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PIU' CHE VECCHI NON SI CAMPA. OVVERO: MA COME SI CAMPA FINO AD ALLORA?
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 ottobre 2003 0:00
 
Non e' da molto che si sono spenti gli echi delle lamentazioni, prima mediatiche e poi governative, sui poveri vecchi morti per il caldo di questa estate e, nonostante qualche sporadico gesto privato, come le dimissioni, in Francia, del direttore generale della Sanita', mi pare che niente sia cambiato davvero; ne' che ci siano segni che suggeriscano che qualcosa stia cambiando o che stia per cambiare. Semplici scoppi di superficiale emotivita', dunque? Personalmente non ho dubbi. Del resto, come dice un antichissimo adagio: "PIU' CHE VECCHI NON SI CAMPA", e moltissimi di questi vecchi caduti nell'estate 2003 erano proprio vecchi che piu' vecchi non si puo': dai 78-80 anni ai 101, come ho potuto constatare leggendo i necrologi che, nella cittadina dove abito, l'Amministrazione comunale fa raccogliere in apposite bacheche sparse nei vari quartieri.

A mente tranquilla, forse, possiamo porci qualche domanda interessante.
Che cosa ci autorizza a dare la colpa al caldo, sia pure eccezionale, per il fatto che quest'estate ci sono stati, nella popolazione anziana, piu' decessi rispetto agli ultimi dieci o vent'anni? Oppure, in concomitanza o alternativa, dare la colpa alle autorita' sanitarie?
In primo luogo, non puo' essere che fatalmente ci troviamo a contare piu' morti anziani per il semplice fatto che un numero sempre maggiore di persone raggiunge eta' ancora impensabili fino a qualche decennio o anche solo qualche anno fa? Leggo che l'aspettativa di vita oggi e' di 83 anni per le donne e 77 per gli uomini, e mi accorgo di essere rimasta terribilmente indietro, dato che avevo ancora in mente 80 anni per le donne e 73 per gli uomini.
E' logico: non intendo negare che in una condizione gia' precaria di suo, quale e', comunque, una vecchiaia avanzata, basti davvero poco a far pendere la bilancia dalla parte del decesso. Come basta una piccola piega nel tappeto a far cadere rovinosamente una persona anziana, possono bastare anche alcuni gradi di temperatura in piu' per una sua caduta definitiva. Tutto cio' fa parte del rischio di vivere, e chi puo' affermare che la vecchiaia non sia ad altissimo rischio?
E quindi e' auspicabile e giusto che le trascuratezze e le carenze nei confronti della popolazione anziana, che sono state messe in evidenza anche nel nostro Paese qualche settimana fa, siano oggetto di scrupolosa verifica e siano prontamente superate, mettendo a disposizione dei vecchi soli, ma anche delle famiglie che li accudiscono, le risorse necessarie in termini di denaro e di personale. Ma come sara' possibile cio', viene subito da chiedersi, quando la tendenza attuale della politica governativa e' esattamente di segno opposto? Come si fara' a rispondere ai bisogni effettivi e crescenti della maggioranza dei vecchi, che e' a reddito medio-basso, nel momento in cui si sta smantellando lo Stato sociale, e si diminuiscono in continuazione gli addetti a tutti i servizi di utilita' pubblica? Nel momento in cui, anche chi ha messo da parte dei risparmi in previsione della vecchiaia, questi risparmi se li trova divorati dalla voracita' di un sistema bancario, finanziario ed economico di una ristrettezza mentale che e' impossibile trovare un aggettivo valido per definirla in tutta la sua stupidita', che confina con la pura delinquenza -ammesso che non vi abbia gia' sconfinato.

Ed e' qui, mi pare, che s'impone un'altra domanda molto seria.
Piu' che vecchi non si campa; il che significa che non si puo' rinviare piu' di tanto la dipartita.
Ma: fino ad allora, come si campa?
Qualcuno molto bene, non c'e' dubbio, e continuera' cosi' fino alla morte, che comunque, a un certo punto, arrivera' -e non e' detto delicatamente e in punta di piedi- nonostante i sistemi di allarme delle abitazioni, le stanze riservate in cliniche lussuose e ogni altro dispendioso espediente.
Ma sono molti, sempre di piu', addirittura troppi coloro che vedono erodere o proprio scomparire quella che, fino a ieri, poteva chiamarsi una certa qual agiatezza, o, comunque, tranquillita'. Su molti giornali, anche di diversa tendenza partitica, si leggono sempre piu' spesso interviste a uomini e donne che ormai stentano a far quadrare il bilancio familiare. A essere imputato, questa volta, e' l'euro, o meglio, gli abusi commessi qui in Italia soprattutto dai commercianti, ma anche dai servizi pubblici, nel passaggio dalla vecchia alla nuova moneta. Ma un'analisi del genere non e' un po' superficiale? Non vi sono anche altri fattori concomitanti? Quanto peso ha, infatti, anche la spinta promossa e pubblicizzata dallo Stato a spendere per spendere (poi cos'e' che gira davvero: l'economia o qualcos'altro?), oppure a giocare a questo, quest'altro e quell'altro ancora, nella speranza di una vincita colossale -nella certezza, in realta', di un piu' rapido impoverimento?
E come valutare l'esatto peso anche psicologico dell'impossibilita', oggigiorno, di salvaguardare il potere d'acquisto dei nostri risparmi di persone comuni -per non parlare di una loro equa remunerazione, cosa che, comunque la si rivolti, e' semplicemente disperante?
E la precarieta' del lavoro, e quindi di uno stipendio su cui contare mese dopo mese, dove la mettiamo?
E ... lascio il posto per ogni altra domanda che ciascuno puo' inserire partendo dalla propria insostituibile esperienza.

Non sara' finalmente il caso di spalancare gli occhi sulla realta' nuda e cruda del nostro presente alla quale, finora, abbiamo tentato di sfuggire, che so, andando a sentirci nababbi nei cosiddetti Paesi in via di sviluppo?
E non sara', quindi, il caso di rimboccarci le maniche? Non per fare a pugni con i mulini a vento (ce ne fossero! Avremmo piu' energia elettrica e piu' a buon mercato), ma per corrispondere a questa realta' con intelligenza umana, individuando e sventando le trappole della suggestione che in mille modi rinviano la vita vera, la vita felice, a domani, quando avrai intascato gli interessi di meravigliose obbligazioni argentine ....
Ma la vita, quella vera e unica che abbiamo, non e' ora, questa qui, cosi' com'e'? Non e' con le persone, giovani e vecchie, accanto a cui -felici o anche un po' seccati- ci ritroviamo? E che cosa, dunque, dobbiamo aspettare? Perche' non vedere il potere che, nonostante tutto, abbiamo, e forse stiamo usando molto male? Non solo, ovviamente, quello elettorale, ma quello di agire con rispetto, di se', degli altri, dell'ambiente, in ogni momento della giornata, imparando a dire di "NO" a chiunque (anche a noi stessi) ci chieda complicita' per ingannare e prevaricare chicchessia o sfruttarne la debolezza -un bel "NO" pronunciato con la calma e la determinazione conferite dalla coscienza della nostra dignita' di individui umani e della nostra stretta correlazione con tutto cio' che ci circonda.
Ecco. RISPETTO. DIGNITA'. CORRELAZIONE. Possono essere queste delle chiavi giuste per aprire una prospettiva migliore alla nostra vita? Perché non provare a usarle?
 
 
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