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Il Condominio. Diritto di abitazione e casa coniugale
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Articolo di Laura Cecchini
30 luglio 2021 17:52
 
La crisi coniugale comporta, quale innegabile conseguenza, una nuova organizzazione del mènage familiare ed una riduzione delle risorse economiche disponibili e fruibili stante il pacifico e ben noto aumento delle spese certamente dovuto anche alla esigenza di reperire un ulteriore abitazione.
A tal riguardo, preme evidenziare, infatti, come la frattura che determina la impossibilità di permanere nella situazione di coabitazione e convivenza per un nucleo familiare, qualora vi sia la presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti, determini inevitabilmente la decisione sulla assegnazione dell'immobile già adibito a nido domestico.
Venendo del tema in esame, la trattazione ha ad oggetto le questioni condominiali che possono insorgere in correlazione al diritto di abitazione derivante dalla assegnazione della casa familiare per intervenuto accordo oppure con sentenza in caso di separazione e/o divorzio giudiziale.

In proposito appare utile ed opportuno procedere con un inquadramento generale al fine di consentire una compiuta successiva disamina delle problematiche che possono emergere, tanto nella gestione del condominio quanto nei rapporti tra i coniugi.

Assegnazione casa coniugale e diritto di abitazione: personale o reale?
In via preliminare è appropriato rilevare che la assegnazione della casa familiare in sede di separazione e/o divorzio in favore del coniuge collocatario dei figli (spesso in prevalenza) configura un diritto di abitazione di natura personale.
Che cosa significa?
Il diritto personale di abitazione si differenzia dal diritto reale di abitazione poiché nel primo caso tale diritto è strettamente correlato e previsto in funzione e nell'interesse dei figli, non del genitore affidatario/assegnatario, con la conseguenza che non è legato al bene ed è intrasmissibile.
A conferma e giustificazione della natura personale, è sufficiente pensare che l'assegnazione viene meno se non più legata alla tutela ed esigenze dei figli, o meglio, quando il rapporto con la casa familiare risulta reciso ovvero quando la casa familiare non costituisce più l'ambiente domestico necessario a garantire, nella quotidianità, il riferimento affettivo utile e di sostegno ad una crescita sana (Cass. Civ.n.16134/2019)
Nel caso di diritto reale abitazione di cui all'art. 1022 Cod. Civ., la differenza attiene alla circostanza per cui detto istituto <ha le sue origini nell'usus domus del diritto romano classico, ha natura reale e quindi può essere costituito mediante testamento, usucapione o contratto, per il quale è richiesta ad substantiam la forma dell'atto pubblico o della scrittura privata (art. 1350, n. 4, c.c.)> (Cass. Civ. n.4562/1990) oltre alla applicazione delle norme relative all'usufrutto in ragione del richiamo espresso di cui all'art. 1026 Cod. Civ. per cui è indubbio il legame con il bene.

Legittimazione passiva per oneri condominiali
In ordine ai riflessi nel contesto condominiale del diritto abitazione come personale o reale, ciò che rileva, primariamente, è l'aspetto relativo alla legittimazione passiva nei confronti con il condominio.
Invero, quando si tratta di diritto di abitazione della casa familiare, se l'assegnatario non è anche comproprietario, si configura un rapporto analogo alla locazione.
Ne deriva che il coniuge beneficiario non potrà essere destinatario di atti di messa mora dall'amministratore di condominio motivo per cui ne risulterà unico legittimato diretto alla ricezione il coniuge proprietario.
In tale situazione, resta chiaramente fermo il diritto di rivalsa, proprio come nei rapporti di locazione, nei confronti del beneficiario della casa in quanto utilizzatore dei beni e servizi condominiali, salvo un diverso accordo cristallizzato con la separazione e/o il divorzio.
Pertanto, in assenza di un titolo di comproprietà il condominio dovrà agire per il pagamento degli oneri condominiali imputabili all'immobile oggetto di diritto di abitazione personale solo verso il proprietario anche se non utilizzatore dello stesso all'uopo rammentando che le obbligazioni derivanti dal condominio, ovvero dall'esserne parte, configurano una obbligazione propter rem, ovvero nascono e gravano sul soggetto per il solo fatto della titolarità del bene immobile
Al contrario, quando ricorre o si configura la fattispecie codificata all'art. 1022 Cod. Civ. che disciplina il diritto reale di abitazione, il legittimato passivo a ricevere le intimazioni di pagamento dal condominio è il titolare dello stesso in solido con il proprietario.
Parimenti, non possiamo certamente ignorare che, diversamente, la casa coniugale sia pur oggetto di un provvedimento di assegnazione nei confronti di uni dei coniugi è in comproprietà, entrambi saranno legittimati passivi e risponderanno in solido tra loro per debiti condominiali, verso i quali l'amministratore ha il buon diritto di rivalersi, indistintamente.

Accollo spese condominiali tra le parti e diritto di regresso
Come accennato, nella redazione degli accordi di separazione, sovente, unitamente alla assegnazione dell'immobile, viene definito anche l'accollo o riparto di utenze e oneri condominiali.
Tuttavia, una simile concertazione può avere esclusivamente valore vincolante nei rapporti interni tra i coniugi e non verso il condominio o terzi.
In concreto, quindi, a prescindere dalle intese occorse, il coniuge proprietario non assegnatario dell'immobile sarà gravato dall'obbligo di corrispondere quanto richiesto dall'amministratore per gli oneri condominiali maturati, anche di natura ordinaria e per l'intero, nel caso in cui la moglie risulti morosa.
Ad ogni buon conto, comunque, potrà essere avanzato verso l'effettivo utilizzatore il diritto di regresso per il recupero delle somme pagate.
(da Condominiowe.com)

 
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