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Torino chiama Manchester: quando la luce squarcia la tenebra
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La pulce nell'orecchio di Annapaola Laldi
8 giugno 2017 10:15
 
Torino 3 giugno 2017:
Cina - Senegal – Italia.
Un abbraccio internazionale nel momento del massimo bisogno è quello con cui il giovane senegalese Mohammad Guyele e il giovane italiano Federico Rappazzo hanno circondato il bambino cinese di sette anni travolto e calpestato dalla folla impazzita in piazza San Carlo a Torino. E quell’abbraccio lo ha salvato. Almeno così dice l’ultimo bollettino medico del “Regina Margherita”, in cui si esprime la speranza dei sanitari di sciogliere presto la prognosi riservata per trasferire il bambino in un reparto di degenza.
“Non siamo eroi”, hanno affermato i due giovani, che hanno soccorso Kelvin. Ed è vero. Sono qualcosa di più: semplicemente esseri umani, nei quali, in quel momento tremendo, è stata esaltata la solidarietà umana verso uno più debole di loro, e hanno vinto per questo la propria paura, che non hanno esitato a confessare.
L’intesa spontanea, dettata dal comune senso di solidarietà, ha permesso a Mohammad e Federico di portare a buon fine il compito, al quale si sono dedicati, conservando lucidità nel marasma del “si salvi chi può”, di cui pare ancora ignota la causa scatenante: la salvezza di quello sconosciuto bambino. Anche se, lì per lì, non sembrava per niente scontata – anzi, appariva un’impresa assolutamente disperata, specialmente a Mohammad, il primo soccorritore, che ha dichiarato: “Quando l’ho visto da solo a terra, con tutte quelle persone sopra, ho pensato che non ce l’avrebbe fatta. Sapevo che era pericoloso, ma ho deciso di fare qualcosa”. Ed è stato solo quando ha trovato uno spazio per appoggiarlo a terra, fuori dalla calca, e si è materializzato il giovane italiano, che poi ha fatto scudo al piccolo col suo corpo, che Mohammad si è accorto che il bimbo respirava ancora.
I due giovani si sono ritrovati all’ospedale un paio di giorni dopo per avere notizie dirette delle condizioni del bambino, e l’abbraccio si è rinnovato coi genitori di Kelvin, e il 7 giugno hanno ricevuto anche il ringraziamento del ministro degli Interni, Marco Minniti.
Cina – Senegal – Italia: una bella triangolazione per la vita. Un legame ormai indissolubile di amicizia vera – un legame che supera ogni altro, di sangue e di etnia.

Manchester 23 maggio 2017:
Anche qui, poco più di una settimana prima dell’episodio di Torino, si è dimostrato il paradosso per cui lo spirito di umanità si afferma proprio quando viene negato.
A Manchester, nel quadro di massima angoscia scatenato da un giovane uomo, che ha rinnegato la propria vita pur di dare la morte a molte altre persone (almeno 22 subito), sono diventati familiari i volti di due senzatetto inglesi, Chris Parker e Stephen Jones, che si sono prodigati nel soccorrere i feriti e assisterei moribondi.
Due uomini oltre i trent’anni, che dalle fotografie pubblicate potremmo definire “male in arnese” e che forse, incontrandoli in una strada deserta, potrebbero far correre un brivido lungo la schiena a qualunque “persona perbene”. Puro e semplice pregiudizio, come hanno dimostrato i fatti.
“Non abbiamo una casa, ma abbiamo un cuore” ha dichiarato Stephen a chi lo intervistava, aggiungendo poi: “Non avrei più potuto convivere con me stesso se quella notte me ne fossi andato via”. Dal canto suo, Chris ha raccontato di essere stato vicino in particolare a una ragazzina, a cui l’esplosione aveva tranciato le gambe, e poi a una donna con ferite gravi alla testa e a una gamba «È morta tra le mie braccia. Aveva una sessantina d’anni ed era lì con la sua famiglia. Non riuscivo a smettere di piangere. La cosa più scioccante di tutto questo è che era un concerto per ragazzini».
Le dichiarazioni di Stephen e di Chris mi sembrano sufficienti a dimostrare che, in quel momento di estrema oscurità dell’umanità, loro due hanno tenuto accesa una grande luce che infonde anche a noi, spettatori lontani di questa tragedia, coraggio e fiducia. Che fornisce un esempio da ricordare e seguire.
I due uomini, che, con la loro azione concreta a favore delle vittime di questa folle strage, hanno voluto semplicemente contraccambiare l’aiuto che ricevono a Manchester “da tante persone buone”, hanno trovato, a loro volta, la giusta solidarietà di molti altri che sulla rete hanno partecipato a una raccolta di fondi per aiutarli a fare ripartire bene le loro vite, e che, secondo le ultime stime, ha raggiunto le 40mila sterline.
Anche qui una catena di solidarietà e di amicizia, che rende onore agli esseri umani proprio là dove (è bene ribadirlo) altri esseri umani hanno lasciato un’impronta orrenda di sangue e dolore, negando la fraternità umana.
Una fraternità, che invece Chris e Stephen hanno riconosciuto e onorato, donando se stessi, tutto quello che avevano, a favore di chi in quel momento giaceva in terra ferito senza difese.
 
 
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