Secondo Report, la peste suina africana avrebbe toccato anche la Grande distribuzione. Durante la puntata andata in onda ieri, una nuova inchiesta di Giulia Innocenzi focalizzata sulla diffusione della Psa avrebbe fatto venire alla luce una comunicazione inviata da Lidl ai propri punti vendita (definiti nel servizio “clienti professionali”) per rintracciare e ritirare alcuni prodotti a base di maiale, perché sospettati di essere stati contaminati. La catena non avrebbe contestualmente apposto cartelli nei propri store, perché non si trattava di un richiamo al consumatore finale, come confermato anche dalla Asl incaricata. Ricordiamo infatti che la Psa non costituisce un rischio per la salute dell’uomo.
La problematica riscontrata da Lidl sarebbe nata in un allevamento piemontese. Qualche giorno dopo aver avviato i maiali al macello, l’allevatore avrebbe rilevato la presenza del virus. L’Asl in via precauzionale avrebbe fatto partire l’attività di rintraccio. Secondo il servizio, il problema avrebbe riguardato preparazioni di carne prodotte in uno degli allevamenti della filiera del gruppo Aia-Veronesi, che quest’anno sarebbe stato particolarmente toccato dal virus, con sette dei ventuno focolai scoppiati in Lombardia. La dinamica che il servizio avrebbe ricostruito rimanda alla pratica di spostare da un allevamento all’altro gli animali allorché viene riscontrata in una provincia la presenza di un focolaio. Il rischio in tal senso è che si possano muovere capi già ammalati, estendendo il contagio fuori dalle zone tracciate. L’inchiesta avrebbe rilevato la presenza del virus anche in alcune barrette vegetali commercializzate nei punti vendita.
Il servizio di Report ha riscontrato più in generale, al di là del caso specifico, alcune pratiche illecite condotte ad agosto da singoli allevatori, con l’assenso dei veterinari (il riferimento è a 20 capi sepolti in un allevamento da cui si sospetta sia ripartito il contagio), a partire dal seppellimento di capi colpiti dalla Psa nei terreni prossimi agli allevamenti, o la destinazione al macello di animali sospettati di essere ammalati. L’inchiesta si è soffermata sulle pratiche di abbattimento dei capi malati, condotte con la somministrazione del gas, chiudendo gli animali in un container, in qualche caso condotte coprendo la scena con teloni, apparentemente per evitare di essere ripresi dai droni.
(Alimentando.it)
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