Non so se sono irriverente. Non sarebbe mia intenzione, anzi. Mi sento invece molto preoccupato. La mia preoccupata ansia non nasce perché il Presidente del Consiglio dei Ministri ha chiuso tutto, ma perché lo ha fatto da avvocato (uomo di legge) e non da politico. Mi riferisco alla cosiddetta
autocertificazione dei motivi di esenzione alle uscite di casa. Uno può certificare da solo che esce per: comprovate esigenze lavorative; situazioni di necessità; motivi di salute; rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Durante la conferenza stampa di ieri, a chi obiettava che l’autocertificazione non fosse il mezzo più efficace in un paese dove i furbetti non mancano, il Presidente ha risposto da avvocato (uomo di legge) e non da politico. Ha cioè detto che l’autocertificazione ormai da anni è accettata come atto che regola i rapporti tra stato e cittadini; quindi chi si autocertifica deve dire la verità, perché se dopo un eventuale controllo risulta che ha detto il falso, nel caso di questa emergenza, commette tre reati. Uno, ha detto il falso, due, è uscito di casa senza motivo, tre, mette a rischio la salute di altri. Tutto a posto, un grande atto di governo, ma senza responsabilità politica, solo quella legale. Lui continua a fare l’avvocato degli Italiani e non il Presidente del Consiglio dei Ministri. Non indirizza nulla, non dà segnali forti, parla un po’ meglio di Azzeccagarbugli, ma la confusione è la stessa. E non poca. Anche i detenuti che stanno protestando e quelli che sono scappati di galera hanno commesso reati. Potrebbero autocertificare di averlo fatto per: comprovate esigenze lavorative; situazioni di necessità; motivi di salute; rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza. Soprattutto la seconda, mi pare cogente.