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PRENDIAMOLI SUL SERIO!
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
1 luglio 2004 0:00
 
Non ricordo che un numero cosi' elevato di candidati -uomini e donne- mi abbiano rivolto tanta attenzione personale come nell'ultima campagna elettorale. Il postino mi ha lasciato nella cassetta delle lettere un discreto numero di missive indirizzate proprio a me, nelle quali un dato signore (o signora) mi invitava a scrivere il suo cognome accanto a quel dato simbolo, spiegandomi, con maggiore o minore ampiezza, il programma sul quale intendeva impegnarsi in caso di successo.
Questa propaganda capillare si e' aggiunta a quella consueta, fatta sia di manifesti affissi "negli appositi spazi", da dove volti piu' o meno sconosciuti cercavano di attirare l'attenzione dei passanti con sorrisi smaglianti o pose riflessive e qualche slogan, a volte anche azzeccato, sia di opuscoli (soprattutto per i candidati a sindaco) di una qualche consistenza contenutistica, oltreche' estetica.
A un primo momento di fastidio (ma insomma, cosa vogliono. ma guarda quanti soldi buttati via. Ma chi glieli da', eccetera eccetera), e' seguita, all'improvviso, una sorta di attenzione curiosa, e mi si sono stagliate davanti, scritte a lettere cubitali, queste tre parole: "PRENDIAMOLI SUL SERIO". Si', PRENDIAMOLI SUL SERIO! Abbiamo scelto un partito o un movimento che ha portato al Parlamento europeo o nei consigli comunali e provinciali una o piu' persone (magari quella che abbiamo votato)? Ebbene, mettiamoci in contatto con lei, scriviamole, congratuliamoci, e stiamole dietro. Sosteniamola moralmente, ma anche controlliamone le mosse, la presenza effettiva e onesta all'incarico a cui ambiva (sia quello di sindaco, presidente della provincia, consigliere o deputato europeo). Questa persona ci ha scelto come interlocutori per aiutarla a decollare? E noi, che le abbiamo dato il voto, siamo generosi e continuiamo a essere per lei degli interlocutori seri, attenti, scrupolosi, anche severi, se necessario.
Facciamoci illustrare la situazione in cui si e' venuta a trovare, adesso, che ha raggiunto questo suo primo scopo: l'elezione; e poi, che ci dica le difficolta' che incontra, l'eventuale riaggiustamento del programma per il quale l'abbiamo votata. E soprattutto segnaliamole le cose che ci stanno a cuore come cittadini e cittadine, dalle trasandatezze ai veri e propri inganni e ingiustizie che registriamo nella vita quotidiana.
Chi, a pensarci bene, puo' sostituirsi, come fonte di notizie di prima mano, alle persone comuni come noi, che ci confrontiamo con tutti i problemi quotidiani, i problemi reali? E chi, se non questi nostri rappresentanti, che ci siamo scelti, possono dire a noi come stanno le cose la' dove si devono pur mediare tanti interessi, a volte anche contrastanti? Chi puo' spiegare il perche' di una decisione presa in un certo modo o di una rinviata, se non loro che stanno nella stanza dei bottoni o nelle immediate adiacenze?
Si', PRENDIAMOLI SUL SERIO! Ma sul serio per davvero. Sfruttiamo al meglio l'opportunita' che ci fornisce Internet, la possibilita' di fare una domanda o di segnalare un problema civico e civile in tempo pressoche' reale con una e-mail. Facciamolo. Ciascuno con chi ha contribuito ad eleggere. E chi ha votato per un candidato che e' risultato non eletto, non si scoraggi. Ne ADOTTI un altro che rappresenta un partito o un movimento che gli e' congeniale. E anche chi ha votato scheda bianca o ha "annullato la scheda con scritte rivoluzionarie", perche', ugualmente, non puo' scegliersi un interlocutore fra gli eletti, dichiarando apertamente le proprie motivazioni e le proprie critiche al "sistema"? E queste ultime, non potrebbero avere, proprio in questo modo, un peso anche maggiore?

Quando mi si sono presentate davanti queste magiche parole "PRENDIAMOLI SUL SERIO!", mi e' tornato in mente un episodio della vita di HANNAH ARENDT, la filosofa ebrea tedesca che nel 1941 riusci' a trovare rifugio negli Stati Uniti, dopo essere stata profuga a Parigi dal 1933. Mi piace proporlo all'attenzione di chi leggera' queste note, perche' mi sembra molto interessante e istruttivo nel contesto dell'invito che ho appena proposto.
Grazie a una associazione che si occupava dell'integrazione dei profughi nella societa' americana, Hannah Arendt passo' i suoi primi due mesi americani a Winchester, nel Massachussets, ospite della famiglia Giduz, per imparare l'inglese, lingua che non conosceva affatto. In questa casa di pacifisti e vegetariani, dove fu benvoluta e coccolata anche troppo, per i suoi gusti, la filosofa si trovo' a osservare un connubio di mentalita' ed atteggiamenti, che ai suoi occhi apparivano contraddittori, e che, dovette poi constatare, costituivano come la sostanza della vita americana: una mentalita' ristretta a livello sociale (lei la chiama "schiavitu' sociale") e, insieme, una grande liberta' politica, di cui faceva parte il rapporto diretto, anche molto severo, degli elettori con gli eletti. A mo' di conclusione, lascio la parola alla biografa di Hannah Arendt, Elisabeth Young-Bruehl, che narra di questa scoperta cruciale, che puo' dire qualcosa anche a noi, qui e ora:
"... i Giduz erano, socialmente parlando, troppo Kleinbürger (piccolo borghesi), troppo provinciali, per esempio nel loro atteggiamento versi i negri e nella condiscendenza, in quanto immigrati di terza generazione, verso i «nuovi» americani. Tuttavia, pur essendo il loro pacifismo inconcepibile per una profuga ebrea che ogni giorno leggeva sui giornali dei successi di Hitler in Europa, la Arendt provava ammirazione per il loro spirito di iniziativa politica. Fu in casa Giduz che Hannah fece la sua prima esperienza DI QUELLO SPIRITO DEMOCRATICO AMERICANO che in seguito avrebbe lodato con tanta eloquenza: QUI OSSERVO' Mrs GIDUZ ACCINGERSI A SCRIVERE UNA LETTERA DI PROTESTA AL SUO RAPPRESENTANTE PARLAMENTARE, in cui deplorava l'internamento dei cittadini americani di origine giapponese. E a Winchester Hannah Arendt scopri' anche che si poteva provare al tempo stesso antipatia per la vita sociale degli americani e ammirazione per la loro vita politica".

Nota
La citazione e' tratta da: ELISABETH YOUNG-BRUEHL, "Hannah Arendt", Bollati Boringhieri, Torino 1990, pp. 200-201).
HANNAH ARENDT (Hannover 1906 - New York 1975). Allieva di Heidegger, verso il quale mantenne sempre una profonda amicizia, si dedico' presto a studi di filosofia e di storia. Profuga a Parigi fin dal 1933, successivamente, dopo l'invasione tedesca della Francia, riusci', nel 1941, a ottenere il visto per gli Stati Uniti, di cui, dieci anni piu' tardi, ottenne la cittadinanza. Negli USA insegno', scrisse numerosi libri e articoli, suscitando, abbastanza spesso, forti polemiche anche in seno alla comunita' ebraica. Il libro piu' noto al grande pubblico e' forse "La banalita' del male", nato dalla sua esperienza come inviata speciale al processo contro Adolf Eichmann (responsabile della deportazione di milioni di ebrei nei campi di sterminio), che si tenne a Gerusalemme nel 1961.
 
 
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