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L’irriverente legge i giornali e fa il Candido
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L'irriverente di Vincenzo Donvito
7 ottobre 2017 9:39
 
 Sono un grande lettore di quotidiani e libri, cartacei e non solo, ogni tanto mi concedo un settimanale. Ma non e’ che li leggo tutti e, a parte le agenzie stampa, non sono un fan delle rassegne stampa. Sono mediamente in grado, quindi, di presumere quali possano essere le notizie rilevanti che la mattina, quando sfoglio i quotidiani, dovrebbero esserci, e mi leggo gli approfondimenti, le opinioni e i commenti. E’ vero, per la politica sono piu’ attento a quella europea ed internazionale, con un buon occhio per la locale e mediamente allergico a quella nazionale; per la cronaca, dopo una particolare attenzione per quella scientifica, leggo titoli e sottotitoli, soffermandomi sulle notizie che mi sembrano piu’ socialmente innovative. Ah, le lettere dei lettori: leggo tutti i titoli e mi soffermi su quelle piu’ curiose, distrattamente leggendo le risposte che vengono fornite. A questo punto, piu’ di qualcuno dira’: chi se ne frega del tuo metodo, forse -talvolta, di rado- mi interessa cio’ che poi estrai, rielabori e ricerchi da questa tua base; “son contento per te”, diranno i piu’ burloni. Come dargli torto? E allora, perche’ tediare lo sparuto gruppetto di lettori che e’ riuscito ad arrivare fin qui? Per un semplice invito alla riflessione da parte di un irriverente che continua a credere che, in politica e nella vita, il metodo sia piu’ importante dei fini, dei valori e di quelli che alcuni chiamano i paletti, altri il pantheon, per tanti “i santi in paradiso”.
Una filosofia del metodo.
Che non puo’ che essere irriverente.

Ricordo un funerale, quello di mio padre: dopo la tumulazione, gli amici e parenti assiepati all’uscita del cimitero dove campeggiava una scritta tipo “vanno verso l’eternita’” e, siccome urgeva distribuirsi tra i vari mezzi che riportavano al paesello gli uni e gli altri, e quasi tutti parlavano tra di loro ignari degli inviti degli autisti, il mio amico Andrea “oh, non e’ che dobbiamo aspettare finche’ arrivano...”. Un riso liberatorio e tutti nelle varie automobili. Mi sono sentito come se fossi nel film “Amici miei” di Mario Monicelli. Ma quella frase irriverente aveva coinvolto tutti, anche i piu’ bacchettoni che facevano saltellare il rosario tra le mani e che quando parlano sembra recitino le classiche preghiere per la salvezza bla bla. Ecco, un filo conduttore, il metodo, che rispetta e solletica tutti, anche quella antipatica e razzista zia che, bofonchiando “pero’, quell’Andrea….”, si e’ adeguata alla transumanza verso il paesello e non si e’ sentita violentata.
Se ci piace vivere in democrazia e crediamo -come le arance in rapporto alla vitamina C- che ci faccia bene, l’attenzione e la cura al metodo e’ tutto. Sono i contenitori del metodo che ci fanno crescere e non dovrebbero violentarci fin negli istinti piu’ primordiali, tipo la sopravvivenza e l’alimentazione delle idee. Certo, queste ultime non sono una cosa astratta innata, nascono e si formano rispetto al contesto sociale ed affettivo. Ma un contenitore del metodo deve giocoforza operare un po’ “all’ingrosso”, si’ da essere accettabile da ognuno e non rispecchiare le idee dei presunti piu’ forti.
Sono consapevole di fare un ragionamento da Candido di Voltaire. Lo rivendico. E per poter continuare a farlo, occorre esserci, osservare in modo irriverente il proprio quotidiano e quello di chi ci circonda. Irriverenti e’ un metodo di comunicazione. L’alternativa e’ il metodo di quelli che sono -come si dice, improprio a mio avviso- sempreseri (scritto tutto attaccato, come i “sempreverdi”). Del resto, se pensiamo alla storia e al mondo di oggi: non sono sempreseri i piu’ grandi flagelli (umani e non) che ci attanagliano? E, al contrario, non sono irriverenti quelli che ci attraggono e ci fanno riflettere, rendendoci piu’ leggeri e disponibili?
 
 
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