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Gorino: e se fosse provvidenziale?
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
26 ottobre 2016 16:45
 
 Quando sono venuta a sapere delle barricate a Gorino (avamposto ferrarese sul delta del Po) per respingere dieci donne nigeriane, di cui una incinta, e otto bambini, mi sono detta che, se in Italia si comincia ad avere paura di migranti donne e bambini, vuol dire che siamo messi parecchio male.
Ma ho aspettato per approfondire la questione, ho letto alcuni articoli del giorno dopo, tra cui “Tra le barricate di Gorino …” l e mi pare di avere fatto bene. Pur rimanendo dell’idea che l’episodio è quantomeno grottesco, ora tuttavia mi dico: e se fosse provvidenziale?
Fosse, cioè, un richiamo forte alle autorità civili, e anche religiose, a tenere conto delle realtà specifiche delle zone e delle popolazioni dove si intendono “ospitare” i profughi? Che, è bene precisarlo con buona pace di Salvini & Co, nel momento in cui sono presi in carico dalle autorità statali, “clandestini” non lo sono né poco né punto.
Se fosse, dunque, pur nella sua evidente brutalità, un richiamo severo a tutte le autorità perché parlino con le comunità, in cui vorrebbero alloggiare i profughi? Perché spiegassero loro quante e che tipo di persone vorrebbero mandare (uomini da soli e giovani o donne con bambini, o coppie con o senza figli?) e quale tipo di presenza di mediazione culturale vorrebbero offrire, in modo che gli ospiti ospitati possano imparare velocemente le regole della convivenza degli ospiti ospitanti ed entrare nella miglior relazione possibile con loro? E quale impegno vorrebbero prendere, le autorità, per fare apprendere l’italiano a queste persone, che non sempre conoscono una lingua veicolare, come l’inglese o il francese, ma, anche se la conoscono, non è detto che la conosca la comunità locale, la gente che dovrà rapportarsi a loro?

Perché, in questi ultimi mesi mi è capitato di imbattermi in articoli che segnalano situazioni molto differenti.
C’è, per esempio, l’esperienza di Riace (Reggio Calabria), di cui si dice che i migranti hanno ridato vita alla cittadina che stava spegnendosi, e il cui sindaco, Mimmo Lucano è stato inserito dal settimanale statunitense “Fortune” al quarantesimo posto della classifica dei leader che cambieranno il mondo, per non parlare del fatto che questo modello è oggetto di studio in tutta l’Europa.
Oppure c’è Ormea, un comune di circa 1600 abitanti nel cuneese, che offre un’esperienza analoga a quella di Riace, e dove, dalla iniziale paura verso i profughi (35 giovani africani arrivati nel settembre 2015), si è passati, nel giro di un anno, a riconoscerne l’integrazione e l’utilità per il paese, specialmente nella cura dei castagneti, sancita da un articolo su “La Stampa” e dalla successiva lettera  di un abitante originario della cittadina.
Ma, accanto a esempi di questo genere, che spero siano davvero numerosi, ho letto anche delle segnalazioni alquanto problematiche.
Una realtà che può virare in positivo, come le due precedenti, ma anche no, mi pare quella segnalata sull’Appennino Reggiano, a Cervarezza, dove nel settembre scorso sono stati accolti 21 profughi politici, di cui la maggioranza donne, dove sembra però che le autorità statali abbiano lasciato all’Amministrazione comunale la gestione dei problemi pratici (insegnamento lingua italiana, e altro).
Analoga mi pare la situazione di Morbello, nell’alessandrino, in una frazione del quale (Costa), sono stati mandati, nel settembre scorso, venti profughi africani, di cui diciotto sono uomini tra i 20 e i 25 anni, con solo una coppia di sposi di una quarantina d’anni. Non sarebbe un numero elevatissimo, se non fosse che nell’inverno la frazione è abitata da 31 abitanti in maggioranza pensionati e che il luogo è alquanto isolato. E la dinamica, a quanto racconta il sindaco, ricorda da vicino quella dell’imposizione prefettizia, del tentativo autoritario di mettere la gente davanti al fatto compiuto, a cui si sono ribellati gli abitanti di Gorino. Un atteggiamento, quello delle autorità, che è altrettanto mancante di rispetto della gente come la reazione dei barricaderi sulle sponde del delta del Po.
Ecco, mettiamola così: questa migrazione di popoli è al momento inarrestabile e non costituisce più un’emergenza, ma una quotidianità. Certamente l’Italia da sola non può gestirla (Europa, ci sei?), ma può e deve fare ciò che evidentemente non ha ancora fatto, e cioè partire dalla conoscenza vera del territorio, del suo tessuto sociale, delle risorse economiche e umane dei luoghi, in cui si potrebbero e vorrebbero sistemare i profughi.
In pratica, capovolgere completamente il sistema che sembra attualmente dominante, coi prefetti “padri/patrigni padroni” (abbandonati peraltro a se stessi) e anche i vertici ecclesiastici, a volte, un po’ troppo pronti a gettare la croce (!) addosso a chi non si dimostra “accogliente”, mentre bisogna ragionare con le persone, mettersi anche nei loro panni che oggi sono intrisi di paure - vere o immaginarie conta poco -, e dal di dentro muovere le obiezioni possibili cercando insieme il modo giusto di praticare l’accoglienza richiesta dalla Civiltà e dall’Evangelo, senza calpestare però le legittime esigenze di avere il necessario sostegno (non è un caso che il parroco di Gorino, sia pur molto dispiaciuto per l’increscioso spettacolo dato da alcune delle sue pecorelle, sia piuttosto cauto nel valutare la situazione).

Tutto il contrario, a ben vedere, dalle levate di scudi leghisti, perché, passato il momento di ribellione a una cosa sentita come prepotenza, mi sembra che lo stato d’animo del giorno dopo cominci a nutrirsi più di ragionamento che di insulti.

Sarebbe bello che adesso gli abitanti di Gorino, in particolare quelli mostratisi più facinorosi, si risolvessero a chiedere scusa alle giovani donne respinte e riflettessero se ci sia nella loro comunità un qualche spazio, pur piccolo, per accogliere e fare integrare anche solo un paio di migranti, come, si dice abbiano fatto con i profughi bosniaci al tempo della guerra nella ex Jugoslavia.
Ma è chiaro che il problema messo in luce qualche giorno fa in modo così crudele e anche grottesco esiste, è più grande dei singoli individui anche meglio intenzionati e delle diverse comunità, anche le più generose, e va affrontato con umiltà ricominciando tutto da capo, a partire dal vertice del Viminale.
Capito, ineffabile Angelino?




 
 
 
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