 febbraio 2020 13:09
 
 Il garante della Privacy ha inflitto un multone di quasi 28 milioni di euro a Tim: marketing selvaggio in dispregio delle norme vigenti e delle volontà espresse dai loro utenti . Colpisce, in modo particolare, la quantità di denunce presentate in merito e il numero di utenti coinvolti: “alcuni milioni” dice letteralmente il Garante.
Niente che già non si sapesse. E per chi ancora insiste che il metodo possa essere quello di dare maggiori opportunità agli utenti per tutelarsi (il cosiddetto registro delle opposizioni), un esempio eclatante che le regole, al momento e di per sé, non sono sufficienti.

Tim in questo caso (ma il fenomeno coinvolge tutti gli operatori di tlc e di energia), si fanno letteralmente un baffo delle regole: il loro ragionamento è semplice, 2+2=4, cioè “pur se dovessi pagare le sanzioni che mi infliggono [che tra ricorsi e importi ridimensionati diventano ancora più esigue], il ricavato che riesco ad ottenere da questo marketing è sempre molto più lucroso rispetto al pagamento della sanzione”. E’ evidente che per loro non sono sufficienti le campagne pubblicitarie di massa che praticano ovunque, anche perché il marketing diretto (telefonate e mailing) sembra che sia ancora oggi un metodo più produttivo rispetto a giornali, tv, radio, sponsor ed eventi ad hoc. Questo non lo sa solo Tim (e gli altri gestori), ma lo sanno tutti, incluse le Autorità che comminano sanzioni. Ma, mentre queste ultime non possono far altro che applicare le disposizioni stabilite dal legislatore, è quest’ultimo il principale responsabile di questa situazione: gira sempre intorno al problema, quasi facendo finta di non comprenderlo e non sappiamo quanto questo possa essere doloso o meno. Le sanzioni non sono un deterrente, occorre provvedere in modo più pesante, sia rispetto alla quantità che - e questo è forse il metodo più importante – intervenendo sulla sospensione/revoca delle autorizzazioni.

Dal dire al fare, però, c’è sempre di mezzo il mare. Che in questo caso è il mare di denaro che questi operatori del marketing selvaggio spandono nell’economia ad ogni livello: soldi in pubblicità e sponsor e numero stratosferico di persone che lavorano per loro. Contesto in cui sembra che, di conseguenza, ci si debba rassegnare a questo gioco delle parti: violazioni delle norme, sanzioni di fatto di facciata, equilibrio tra legale/illegale, livelli occupazionali alti… tutti contenti.

Pur nella dimensione diversa, sembra di assistere a quello che il presidente Usa, Donald Trump, fa nel mondo per difendere il GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon) (e non solo): far pagare ad altri (Stati nel caso Usa) i costi della ricchezza americana. Nel nostro Stivale, la ricchezza italiana (forze lavoro ed economia più in generale) viene fatta pagare agi utenti dei questi servizi, tlc ed energia.
E’ un buon metodo? Bah!!
 
 
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