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LA POLITICA DI GIANFRANCO FINI SULLA PELLE DEI TOSSICODIPENDENTI
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Comunicato 
19 maggio 2003 0:00
 

Firenze, 19 maggio 2003. E' stato un giro elettorale abbastanza frastagliato e pieno di "alti e bassi", quello del vice-presidente del Consiglio dei ministri Gianfranco Fini in Sicilia questo week-end. Perche' ha avuto la capacita' di dire tutto e nello stesso tempo il suo contrario in materia di prossime proposte politiche sulla droga del Governo.
Ha cominciato con Palermo, dove ha accennato e fatto intendere la sua contrarieta' a quella che lui ritiene l'attuale politica morbida per l'assistenza e la cura dei tossicodipendenti. Ma, per cercare di non farsi fraintendere, una volta a Ragusa, ha detto "papale papale" che Sert e metadone saranno banditi da questa proposta del Governo. Ma quando si e' alfine spostato a Catania, ha detto: "Non e' nostra intenzione chiudere i Sert, ne' ripristinare la modica quantita'. La politica di recupero delle strutture pubbliche, a partire dai Sert non si puo' basare soltanto sul Metadone".
Chiaro, no?
Se questo e' l'andazzo non ci stupiremmo di sentir dire cose del tipo "ci vuole la distribuzione controllata di eroina" oppure "chi si droga va condannato all'ergastolo ... perche' io sono contrario alla pena di morte".
A parte le battute (che poi, tutto sommato, non sono neanche tanto campate in aria ...), siamo preoccupati non perche' uno dei massimi esponenti del Governo comunichi le sue idee e intenzioni in materia di droga, ma che lo faccia in questo modo: senza chiarezza per se' e per chi lo ascolta. Il problema tossicodipendenza non e' una cosa vaga e marginale, ma una questione sanitaria di rilevante importanza, su cui l'ultima cosa che serve e' la mancanza di chiarezza. Senza questa -indipendentemente da come la si intenda gestire- non si fa altro che peggiorare la gia' terribile situazione attuale.
Per cui se Gianfranco Fini vuole abolire i Sert e le politiche di sussistenza metadonica, lo dica chiaramente: il confronto si aprira' e trovera' una pletora di partigiani dei suoi metodi e altrettanti del preciso contrario. Un confronto che auspichiamo si manifesti ovunque, a partire dai mezzi di informazione pubblica e privata. Ma se il vice-presidente fa la banderuola, dicendo e smentendo se stesso (e questo -ovviamente- non si puo' non ripercuotere in termini istituzionali e legislativi . a parlare cosi' non e' un consigliere di quartiere, ma, per l'appunto, il vice-presidente del Consiglio dei ministri), si otterra' solo un effetto disastroso: per chi continua ad essere malato di tossicodipendenza e per il nostro sistema politico/legislativo.
Ma noi, forse, abbiamo capito l'on.Fini, perche' sta solo facendo quel gioco della politica di potere e di palazzo che lascia sempre sul campo delle vittime (i tossicodipendenti nella fattispecie): cioe' dire e non dire, fare e non fare, perche' al primo posto non c'e' la soluzione auspicata di un problema, ma solo il mantenimento degli equilibri di potere all'interno del proprio schieramento. Niente di nuovo, anzi roba molto vecchia. Ma e' proprio quel metodo che da' all'Italia il bel nomignolo di Belpaese e, sulla questione droga e tossicodipendenza, la fa essere inesistente, insignificante e squallida rispetto alle politiche e alle decisioni nel resto dell'Europa e dell'America del Nord.
Vincenzo Donvito, presidente Aduc
 
 
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