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Prima casa. Come salvaguardarla dall'azione del fisco. Dubbi normativi
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Articolo di Isabella Cusanno
6 agosto 2017 18:31
 
 Quello che il contribuente si aspettava, dopo la pubblicità che era stata fatta sugli esiti dell’intervento legislativo del decreto del fare n. 69/2013, era di essere riuscito a salvaguardare la propria casa di abitazione dall’azione del fisco e degli enti pubblici territoriali ed economici.
Sappiamo ormai con assoluta certezza che in realtà i sistemi di tutela che la giurisprudenza era riuscita a determinare in favore del contribuente fino al 2011 erano decisamente di maggior efficacia di quanto potrà mai esserlo il decreto del fare del 2013..
Sappiamo tutti che l’art. 76 del dpr 602/73 come modificato, l’agente della riscossione non da’ corso all’espropriazione solo se l’immobile è unico immobile di proprietà di colui che lo abita e vi risiede stabilmente, ad eccezione degli immobili di lusso.
Ma nel caso in cui l’immobile, unico e solo di proprietà del debitore, sia adibito ad abitazione e residenza in comodato d’uso di uno stretto, strettissimo parente del debitore quid iuris?
In passato, prima della riforma, non ci sarebbero stati dubbi: l’equiparazione era scontata.
Le perplessità e le note dolenti non si limitano a questo e vanno ben oltre. Gli Agenti di riscossione (nelle varie accezioni che si sono sovrapposte in questi pochi anni) hanno convinto molte commissioni tributarie che la norma in questione abbia modificato la natura dell’ipoteca trasformandola in cautelare.
Ricordiamo che la Cassazione a sezioni unite 4077/2010 aveva posto fine a questa diatriba definendo l’ipoteca posta in essere dall’agente di riscossione come strumentale alla esecuzione, certo la scelta aveva lo scopo di rendere possibile la difesa del contribuente altrimenti schiacciato dalla pretesa creditoria erariale contro la quale non aveva molte possibilità di opposizione, ma questa motivazione non è né illegale né incostituzionale, anzi tutto il contrario ed è lo scopo principale della giustizia di uno stato di diritto.
Ma davvero il decreto del fare del 2013 ha cambiato il ruolo e la natura dell’ipoteca accesa dall’agente di riscossione? A parte le letture fornite da alcune commissioni tributarie e dall’agente di riscossione, l’ipoteca disegnata dal decreto del fare non è diversa da quella precedente. Leggendo in modo approfondito la norma è evidente che il legislatore individua due ipoteche: quella strumentale all’esecuzione come descritta dalla Cassazione a sezioni unite del 2010 e quella cautelare.
Quest’ultima può essere messa in essere solo in determinate circostanze..
Quali? Gli agenti della riscossione e alcune commissioni tributarie insistono che la norma prevede che è possibile accendere ipoteca cautelare sulle case di prima abitazione, quelle che avrebbero dovute essere salve da ogni attacco da parte dell’esecuzione erariale e assimilata.
Quindi la riforma non ha messo in salvo il bene primo del debitore dalla riscossione erariale e degli enti assimilati, al contrario ha in definitiva peggiorato la sua situazione sospendendo gli esiti dell’esecuzione e facendo pendere sulla sua testa la spada dell’espropriazione senza limiti di tempo.
I danni di una applicazione della norma in questo senso non sono da poco: restrizione della capacità di difesa del debitore costretto a subire un’azione cautelare all’infinito, indebito svuotamento del valore del bene, depauperamento oltre il dovuto del patrimonio del debitore, ingessamento delle condizioni economiche generali, impossibilità di accedere al credito, coinvolgimento dell’intero ambito debitorio del contribuente esecutato, e perfino impossibilità per il debitore di cambiare domicilio o residenza anche per motivi collegati al lavoro.
Il danno è notevole e coinvolge l’intero assetto sociale che ruoti intorno al debitore.
Ma è davvero così?
Davvero la norma prevede questo?
Abbiamo già detto che le ipoteche previste dalla norma sono due: l’ipoteca strumentale all’esecuzione o se si preferisce che ha come atto successivo dovuto l’espropriazione e l’ipoteca cautelare.
