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Cedolare secca se locatario è società?
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Lettera 
13 novembre 2018 0:00
 
Buonasera, curiosando sul web sull'argomento della cedolare secca ho trovato alcuni articoli interessanti riguardanti diversi casi nel Nord Italia (il più recente quello di Pavia del Marzo 2018), per i quali la commissione tributaria ha dato ragione a locatori che hanno applicato la cedolare secca anche per contratti di locazione verso società.
In sostanza si tratta di alcuni ricorsi relativi al fatto che il locatario, anche se concede a una società un immobile in locazione, può scegliere di optare per la cedolare secca.
Se il locatore è una persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, sussistendo il requisito previsto dalla legge della destinazione dell’immobile ad uso abitativo, egli può optare per la cedolare secca e non ha alcuna rilevanza il fatto che il conduttore sia una società.
La norma infatti impone, per il locatore, l’esclusione dell’applicazione della cedolare secca, solo se gli immobili abitativi sono adibiti ad attività di impresa o di arti e professioni.
Se il contratto di locazione è a fini abitativi (dirigente dipendente della società) anche se il conduttore è rappresentato da una società, la cedolare secca si può applicare?
Fabrizio, dalla provincia di CA

Risposta:
Sussiste la possibilità per la parte locatrice di un immobile di avvalersi del regime facoltativo della cedolare secca (ovvero, un regime facoltativo in virtù del quale il proprietario di un immobile paga un’imposta sostitutiva di IRPEF e addizionali agevolata) nell’ipotesi di stipula di un contratto di locazione di immobili a canone concordato, in cui il conduttore è una società.
In proposito, si segnala che ai sensi del comma 6 dell’articolo 3 del Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23 non possono optare per il regime della cedolare secca i soggetti che procedono alla locazione di immobili ad uso abitativo nell’esercizio dell’attività di impresa o di arti e professioni.
La norma sembrerebbe non imporre alcun vincolo particolare ai fini dell’accesso al regime agevolato alle persone fisiche che concedono in locazione un immobile ad uso abitativo a canone concordato ad una società.
Ciononostante, con la circolare n. 26/E dell’1 Giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per effetto della sopra citata disposizione, esulano dal campo di applicazione della cedolare secca anche i contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative di collaboratori e dipendenti.
Quindi, secondo l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, il regime della cedolare secca non può essere applicato ai contratti di locazione conclusi con conduttori che agiscono nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile.
La predetta interpretazione è stata, tuttavia, oggetto di talune pronunce giurisprudenziali, di senso opposto.
Al riguardo, infatti, si sono pronunciate di recente diverse Commissioni Tributarie affermando che “Il locatore può optare per il regime della cedolare secca anziché per il pagamento delle ordinarie imposte di registro anche nel caso in cui il conduttore sia una società commerciale dal momento che l’art. 3 del D.Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 (cedolare secca) attribuisce soltanto al locatore l’opzione tra regime ordinario di imposta di registro e cedolare secca”
(Commiss. Trib. Prov. Umbria Terni Sez. II, 20-01-2016; nello stesso senso Commiss. Trib. Prov. Lombardia Milano Sez. XXV, 17-04-2015 e Commiss. Trib. Prov. Emilia-Romagna Reggio Emilia Sez. III, 04-11-2014).
Pertanto, alla luce di quanto sopra citato, sebbene il Decreto Legislativo 14 marzo 2011, n. 23 non vieti la possibilità di usufruire della cedolare secca nel caso in cui l’immobile sia locato, nelle forme del contratto in oggetto, da una persona fisica ad una società, vi è il rischio che l’Agenzia delle Entrate neghi l’applicabilità di tale regime e richieda il pagamento dell’imposta di registro secondo le modalità ordinarie, applicando le relative sanzioni e costringendo, conseguentemente, il contribuente ad impugnare l’avviso dinanzi ai Giudici Tributari, con un’alta probabilità di accoglimento del ricorso.
 
 
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