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Condominio e uso della cosa comune. Piante e fiori sui pianerottoli
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Il condominio di Alessandro Gallucci
8 agosto 2011 19:49
 
E’ cosa usuale che i proprietari di unita’ immobiliari ubicate in condominio (i cosi’ detti condomini) o piu’ in generale chi le abita (si pensi agli inquilini), abbelliscano i pianerottoli prospicienti le proprie abitazioni con piante e fiori o, comunque, con altri oggetti ornamentali. Lo scopo, evidente, e’ quello di rendere esteticamente piu’ gradevoli quegli spazi di passaggio che, altrimenti, resterebbero spogli. E’ altrettanto usuale che l’assemblea decida di decorare con quadri, specchi o piante gli atri d’ingresso. Lo scopo di queste decisioni e’ il medesimo che muove i singoli condomini. Si tratta, in entrambi i casi, di un normale uso della cosa comune. In questo contesto e’ utile domandarsi: quando sono lecite queste forme di utilizzazione?
Uso da parte dei singoli condomini
La norma di riferimento per l’uso delle cose comuni da parte dei singoli condomini e’ il primo comma dell’art. 1102 c.c. (dettato con riferimento alla comunione in generale ma applicabile anche al condominio in virtu’ del richiamo a queste norme contenuto nell’art. 1139 c.c.).
Recita la norma:
“Ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine puo’ apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.
L’utilizzazione del singolo, quindi, salvo particolari divieti contenuti nel regolamento condominiale, soggiace solamente a due limiti:
a) che l’uso della parte comune non limiti il pari diritto degli altri comproprietari;
b) che l’uso della parte comune non muti la destinazione della stessa.
La Cassazione ha specificato che "il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione, che resta affidata alla concreta regolamentazione per ragioni di coesistenza; che la nozione di pari uso del bene comune non e’ da intendersi nel senso di uso necessariamente identico e contemporaneo, fruito cioe’ da tutti i condomini nell’unita’ di tempo e di spazio, perche’ se si richiedesse il concorso simultaneo di tali circostanze si avrebbe la conseguenza della impossibilita’ per ogni condomino di usare la cosa comune tutte le volte che questa fosse insufficiente a tal fine" (Cass. 16 giugno 2005 n. 12873).
In questo contesto, pertanto, e’ sicuramente lecita l’iniziativa di quel condominio che, al fine di abbellire l’ingresso della propria abitazione, decida di apporre sul pianerottolo piante, fiori o altri oggetti ornamentali. Cio’, evidentemente, non muta la destinazione d’uso di quella parte comune la cui funzione e’ quella di consentire l’accesso alle unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva e di dare luce ed aria (laddove vi siano delle finestre). Il limite, praticamente, va individuato nel numero delle piante o delle cose: gli ornamenti, infatti, non possono escludere altri usi ai condomini o comunque togliere luce ed aria a quegli spazi.
Uso deciso dall’assemblea
Quanto alle decisioni adottate dall’assemblea, una cosa pare certa: la deliberazione con cui si dispone di abbellire l’atrio o altre parti comuni non puo’ essere considerata un’innovazione. E’ bene ricordare, invero, che alla luce di quella che e’ la nozione comunemente accettata “per innovazioni delle cose comuni s'intendono, dunque, non tutte le modificazioni (qualunque opus novum), sebbene le modifiche, le quali importino l'alterazione della entita’ sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attivita’ o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Casa., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602) [...] non e’ indispensabile che l'innovazione si concreti in un'opera di carattere materiale, perche’ la modifica della destinazione delle parti comuni non necessita sempre di nuove opere.” (cosi’ Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).
Una decisione come quella di cui ci stiamo occupando, e’ evidente, non rientra in questo concetto. Quanto alle maggioranze, trattandosi d’intervento finalizzato al miglior godimento d’un bene comune, esse in prima e seconda convocazione sono quelle indicate, rispettivamente, dal secondo e terzo comma dell’art. 1136 c.c.
La decisione assembleare sul punto, infine, puo’ essere impugnata per due soli motivi:
a) se adottata con maggioranze inferiori a quelle richieste dalla legge;
b)se quella modalita’ d’uso leda il diritto individuale dei singoli condomini sui beni comuni.
 
 
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