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Perché la diffamazione tramite whatsapp è meno grave di quella su Facebook?
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Osservatorio legale di Sara Astorino
13 dicembre 2024 9:59
 
 
La sentenza n. 42783/ 2024 emessa dalla Corte di Cassazione ha affrontato per l’ennesima volta il tema della diffamazione tramite social media ma ha sancito, per la prima volta, una netta differenza tra i diversi social media e le potenzialità lesive della diffamazione. Esemplificando potremmo dire che, grazie all’esclusione dell’aggravante del mezzo pubblicità, la diffamazione effettuata tramite whatsapp è meno grave rispetto a quella operata su Facebook.
In concreto se due persone pubblicano la stessa battuta diffamatoria, una su whatsapp e l’altra su Facebook, la prima subirà delle conseguenze meno gravi rispetto alla seconda.

Perché la Cassazione è giunta a questa conclusione?
La motivazione della sentenza è chiarissima e, di fatto, condivisibile: l’utilizzo dei social media come nuovo mezzo di comunicazione è innegabile.
Sarebbe errato porre tutti i social media sullo stesso piano posto che alcuni di essi raggiungono un numero di persone ben più ampio di altri.
Nel dettaglio la Corte ha ribadito come, già in passato, che i post pubblicati su Facebook integrino l’aggravante del mezzo pubblicitario e ciò perché si era tenuta in adeguata considerazione “l’oggettiva potenzialità che, in tal caso, ha il testo lesivo di raggiungere un numero indeterminato o comunque quantitativamente apprezzabile di persone.”

Tuttavia, solo relativamente all’aggravante, occorre fare un distinguo tra un sociale network (Facebook) e una chat rivolta ad un numero ristretto di persone ( gruppo whatsapp) poiché “Ad essere rilevante, invero, non è il numero di iscritti alla chat quanto la ‘conformazione tecnica’ del mezzo, tesa a realizzare uno scambio di comunicazioni che resta - in tutta evidenza - riservato. La diffusione del messaggio a più soggetti - gli iscritti alla chat - avviene, in altre parole, in un contesto informatico che se da un lato consente la rapida divulgazione del testo, dall'altro non determina la perdita di una essenziale connotazione di riservatezza della comunicazione, destinata ad un numero identificato e previamente accettato di persone.”

Diffamare una persona rimane sempre e comunque un reato per il quale si sarà chiamati a rispondere, ma il luogo ove la diffamazione avviene costituirà un elemento fondamentale per determinare la quantificazione della pena tanto in sede civile quanto in sede penale.


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