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Airbnb e dintorni. Il caso Firenze. Dissensi, agende e stimoli
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Articolo di Stefano Fabbri
22 gennaio 2025 13:56
 
Il capogruppo di Italia Viva nel Consiglio comunale fiorentino, Francesco Casini, all’opposizione, e l’assessore al turismo Jacopo Vicini la vedono in modo molto simile sulle iniziative del comitato «Salviamo Firenze» contro la presenza di keybox o l’assenza del Cin, il codice identificativo obbligatorio che deve essere affisso ben visibile da chi esercita l’affitto turistico. Casini ha parlato di «atti intimidatori» e di «clima di divisione e tensione» in città.
on diverso il tono dell’assessore: pure lui ha usato il concetto di «intimidazione», aggiungendo che è doveroso «condannare e impedire» questo tipo di azioni. Lo slittamento della frizione è un’eventualità non solo meccanica ma anche politica. Tuttavia, un aumento bipartisan dei giri verbali del motore, tale da evocare una terminologia che colloca alcuni comportamenti vicino al Codice penale, appare abbastanza sopra le righe se si pensa all’incerottamento delle scatoline portachiavi e agli adesivi che chiedono dove sia finito il Cin — fatto magari al buio ma rivendicato alla luce del sole — al confronto dei danni (per fortuna non irreparabili) causati in altre città dalla colla nel meccanismo di apertura delle keybox. Certo, non è piacevole essere indicati platealmente come gestori non ancora in regola con le norme o quali proprietari di un dispositivo capace di aggirare l’obbligo di identificare gli ospiti che, è stato ricordato dallo stesso Viminale, rappresenta una questione di sicurezza. È però difficile paragonare all’orlo di una guerra civile cittadina legittime e pacifiche manifestazioni di interessi diversi da quelli degli host — e qui ha ragione Vicini quando parla di «punto di equilibrio» — che spetta proprio a chi governa cercare di contemperare e non di contrapporre ulteriormente. Magari, per esempio, introducendo o accentuando parametri che distinguano tra chi affitta a giornate la casa della nonna e chi gestisce migliaia di posti letto o interi caseggiati trasformati in semi-alberghi.

Il senso più politico del suo intervento Vicini lo offre però quando afferma che per i controlli non serve qualcosa di simile all’antico ostracismo ma ci pensa la polizia municipale «in maniera graduale» e proprio «in queste settimane», perché — ha aggiunto — l’amministrazione non si fa «dettare l’agenda» da nessuno. Ma quell’agenda la si può contribuire a scrivere, proprio nell’ottica partecipativa e di continua interlocuzione con i cittadini e le loro associazioni, cogliendo i loro stimoli, che — a meno di fraintendimenti — questa giunta comunale dovrebbe avere nel proprio Dna. Viene da chiedersi se davvero, per esempio, la questione keybox avrebbe avuto la stessa attenzione nel caso in cui qualcuno non avesse alzato la voce. Un primato non si giudica (soltanto) dall’accorgersi subito che qualcosa non va, bensì dalla tempestività con cui ciò viene affrontato. Anche se lo segnala pubblicamente e rumorosamente qualcun altro. A meno che, in una situazione generale che sempre più limita gli spazi di dissenso — sia detto con un sorriso — non ci si debba appellare al Primo Emendamento. Sul quale, forse, neanche Trump avrebbe in questo caso qualcosa da eccepire.

(articolo pubblicato su Corriere fiorentino/Corriere della Sera del 22/01/2025)

 
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