Diventa più pingue il salvadanaio fiorentino alimentato dalla tassa di soggiorno: rispetto al 2023 i conti 2024 potrebbero indicare, secondo le previsioni, un incremento del 10% portando l’incasso a 77 milioni. Una bella cifra.
Sulla quale però incombe la possibilità di una stretta sul tipo di interventi da finanziare. Poche settimane fa la ministra del turismo Daniela Santanchè ha manifestato l’intenzione di orientare la spesa trasformandola in una «tassa di scopo con soldi da spendere sul turismo». Che in pratica vuol dire far tornare quelle risorse al settore che le ha generate.
Ha anche ammesso che pure sicurezza, decoro e mobilità potranno beneficiarne, ma perché «servono al turismo». Una visione che non pare preannunciare niente di buono riguardo la possibilità delle amministrazioni comunali di poter contare sui margini avuti finora nell’uso di quei denari. Si tratta di un orientamento, ancora niente è deciso. Però viene da chiedersi se ancora sarà possibile, come è stato fatto a Firenze, destinare oltre il 40% del tesoretto al trasporto pubblico locale e cioè in modo generalizzato ad un servizio a vantaggio anche dei cittadini. Dato per scontato che un bilancio comunale non può basarsi sulla tassa di soggiorno (o sulle multe), resta il dubbio su quale possa essere la ricaduta di questa visione del governo sulle finanze pubbliche locali. All’origine c’è la concezione di quel «gettone» che i visitatori pagano per poter trascorrere una o più notti a Firenze. Che non può essere considerato slegato da un consumo della città che non troverebbe altrimenti forme di ristoro. Il peso del turismo nell’economia fiorentina è importante, sebbene non preponderante. Ma non è da meno il peso che grava sul funzionamento dei servizi, sul progressivo e ormai forse irreversibile adeguamento di prezzi e tariffe a misura di turista però applicati anche ai residenti, e sul progressivo stravolgimento della città in funzione di quella e solo quella attività. La cui ricchezza prodotta non è redistribuita su chi paga invece tale scotto. Ecco perché una visione opposta della tassa di soggiorno dovrebbe puntare a rendere la città meno stressata e infelice.
Qualche giorno fa, su questo giornale, il bel reportage di Jacopo Storni su Peccioli ci ha spiegato come la cittadina pisana abbia trasformato i rifiuti in ricchezza e vantaggi per tutti i residenti: tasse al minimo, lavori pubblici a go-go, servizi a costo bassissimo, valorizzazione culturale. Se quelle risorse fossero state stornate solo sul settore che le ha prodotte, sarebbe andata diversamente. A Firenze non accogliamo rifiuti, bensì visitatori. Ma, fuori da ogni offensivo paragone, il discorso non cambia. O si concepisce il turismo come qualcosa che mangia tutto, o si offre la possibilità di spalmare le risorse prodotte sulla città come forma di compensazione, per investire nei servizi di carattere generale. E magari su una diversificazione che la renda economicamente meno fragile.
(pubblicato su Corriere Fiorentino - Corriere della Sera del 27/10/2024)
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