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Affidamento ad entrambi i genitori e mantenimento diretto. La disapplicazione della legge
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Famiglia e individuo di Claudia Moretti
1 maggio 2009 0:00
 
Sono ormai tre anni che in Italia abbiamo una legge che prevede, in caso di separazione dei coniugi (o comunque di separazione di fatto dei genitori non sposati), i figli minorenni vengano affidati "ad entrambi i genitori", salvi i casi eccezionali di affidamento condiviso.
Che vuol dire? Vuol dire che il minore non ha piu', come da sempre aveva, un genitore (tendenzialmente la madre) con cui convive e l'altro che "visita" ad orari prestabiliti in giorni predeterminati. La legge n. 54/2006, dopo anni di elaborazione, sposa infatti la linea della integrale bigenitorialita', secondo cui non vi e' un genitore che ha compiti, diritti, doveri o responsabilita' maggiori, sul presupposto che nessuno dei due puo' sottrarsi al rapporto, anche quotidiano con i propri figli. L'obbiettivo e' interesse del minore al rapporto con entrambi, padre e madre appunto, ed ha spinto il legislatore a ristabilire l'equita' dei ruoli fra madre e padre, non solo in merito ai tempi di frequentazione degli stessi, ma anche in merito agli oneri relativi al mantenimento. Se fino al 2006 era scontato che al genitore affidatario (solitamente la madre) spettasse un assegno di mantenimento per la cura dei figli con lei conviventi, dopo e secondo tale novella l'assegno non ha piu' ragione di essere: entrambi possono e devono provvedervi direttamente e personalmente.
La scelta e' senza dubbio rivoluzionaria in un Paese dove ancora la figura femminile e' quella di riferimento nella crescita dei figli, nonche' il genitore su cui alla fine ricade l'onere e l'onore del rapporto genitoriale. Ed e' innegabile che, in un quadro sociale e culturale simile, l'assegno di mantenimento ha assolto la meritevole funzione di tutela della madre -e dei figli- nei confronti dell'eventuale disinteresse o comunque della minor auto-responsabilizzazione del padre nei confronti della prole.
Per molti padri l'assegno ha costituito un alibi per abdicare al proprio ruolo di protagonista nel rapporto con i figli, una liquidazione in denaro del tempo, delle attenzioni e della cura materiale derivanti dall'essere genitore. Per molti altri, ed e' questo il motore che ha favorito se non determinato la novella legislativa, invece, cio' ha costituito indirettamente una ingiusta privazione di un proprio ruolo, del quale, loro malgrado, sono stati esautorati.
La scelta del mantenimento diretto a carico di entrambi i genitori non ha invero ragioni solo contabili, ossia tradurre in termini monetari la tendenziale uguaglianza di tempi e costi relativi alla frequentazione dei figli per ciascuno dei due, ma trova la sua ragione primaria nello stabilire le modalita' dell'adempimento dell'obbligo diretto di cura e assistenza morale materiale, educazione, istruzione, gia' previsti dal codice civile. In altre parole, fra comprare personalmente un libro, un vestito, pagare una gita scolastica o una visita medica, e rimborsare l'altro genitore a fine o a inizio mese, si e' deciso (salve deroghe) che l'obbligo genitoriale si compia adeguatamente nel primo modo, e solo in via residuale ed eccezionale nel secondo.
Cio' che e' stato cosi' stabilito in via legislativa, tuttavia, e' pressoche' costantemente disatteso nelle aule di tribunale. Ad oggi sono rare le pronunce che osservano il precetto normativo assegnando a ciascun genitore il ruolo primario di protagonista nel rapporto con i figli, senza deleghe all'altro in cambio di assegno di mantenimento.
Cio' puo' esser il sintomo di una societa' che ancora tarda a riconoscere l'uguaglianza dell'uomo e della donna in relazione alla crescita dei figli, e che ancora mostra diffidenza verso una certa categoria di padri che fino a ieri era ben lieta di delegare alla madre la cura diretta dei propri figli. Potrebbe tuttavia anche essere il sintomo di un qualcosa di piu', ossia di un tarlo intrinseco alla legge n.54. La bigenitorialita' attiva, come pensata e disposta dal legislatore, impone una pari suddivisione del tempo di frequentazione dei singoli genitori con i figli, e non solo. Presuppone due nuclei attorno ai quali si svolga la vita del minore, due luoghi ove si realizza la sua personalita', in termini di istruzione, di socializzazione, di svolgimento di attivita' ludiche o sportive, ecc... insomma due "case", parimenti "casa". Cio' non solo e' raramente possibile da un punto di vista pratico, ma rischia, se non gestito ad arte, di costituire per il minore stesso un handicap, un limite nella crescita, per lo sballottamento al quale e' cosi' sottoposto.
Forse anche questo spinge i giudici investiti delle decisioni in materia di affidamento condiviso ad optare per un regime di "affidamento ad entrambi i genitori" con domiciliazione presso l'uno col diritto-dovere di visita per l'altro, con a carico l'assegno di mantenimento per quest'ultimo.
Il che', si capisce, rende la legge n.54 lettera morta.
 
 
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