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SEQUESTRO DEL SITO "BRIGATE ROSSE"
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Comunicato 
1 aprile 2002 0:00
 
UN ATTO CONTRO LA LIBERTA' D'OPINIONE E DI ESPRESSIONE, OLTRE CHE CONTRO INTERNET

Firenze, 1 Aprile 2002. La polizia di Stato e Postale ha posto sotto sequestro il sito www.brigaterosse.it perche' nel suo forum di discussione c'erano dei messaggi che inneggiavano alle imprese terroristiche che hanno portato all'assassinio del prof. Marco Biagi.
Il sito, come dice anche il proprietario del dominio intervistato ieri da un quotidiano, un tecnico di software che lo ha aperto a scopo documentaristico, riportava tutta la storia di questo gruppo.
A parte le notizie che abbiamo letto sulla vicenda, che hanno trasformato questo sito sulle Brigate Rosse come quello delle Brigate Rosse (qualcuno e' disposto a credere che i terroristi di questo gruppo facessero la loro politica attraverso un sito cosi' denominato e di pubblica registrazione e dominio?), c'e' il fatto che e' stata fatta opera di censura: supportata dalle leggi esistenti sui reati d'opinione -quindi un atto che non sembra strabordare dai compiti di vigilanza e prevenzione a cui e' tenuta la Polizia- ma comunque censura. Anche perche' non si sono colpiti gli specifici messaggi su cui c'era l'ipotesi di apologia di reato, ma tutto il mezzo su cui questi scritti erano supportati. E' come se, al di la' dello specifico "brigate rosse", un magistrato avesse individuato che sul quotidiano, per esempio, Corriere della Sera, ci fosse uno scritto che facesse un'apologia di reato, e invece di limitarsi a denunciare lo scrivente e l'editore, avesse inibito l'uscita del quotidiano per i giorni successivi, ponendolo sotto sequestro; con anche la differenza che, mentre sul quotidiano l'editore puo' avere un controllo preventivo su quanto viene pubblicato e quindi ne e' responsabile al pari dell'autore diretto del presunto reato, non e' altrettanto per un forum di discussione in Internet, che e' tale proprio per la liberta' con cui ognuno ci scrive, sottostando ai codici civile e penale, ovviamente, ma rispondendone direttamente senza coinvolgere chi ha messo a disposizione il mezzo di comunicazione; altrimenti, seguendo la logica applicata nel nostro sequestro, non si capisce perche' la Polizia non abbia provveduto a fare altrettanto per tutta la rete di Internet, perche' e' su di essa che comunque viaggiavano i messaggi incriminati.
Non e' la prima volta che assumiamo questa difesa "scomoda" -dice il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito- perche' abbiamo fatto altrettanto ogni qualvolta ci e' sembrato che fosse messa in discussione la possibilita' di comunicare e la liberta' di opinione. Lo abbiamo fatto con dei siti facenti capo al movimento politico di destra "Forza Nuova", con il sito della Leganord (quando i leghisti del ministro Umberto Bossi erano in Internet, da cui sono spariti dopo l'ingresso nel Governo) che il sen. Ds Gavino Angius voleva far chiudere perche' nei suoi forum di discussione erano espresse posizioni antisemite e razziste, e difendendo il diritto di Yahoo a rendere disponibili anche in Francia alcuni siti di e-commerce di cimeli nazisti che sono ospitati sui suoi server negli Usa, nel pieno rispetto delle leggi di quel Paese.
E oggi lo facciamo per il sito sulle Brigate Rosse. Perche' la maturita' di un Paese e dei suoi codici, si manifesta proprio non esorcizzando con il divieto cio' che potrebbe essere una minaccia a se stesso. La liberta' d'opinione o c'e' o non c'e'. Se c'e' e' una forza e un rispetto per tutti gli amministrati, se non c'e' e' lo Stato che si sostituisce alla coscienza e conoscenza di ognuno, perche' si reputa suo nume tutelare e non ordinatore e controllore dell'esistente.
Ci domandiamo se esistono dei legislatori che vogliano porre mano, anche cominciandone la discussione, al permanere dei reati d'opinione dei nostri codici.
 
 
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