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 ITALIA - ITALIA - Aborto. 40 anni dalla legge, ma tanti problemi
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20 maggio 2018 12:48
 
Compie 40 anni la legge 194, che ha legalizzato l'interruzione volontaria di gravidanza in Italia, sottraendo decine di migliaia di donne, spesso minorenni, alla tragedia delle mammane e dell'aborto clandestino. Era il 22 maggio 1978 quando la legge fu approvata, dopo anni di battaglie soprattutto da parte dei Radicali, per poi venire definitivamente confermata dal fallimento del referendum abrogativo del 1981. Com'e' la situazione oggi, al di la' delle inevitabili polemiche a corollario del quarantennale (con tanto di marce e manifesti choc da parte dei numerosi gruppi antiabortisti)? Due dati su tutti: gli interventi di interruzione volontaria di gravidanza (Igv) sono calati drasticamente dal 1982, anno del picco massimo, a oggi. Nell'82 infatti si registrarono qualcosa come 234.801 aborti volontari, mentre nel 2016, ultimi dati disponibili forniti dal ministero della Salute, gli interventi sono stati 84.926. L'altra faccia della medaglia e' che sono cresciuti enormemente gli obiettori di coscienza: oggi i ginecologi che si rifiutano di praticare interruzioni di gravidanza sono addirittura il 70,9%. Nel 2005 erano il 58%. Il che significa, numeri alla mano, che solo tre ginecologi su 10 sono disponibili. Va leggermente meglio tra gli anestesisti, dove "solo" il 48,8% fa obiezione. Dati eloquenti, che si riflettono, seppure in misura minore, sul numero delle strutture che praticano gli interventi, che sono il 60% del totale (in lieve crescita sull'anno precedente). Nell'ultima relazione al Parlamento sull'Igv il ministro Lorenzin ha comunque rassicurato che questi numeri non inficiano comunque il diritto di una donna ad abortire secondo la legge, dal momento che il calo dei medici disponibili e' direttamente proporzionale al calo degli aborti: "Per quanto riguarda i carichi di lavoro per ciascun ginecologo non obiettore - sottolineava Lorenzin - pur in presenza di casi che si discostano dalla media, non emergono particolari criticita' nei servizi di Ivg. In particolare, si osserva che le IVG vengono effettuate nel 60.4% delle strutture disponibili, con una copertura adeguata, tranne che in Campania e P.A. Bolzano (dati 2016)". Mentre "valutando le Ivg settimanali a carico di ciascun ginecologo non obiettore, considerando 44 settimane lavorative in un anno, a livello nazionale ogni non obiettore ne effettua 1.6 a settimana".
L'identikit delle donne che compiono la scelta drammatica di abortire descrive il cambiamento della nostra societa': calano le italiane (per la prima volta nel 2016 il numero di Ivg e' sceso al di sotto di 60.000), rimangono elevati i dati sulle donne di origine straniera (che rappresentano oltre il 30% degli aborti totali). In questi 40 anni e' cambiata anche l'eta' media: nel calo generale e' leggermente aumentato nel 2016 il tasso di abortivita' nelle donne dai 35 anni in su, e in generale la fascia con piu' Igv in percentuale e' quella di eta' compresa tra i 25 e i 34 anni. Ma negli anni e' aumentato anche il numero delle 15-16enni, parallelamente all'abbassamento progressivo dell'eta' media per i primi rapporti (sono stati 2.596 gli interventi nel 2016, il 3% del totale, comunque un dato molto minore alla media europea). Per quanto riguarda lo status, nel 2016 il 46.5% delle donne italiane che hanno abortito era in possesso di licenza media superiore, mentre il 45.9% delle straniere aveva la licenza media. Il 47.4% delle italiane risultava occupata (in aumento rispetto al 2015, quando le occupate erano il 42.9%), mentre per le straniere la percentuale delle occupate e' del 39.2%. Per le italiane la percentuale delle nubili (57.8%) e' in aumento e superiore a quella delle coniugate (35.6%), mentre nelle straniere le percentuali sono molto piu' simili (46.8% le coniugate, 47.3% le nubili). Il 43.9% delle donne italiane che ha eseguito una IVG non aveva figli. In generale, tra luci e ombre, i dati dicono che l'aborto volontario, dopo una prima fase iniziale, e' costantemente diminuito, anche secondo l'analisi generazionale, e non e' mai stato un mezzo di controllo delle nascite. La separazione sempre piu' netta fra sessualita' e procreazione aumenta il tempo che intercorre fra l'inizio della attivita' sessuale e la nascita del primo figlio: e' questo un periodo in cui le gravidanze sono spesso indesiderate. Anche se i tassi di abortivita' delle giovanissime (tra i 15 e i 20 anni) delle generazioni piu' recenti mostrano un andamento diverso rispetto a quello di altre fasce d'eta': pur restando fra i valori piu' bassi dei Paesi occidentali, hanno avuto negli ultimi anni prima un aumento, seguito da una stabilizzazione e poi da una diminuzione, quest'ultima meno evidente nelle 15-16enni. Cio' potrebbe essere legato alla tendenza all'aumento nelle giovanissime del numero dei partner, che si ridimensiona con l'eta', e all'inizio sempre piu' precoce dei rapporti sessuali.
Al tempo stesso, tuttavia, si osserva in Italia, in questa fascia di eta', una minore diffusione della contraccezione ormonale, rispetto ad altri Paesi europei con cui siamo soliti confrontarci (Svezia, Gran Bretagna, Francia), dove a un utilizzo nettamente maggiore della pillola contraccettiva corrisponde tuttavia un altrettanto maggiore tasso di abortivita'; dati recenti sulla contraccezione mostrano tra i giovani (15-24enni di entrambi i sessi) una diffusione sempre maggiore del profilattico, che ha la duplice funzione di minimizzare il rischio di gravidanze indesiderate e malattie sessualmente trasmissibili. Rispetto agli altri Paesi europei siamo ancora distanti dalla diffusione piu' massiccia della pillola contraccettiva, notoriamente piu' efficace del profilattico. Nonostante cio' fra le giovani italiane si osserva una percentuale bassa di gravidanze e una bassa abortivita'. Questo puo' essere parzialmente spiegato, sostiene il ministero della Salute nell'ultima relazione, dal fatto che i nostri giovani, rispetto ai paesi Nord Europei, restano piu' a lungo in famiglia, trovandosi a gestire anni di attivita' sessuale (non solo in eta' adolescenziale) continuando a vivere con i propri genitori. Questo fa si' che la frequenza dei rapporti sessuali e il numero dei partner, seppur in aumento rispetto alle generazioni precedenti, siano comunque inferiori rispetto ai coetanei di altri Paesi europei. Infine, il livello di istruzione e' risultato fortemente associato al ricorso all'IVG: donne con titolo di studio piu' basso presentano valori di abortivita' piu' elevati in tutte le generazioni. L'empowerment delle donne rappresenta quindi uno strumento efficace per indirizzare le loro scelte riproduttive in maniera piu' consapevole.
(Agi)
 
 
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