Una indagine della Vrije Universiteit Brussels pubblicata sulla rivista scientifica
Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine, ha voluto analizzare il processo di formazione della volontà nel fine vita dei pazienti minorenni in Belgio. Sono stati posti questionari a tutti i medici che hanno firmato certificati di morte di pazienti di età compresa fra uno e 17 anni morti dal giugno 2007 al novembre 2008 nelle Fiandre.
Hanno risposto al questionario 165 medici sui 250 individuati dai certificati.
Nel 36,4% dei casi, la morte è seguita ad una decisione sul fine vita: nel 18,2% sono state somministrati farmaci per alleviare il dolore e i sintomi della malattia con il potenziale effetto di accorciamento della vita; nel 10,3% è stato deciso di astenersi dalle cure; nel 7,9% dei casi sono state somministrati farmaci letali senza l'esplicito consenso o richiesta del paziente. Non sono invece stati riportati casi di eutanasia, che i ricercatori definiscono tale solo quando vengono somministrati farmaci con l'intenzione di accelerare il processo di morte su esplicita richiesta del paziente.
Le principali motivazioni alla base delle decisioni sul fine vita sono la prognosi infausta (84,6%) e la prospettiva di una bassa qualità della vita (61,5%).
I genitori sono stati coinvolti nel processo decisionale nell'85,2% dei casi, mentre i pazienti solo nel 15,4% dei decessi.
I ricercatori concludono: "Le decisioni mediche sul fine vita riguardanti i minori sono frequenti nelle Fiandre, in Belgio. Anche se i genitori hanno partecipato a quelle decisioni nella gran parte dei casi, i pazienti stessi lo sono stati molto meno frequentemente, anche nei casi in cui tali decisioni erano mirate a porre fine alla loro vita". I medici e i genitori non sono però sempre responsabili della mancanza di consultazione: "Al momento della decisione, i pazienti erano spesso in stato di coma oppure il medico li reputava incapaci di intendere e di volere o troppo piccoli per essere coinvolti".