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Firenze - sicurezza pubblica. Non solo divise: riempire i vuoti della città
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Articolo di Stefano Fabbri
29 settembre 2024 11:04
 
Come un gatto in tangenziale. O sulla FiPiLi, che è lo stesso. Tanto sembrano destinate a durare le iniziative per tentare di aumentare il tasso di sicurezza a Firenze. Appena tre giorni dopo il Grande Pattuglione nell’area attorno a via Palazzuolo c’è chi si fa tranquillamente di crack in strada come e più di prima; neanche il tempo di varare il rafforzamento della sorveglianza delle Cascine ed i cristalli delle auto parcheggiate tra Porta a Prato e piazza Vittorio Veneto vengono spaccati con un clangore che neanche il crollo delle piattiere del Titanic durante l’affondamento.

Ed in tutto questo forse c’è una lezione da imparare: per quanto si possa incrementare la presenza delle forze dell’ordine (che comunque va fatto) la battaglia è persa senza riempire, anzi occupare — sì proprio occupare — con proposte, iniziative e contenuti quegli spazi ora lasciati alla mercé del primo balordo che capita o di bande organizzate.
È la legge fisica dei vuoti e dei pieni. Se i primi non li riempi tu ci penserà un altro. Questo non significa che si possa fare a meno della presenza organizzata di personale in uniforme. A questo proposito c’è una preoccupazione detta a mezza voce da Palazzo Vecchio e cioè che rendere disponibile un contingente di vigili urbani alle Cascine possa spingere i responsabili dell’ordine pubblico, anche comprensibilmente per le tante emergenze cui fare fronte, a rimodulare l’impiego degli altri corpi. Se davvero fosse così non funzionerebbe, visto che si tratta di risorse preziosamente aggiuntive. Una città militarizzata non piace a nessuno, ma uomini e donne in divisa sono importanti anche nel numero per il loro effetto di deterrenza. Un effetto che ormai si è perso nel tempo, ad esempio nei pronto soccorso: il posto fisso di polizia non può che essere ripristinato. Ma la loro presenza da sola non basta. Tanto più se i criteri di assegnazione da parte del Viminale, per quanto riguarda Firenze, restano quelli del computo matematico dei suoi abitanti: un’assoluta illusione ottica rispetto al carico di presenze non residenziali che gravano sulla città. Basta affacciarsi in qualsiasi commissariato di Polizia o stazione di Carabinieri per osservare quanti stranieri sono in attesa di segnalare un torto subìto. Nella maggior parte si tratta di reati predatori, atti che a torto vengono rubricati come episodi di «microcriminalità» ma in realtà sono qualcosa di macro per chi ne è vittima, che sia il turista con i soldi contati a cui è stato portato via il portafogli, o la anziana fiorentina che ha subito lo strappo della borsa. Reati che, senza bisogno di fare della sociologia d’accatto, si verificano sempre con maggiore frequenza quando l’emergenza sociale è più forte e dove i vuoti sono maggiori dei pieni e la prima minaccia non è il rapinatore o il frantumatore di finestrini di auto ma la solitudine, l’isolamento, il vuoto appunto. Sarebbe facile obiettare che le «notti dei cristalli» si verificano anche spesso nei pressi di un presidio di cultura e di socialità come il Teatro del Maggio. Sì, ma a meno di cento metri c’è la terra ancora di nessuno. E perché sia di qualcuno va occupata, illuminata e rianimata.
E questo il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi non lo può fare. 

(pubblicato su Corriere fiorentino - Corriere della Sera del 29/09/2024)

 
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