La norma dice:”L'agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, puo' iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all'espropriazione di cui all' art. 76, commi 1 e 2, purche' l'importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro“.
“Anche quando non si siano ancora verificate le condizioni per procedere all’espropriazione“.
Le condizioni per procedere all’espropriazione, ossia condizioni positive, facilmente risolvibile e perché tutte coincidono con il limite minimo di esecuzione, sono a nostro parere quelle di cui all’art. 76 comma 1 lettera b e del comma 2 medesimo articolo : entrambi anche nella previsione e contemperazione dell’articolo successivo individuano condizioni di procedibilità.
Il testo di cui all’art.76 comma 1 lettera a e a bis, invece sono elementi ostativi, di esclusione dall’azione esecutiva e quindi non può essere ammissibile una ipoteca cautelare la cui durata diventa addirittura infinita. La dizione della lettera a riguarda appunto l’inizio della procedura a carico della prima, unica ed effettiva casa del contribuente esecutato.
Se davvero dovessimo dar corso ad una diversa ed opposta lettura della norma, le cui finalità diventerebbe opposte a quelle tanto pubblicizzate, perché non certo serve a tutelare il debitore e la sua casa, allora sarebbe indispensabile chiedere l’intervento della Corte Costituzionale onde evitare una nuova istituzione di una sorta di fedecommesso in favore dell’agente di riscossione..
Ma come si è espressa la Corte di Cassazione in merito? Nello specifico non risultano ancora sentenze.
Ma relativamente a questioni di diritto intermedio, sono state emesse due sentenze di notevole interesse: la sentenza n.19270/2014 che specifica che con la nuova legge l’esecuzione non può avere né inizio né corso; la sentenza a sezioni unite n19667/2014 che invece infligge un duro colpo a tutto quanto argomentato non tanto con riferimento alla norma di cui sopra la cui lettura esposta è certamente in linea con quanto già dedotto e con le sentenze della Cassazione già indicate, quanto nella collocazione dell’ipoteca che assume più che un ruolo cautelare un ruolo coercitivo, e ad sostegno di questa tesi la Cassazione nel 2014 prende le mosse dalla riforma del giudizio tributario che indica fra gli atti autonomamente impugnabili anche l’avviso di iscrizione ipotecaria.
A questo punto il problema si mutava in un assillo più pungente: quale era il giudice competente per l’opposizione? La nuova sentenza a sezione unite della Cassazione nel 2015 (15354) : così si esprime sulla sentenza precedente:
E’ appena il caso di evidenziare che il cambio di prospettiva sotteso all'arresto n.19667 del 2014 è tanto più significativo, ai fini che qui interessano, in quanto, da un lato, la disciplina dell'ipoteca, a differenza di quella del fermo, è collocata nel Capo II, all'interno cioè delle nome sull'espropriazione forzata, e, dall'altro, l'adozione della misura, se l'importo complessivo del credito per cui si procede non supera il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione, è atto dovuto.
Anche la Cassazione insomma ha dubbi su se stessa
Ma alla domanda quale giudice è competente, la Cassazione a sezioni unite nel 2015 si riappropria di competenze per materia e valore lasciando alla giustizia tributaria solo quanto di sua stretta competenza. Ai fini del contribuente non cambia molto.
Dunque seppure l’ipoteca è atto coercitivo cautelare, cosa che non mi vede assolutamente d’accordo come non lo è neppure la Cassazione del 2015, a ben vedere, rimane il fatto che deve ritenersi escluso, ai sensi di legge, dalla applicabilità alla casa di abitazione perché escluso dalla dizione dell’art.77 comma 1 lettera a.
Si consideri inoltre che il decreto del fare del 2013 era antecedente alle sentenze del 2014 e 2015 e che invece nessuna di queste riguardano in specifico la questione dell’ipoteca sulla prima casa.
Diversamente, se dovessimo considerare l’ipoteca atto coercitivo posto in modo indefinito sulla prima casa a vantaggio dell’agenzia delle entrate, ente in grado di controllare sia le opposizioni alla sue pretese che le esecuzioni alle stesse, allora evidentemente dovremmo fare carico della questione sia la Corte Costituzionale che la CEDU.
 
 
 
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Direttore Domenico Murrone
 
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