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The Economist, 'Perché l'Europa deve preoccuparsi. L'Italia vota per l'irresponsabilità'
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Stati uniti d'europa di Redazione
10 marzo 2018 1:56
 
Segue la traduzione dell'editoriale di commento alle elezioni politiche italiane pubblicato il 10 marzo 2018 sulla rivista The Economist.

Queste elezioni erano destinate ad essere problematiche. Ma il 4 marzo gli elettori italiani si sono inventati un risultato che ha superato ogni previsione, ed ha gettato un'ombra non solo sull'Italia ma anche sul resto dell'Unione Europea.
Entrambe le camere del Parlamento sono impantanate, ovvero senza che si possa facilmente e velocemente formare una maggioranza. Ancora più preoccupante è che metà degli elettori - arrabbiati per l'alto tasso di disoccupaione, salari stagnanti, immigrazione incontrollata e contro una classe politica autoreferenziale - ha votato per i due principali partiti populisti, il Movimento 5 Stelle (M5S) e la Lega. Entrambi sono ostili all'Ue e specialmente all'euro, hanno fatto compagna elettorale promettendo lauti tagli di tasse e nuove spese che l'Italia non può permettersi. Nessun governo è matematicamente possibile senza almeno uno di questi partiti. Il precedente partito di governo, il Partito Democratico (PD), ha perso ben più della metà dei suoi seggi, eliminando ogni possibilità di una coalizione moderata. La batosta del PD è stata in parte dovuto al rigetto della vanagloria del suo leader, Matteo Renzi, che ha cercato di divenire nuovamente primo ministro, nonostante avesse perso il referendum sulle modifiche costituzionali nel 2016. Ma il voto è anche il rigetto degli sforzi del PD in tema di riforme economiche, di cui l'italia ha bisogno ma che apparentemente non può digerire.
Il PD potrebbe ancora essere il kingmaker, decisivo nella scelta del nuovo regnante. Ma i regnanti disponibili sono preoccupanti. Il M5S propone un reddito di base universale finanziariamente insostenibile e vuole abrogare la riforma delle pensioni. Tra i suoi obiettivi poco chiari c'è anche quello di trasformare l'italia in una democrazia digitale diretta. E' guidata da un trentunenne senza alcuna esperienza amministrativa con un legame di lealtà poco trasparente col suo fondatore, Beppe Grillo, un comico part-time che ha iniziato la sua carriera politica al grido di "vaffanculo!" (fuck off!) all'establishment.
L'altro regnante non è da meno. La coalizione di destra che ha preso il 37% è dominata da Matteo Salvini, leader della Lega, che ha superato Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, ex primo ministro che in passato abbiamo definito "unfit to lead Italy". Salvini ha trasformato la Lega, che una volta invocava la secessione del ricco Nord, in un partito di estrema destra alleato al Fronte Nazionale di Marine Le Pen in Francia. Ha definito l'Euro "un crimine contro l'umanità" e ha minacciato la deportazione di massa dei migranti che sono bloccati nel limbo italiano perché nessun altro in Europa li fa entrare. E' anche a favore di una flat tax al 15% che distruggerebbe il bilancio.
Per il PD, la scelta è tra la padella e la brace. Ma se rifiuta di dare un sostegno limitato ad uno dei due, c'è una possibilità ancora più atroce: un'alleanza tra la Lega e il M5S. Ora come ora sembra improbabile. L'ostilità tradizionale della Lega contro il Sud meno sviluppato, dove il M5S invece vince di più, rende difficile un'intesa. Ma se il PD non fa un'intesa con nessuno, potrebbe accadere. Di fronte allo stallo, il presidente Sergio Mattarella potrebbe cercare di nominare un governo tecnocratico di breve durata. O gli italiani potrebbero subito tornare alle urne. Nessuna di queste opzioni risolverebbe granché. Cercare di tenere fuori i populisti finirebbe solo per rafforzarli; meglio far emergere le loro vuote promesse dando loro una qualche responsabilità di governo. Qualunque sia lo sbocco, le finanze italiane saranno probabilmente indebolite, mentre i problemi strutturali che hanno ridotto la produttività e la crescita rimarranno senza cura.
Questo brutto risultato sarà sentito attraverso tutta l'Europa, dove la crescita dei populisti e l'indebolimento dei partiti tradizionali è tema ricorrente. In Germania la scorsa settimana i moderati sono rimasti al Governo a malapena, dopo che gli iscritti del Partito Socialdemocratico hanno dato via libera ad una grande coalizione con i Cristianodemocratici di Angela Merkel. Il loro patto di coalizione include misure per rafforzare la governance dell'area euro, potenzialmente mettendo a disposizione maggiori fondi per le infrastrutture, una rete di protezione fiscale permanente nel meccanismo di risoluzione delle crisi delle banche europee in difficoltà, e fondi per sostenere le riforme strutturali.
Convincere i nord europei ad accettare questo tipo di programma è sempre stato difficile. Alla luce del voto italiano a favore dell'irresponsabilità, è ora molto più difficile. Quanti tedeschi vogliono accollarsi rischi per consentire agli italiani di andare prima in pensione?
La terza economia dell'eurozona ha una bassa crescita e un debito pubblico di circa il 130% del PIL. E' troppo grande per poter essere salvata. L'Italia costituisce un rischio sistemico per l'euro a meno che non riesca a riformarsi. E basandosi sullo scorso fine settimana, non può farlo.
 
 
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