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Un Divino che ride
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
18 marzo 2015 12:31
 
 Devo alla cortesia di “Diaspora evangelica”, il bimestrale delle Comunità evangeliche fiorentine, il permesso di proporre a chi passa da questa rubrica il testo di un midrash (cioè un racconto ebraico che ha lo scopo di approfondire e interpretare la Scrittura) molto interessante. In esso, infatti, è visibile la relazione che gli Ebrei hanno con il loro Dio (JHWH), di cui,  per rispetto e timore reverenziale, non pronunciano il nome proprio, ma col quale si rapportano con grande libertà, e, a volte, anche con una certa quale irriverenza. Tanto che, a un certo punto, narra questo midrash, Dio sorride, compiacendosi della libertà (leggi: senso di responsabilità) delle sue creature.

Ecco dunque il testo ripreso da “Diaspora evangelica” 1/ 2015 dal titolo “Charlie Hebdo e un divino che ride”:

“Nella strage subita dai disegnatori e redattori della rivista satirica francese, una delle vittime si chiamava Elsa Cayat, di mestiere psicanalista, ebrea riformata francese. Nel corso sui suoi funerali la rabbina Delphine Horvilleur ha attualizzato un midrash tradizionale.

Il Talmud racconta di un celebre dibattito tra grandi sapienti nella casa di studio. Essi discutono come sanno fare davvero bene. Il tono aumenta e ognuno difende con passione e virulenza il proprio punto di vista. Immaginate l’ambiente di un incontro di redazione a Charlie Hebdo, trasportato nel mondo della Yeshiva.
Rabbi Eliezer a un certo punto dice: “Ho ragione io, certamente ho ragione. Per provarlo, che questo albero sia immediatamente sradicato!”. Immediatamente l’albero viene sradicato e ripiantato cento metri più in là. Reazione degli altri rabbini: alzano le spalle! “E allora? Questo non prova niente!”.
Allora Rabbi Eliezer continua la sua dimostrazione: “Se ho ragione, che le mura della casa di studio crollino su di noi!”. Immediatamente le pareti della Yeshiva cominciano a crollare. Gli altri sapienti si girano verso i muri e dicono loro: “Di che vi immischiate? Questo è un dibattito tra sapienti, non muovetevi e restate al vostro posto!”. I muri si immobilizzano. A corto di argomenti, rabbi Eliezer fa appello a Dio stesso e dice: “Se ho ragione, una voce celeste lo confermi!”. Immediatamente una voce celeste annuncia: “Rabbi Eliezer ha ragione”. Silenzio nella casa di studio.
Allora si alza un uomo, Rabbi Yoshoua, e si rivolge a Dio: “Questa discussione non ti riguarda! Tu ci ha affidato una legge, una responsabilità, ora esse sono nelle nostre mani. Resta lontano dalle nostre discussioni”.

Ecco come i rabbini del Talmud parlano a Dio, con una certa insolenza, dicendogli: “Non ti mettere in mezzo, nelle discussioni umane, perché la responsabilità che ci hai dato è ora nelle nostre mani”.
Questo episodio si conclude in un modo ancora più strano, con la reazione di Dio. Udendo questo, afferma il Talmud, Dio si mette a ridere e dice con tenerezza: “I miei figli mi hanno vinto!”.
E’ la storia di un divino che ride e si rallegra di una umanità impertinente, di un Dio che si tiene a distanza ed è contento che gli si dica: il mondo è “ateo”, nel senso letterale del termine. È un mondo dal quale Dio si è ritirato perché gli esseri umani ne diventino responsabili. Questo Dio non è il Dio degli ebrei ma il Dio di tutti e tutte quelle che, credendo o non credendo, considerano che la responsabilità è fra le mani degli esseri umani, e in particolare di coloro che interpretano i suoi testi. Insomma, un Dio di libertà
”.
(Delphine Horvilleur, Parigi gennaio 2015)
 
 
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