Decisione dopo decisione, in Francia comincia ad affermarsi una giurisprudenza "burqa": l'abito che ricopre interamente le donne, supera il simbolo religioso per assumere il significato di sottomissione, contraria all'integrazione. Dopo il Consiglio di Stato, che aveva impedito la naturalizzazione di una signora marocchina vestita in quel modo, ora e' l'Alta autorita' di lotta alla discriminazione e per la legalita' (Halde) a sostenere che in alcuni casi il burqa "attenta ai valori repubblicani". Lo ha detto motivando la validita' di escludere dalle lezioni di francese -obbligatorie nel quadro del contratto d'accoglienza e d'integrazione (CAI)- una signora col burqa integrale. Gli insegnanti hanno spiegato che per poter insegnare una lingua bisogna osservare il viso degli alunni, avvalersi della mimica e non solo delle parole. Secondo Halde, il burqa non si sposa con un percorso d'integrazione quando intralcia "l'apprendimento di una lingua", le "esigenze di sicurezza pubblica", il bisogno "d'identificare le persone". Ed evoca anche l'uguaglianza uomo donna. "La liberta' religiosa non e' assoluta; puo' essere limitata di fronte a un altro buon motivo".