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L’aria è leggera. Bisogna vivere leggeri”.
Se a qualcuno questa frase può apparire senza importanza, forse banale, quando avrà saputo chi l’ha detta, probabilmente cambierà idea.
Me la ricorda un’amica a proposito del marito, morto tre mesi fa dopo una malattia breve, ma di quelle che non lasciano scampo.
Stiamo parlando al telefono e il discorso cade sull’ansia che assedia spesso tutte e due e che, avvolgendoci nelle sue spirali da incubo, rischia di non farci vedere le cose belle che abbiamo davanti e di goderne.
E lei, a quel punto, cita questa frase che, mi confida, considera un lascito, forse il più importante, del marito. E aggiunge che lui, per come lo ha conosciuto nei quasi 50 anni di vita in comune, lui, con leggerezza non doveva avere mai vissuto.
Io mi scrivo quelle parole semplici e dense. Dense, pregnanti, perché lui le ha dette un mese prima di morire, perfettamente cosciente della sua situazione che aveva un solo sbocco, quello del congedo da questa terra e dai suoi cari, la moglie e il figlio e la ragazza del figlio, che hanno avuto il privilegio di stagli accanto momento per momento, in uno scambio amorevole come forse raramente era accaduto prima.
Hai ragione, Simone,
l’aria è leggera. Bisogna vivere leggeri. Va assecondata, l’aria, è bene farsi portare da essa, come da un lieve vento che ci culla con gratuità. E con gratuità anche noi culliamo gli altri che abbiamo o ci capitano accanto, anche inattesi. Così, senza pretesa di fare alcunché;
solo vivendo leggeri.