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Covid e lockdown. ‘Cosa fa la comunità per me?’. E cosa faccio io per me stesso e per la comunità? Un caso fiorentino
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Articolo di Vincenzo Donvito
27 ottobre 2020 10:25
 
 Camilla, 17 anni, studentessa del liceo Michelangiolo di Firenze: «Lo Stato incapace mi sta privando dell’età più bella. Io rispetto le regole per la comunità, ma la comunità cosa fa per me?».
Questo il succo di una lettera pubblicata oggi sull’edizione fiorentina del Corriere della Sera. Qui il testo completo

Qui le nostre osservazioni

Caro giornale
che brutta lettera quella della 17enne del Mike. Giuste le sue osservazioni sui tempi sballati del sistema sanitario ma, a parte la “soddisfazione” di portare la spazzatura al cassonetto, pur dandole il risultato desiderato (non-positiva al tampone) non le avrebbero cambiato molto. Diciassette o sessantasette, il dramma che sta vivendo non è colpa se non di noi tutti, inclusi i suoi genitori, che non siamo stati in grado di impedire il pressapochismo che caratterizza buona parte dei nostri sistemi di relazione pubblica ed istituzionale. Scusaci, studentessa.

Ma oltre a rendersi conto che esiste un “cattivo”, più o meno individuato, occorre vivere. E reagire. Individualmente e socialmente.

Non dico che dovrebbe fare come Anna Frank e, sigillata dietro un muro, scrivere un diario da consegnare ai posteri. Ma forse questo richiamo potrebbe essere utile per capire che il mondo di questi umani non è solo quello che abbiamo vissuto dal 1945 (fine della seconda guerra mondiale) al 2019. E’ anche quello delle guerre in corso (pensiamo a quella di oggi di alcuni presunti rappresentanti dell’Islam contro la Francia della Libertà, della Fraternità e dell’Uguaglianza), delle carestie, degli stravolgimenti ambientali che lasciano senza casa e senza lavoro. Situazioni che forse hanno vissuto i nonni della nostra studentessa.
Ora tocca a tutti noi: 17 o 67 anni che si abbiano. Se si legge un libro di storia, ci si rende conto che siamo pieni di momenti del genere, e comprendiamo che leggere qualcosa tipo “la carestia durò 10 anni” e passare al capitolo successivo, è diverso dal vivere dentro quei dieci anni.

Bene. Oggi siamo dentro. Tutti. E se pensiamo alla nostra banda larga, ai film e notiziari, agli spettacoli e alle telefonate, alle conversazioni via skype o la didattica a distanza… forse essere capitati nel 2020 è meglio di quanto ci sarebbe potuto accadere.

Sta ad ognuno di noi non farsi travolgere
Certo, come dice la nostra studentessa, si può passare un pomeriggio in attesa della cena ad oziare guardando la tv con gli occhi e il pensiero ai bei momenti passati con gli amici altrove, scuola inclusa. Ma si può anche guardare la tv per apprendere, anche dalla storia di un film o da un “noioso” documentario, o si può leggere un libro o dedicarsi in modo più preciso al proprio “passatempo (come la musica, in ascolto o in produzione) per farlo diventare più creativo rispetto all’essere un passatempo.
Insomma: se Anna Frank aveva solo carta, penna e fantasia, con quest’ultima al primo posto noi abbiamo molto di più di carta e penna. E non solo per se stessi, ma anche per gli altri.
Forse è il momento di essere creativi, a partire da se stessi.
 
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