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Privacy e scuola. Si può usare il telefonino? Si possono pubblicare foto sui social network?
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Diritto digitale di Deborah Bianchi*
16 settembre 2010 10:13
 
 Il Garante Privacy ha diffuso in questi giorni il vademecum dal titolo “Privacy tra i banchi di scuola”.
Il problema. E’ costume diffuso tra i giovani filmare con i telefonini in classe scene di scuola quotidiana e poi metterle on line sul social network preferito: uno per tutti, Facebook.
I ragazzi hanno ancora una concezione falsata della realtà sociale in internet. Spesso ritengono a torto che la comunità frequentata in rete sia un ambito domestico chiuso alle uniche frequentazioni del gruppo dei propri amici. Non si curano di pensare alle conseguenze sui terzi delle loro bravate digitali perché le pensano come esclusivamente dirette al mondo autoreferenziale delle amicizie.
Proprio da questo equivoco di fondo sorgono i guai.
La videoripresa dell’insegnante mentre spiega con didascalie poco lusinghiere nella bacheca di Facebook; il filmato dell’ultima bullata ai danni del malcapitato di turno; la vendetta mediatica alle spalle di compagni odiosi o tiranni; sono tutti episodi che si pagano cari.
Il vademecum del Garante lancia un messaggio chiaro: diffondere via Internet immagini o registrazioni senza aver prima informato le persone coinvolte e averne ottenuto l’esplicito consenso può dar luogo a gravi violazioni della privacy dei soggetti ripresi e conseguentemente costituisce un’ipotesi di responsabilità di cui si dovrà rispondere.
Le regole. Occorre subito distinguere tra registrazione e utilizzazione della ripresa.
La registrazione è sempre permessa. L’utilizzazione è consentita entro certi limiti: se si tratta di utilizzo esclusivamente personale (ascolto della lezione a fini di studio oppure riprese della gita per averne il ricordo) non ci sono problemi; se si tratta di utilizzo a scopo di diffusione occorre ottenere il consenso delle persone coinvolte nella ripresa o nella foto.
Chi non rispetta la regola del consenso dell’interessato incorre in primo luogo nelle sanzioni del regolamento dell’istituto scolastico di appartenenza e in secondo luogo incorre nelle ben più temibili conseguenze giuridiche, come la responsabilità civile risarcitoria per violazione della privacy, la responsabilità penale sempre per violazione privacy e, se del caso, anche per il reato di ingiuria o diffamazione.
Nel dettaglio:
- attività extrascolastiche (recite, gite, saggi): filmati e foto eseguiti dai genitori o dai ragazzi sono consentiti se rimangono nell’ambito familiare o amicale;
- lezioni registrate: utilizzo per fini di studio è consentito. Un diverso utilizzo implica il necessario consenso del professore;
- cellulari in classe: sono consentiti anche se videofonini, ma solo per fini personali;
- cautele in rete: no a immagini messe in rete senza consenso espresso e no alla trasmissione di immagini via mms, rischiando una diffusione a catena che può far incorrere in sanzioni e reati.
 
Privacy e Internet: il caso Google/Vivi Down
Si tratta della video ripresa col cellulare delle molestie ai danni di un ragazzo down perpetrata a scuola da alcuni compagni di classe che hanno avuto poi l’ardire di caricarla sulla piattaforma Google Video e di diffonderla così a una quantità indeterminata di altri utenti. Appena si è assunto la consapevolezza dell’accaduto sono scattati i meccanismi di denuncia alla Procura della Repubblica di Milano. I responsabili materiali del filmato e dell’upload alla piattaforma di Google Video si sono autodenunziati a un’insegnante. L’indagine è seguita nei confronti di Google Italia e di Google Incorporation (Google USA).
Nell’ipotesi di diffusione delle videoriprese a mezzo social network è sorto il problema di capire se, oltre agli esecutori materiali della condotta, non si debba considerare in qualche modo responsabile anche la piattaforma digitale.
Nel caso Google/Vivi Down a parere del giudice milanese il provider non è solo un fornitore di servizio, ma assurge a titolare del trattamento dei dati che vengono caricati sulla propria infrastruttura tecnologica. Da qui la sentenza di condanna (Trib.. Milano 12 aprile 2010). Che però ha lasciato molto perplesso lo stesso Garante della privacy che l'ha definita tecnicamente errata.
 
Conclusioni
Nell’attesa di regole più chiare nei confronti dei titolari dei social network occorre attenersi scrupolosamente alle raccomandazioni fatte dal Garante Privacy, cercando di sensibilizzare i giovani al problema e creando una coscienza più matura sull’utilizzo delle nuove tecnologie digitali.


* Deborah Bianchi, avvocato specializzato in diritto applicato alle nuove tecnologie, esercita nel Foro di Pistoia e Firenze in materia civile e amministrativa
avv.deborah(at)deborahbianchi.it
 
 
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