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Pandemia e precauzioni. Come reagiamo e come le rispettiamo. Siamo in alto mare?
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Comunicato di Vincenzo Donvito
21 novembre 2020 14:31
 
  Fanno riflettere alcune reazioni delle persone alle disposizioni per non infettarsi. La maggior parte della popolazione sembra che sia ligia ai consigli, ma c’è sempre una minoranza che, per il suo comportamento, rischia di compromettere i buoni risultati della maggioranza. Certamente ci sono anche problemi di norme non chiare, talvolta assurde o applicate in modo discutibile, ma qui ora parliamo dei singoli e del loro rapporto con queste norme.

Il problema principale sembra essere la mancanza di senso civico.
La pandemia è diffusa ma colpisce, sanitariamente, intorno all’1% della popolazione. Mentre per le ricadute economiche e sociali non c’è scampo per nessuno. La distanza tra questo 1% e 100% fa assumere importanza alla percezione rispetto alla realtà. Quest’ultima per quasi tutti è sanitariamente esterna, al contrario per l’aspetto economico. E quest’ultimo, in una popolazione dove il senso di comunità è superficiale, prevale anche a discapito delle indicazioni perché non ci sia l’1%. Una percezione bassa che, per esempio, se i colpiti sanitariamente fossero il 50% della popolazione, sarebbe tutt’altro che bassa. Non auspichiamo che dall’1 si passi al 50% perché finalmente tutti capiscano, per cui cerchiamo di comprendere come gestire la situazione in essere.

Da questo iato tra percezione e realtà, emergono alcuni comportamenti tipo il consumo davanti ai locali dove si sono acquistati prodotti per l’asporto: mascherine abbassate, tazzine o bicchierini di plastica in mano e conversazioni con le altre persone (1).
Io che scrivo abito in una zona rossa ed oggi sono andato a fare la spesa in un supermercato che, in genere, è sempre molto attento a queste problematiche e si è mostrato ampiamente collaborativo con le autorità. All’ingresso del negozio c’è un cartello con scritto “possono entrare max 117 persone”. Per entrare non c‘era fila o attesa e dentro ci saranno state almeno 250/300 persone (le abbiamo contate, inclusi i dipendenti del negozio), molto “attaccate” dentro i corridoi e con un addetto del supermercato che girava ripetendo nel vuoto “mantenete la distanza di almeno 1 metro”, che si aggiungeva agli altoparlanti che ogni tanto dicevano la stessa cosa più altre raccomandazioni del caso. Questo negozio, lo ripetiamo, è abitualmente attento agli aspetti sicurezza, ma crediamo che si sia fatto prendere da quel rapporto 1/100 che dicevamo su percezione e realtà.

E’ dei giorni scorsi, altro esempio, la denuncia di un quotidiano fiorentino su tram strapieni che non rispettavano la capienza massima del 50%.

Inoltre vedendo il traffico e le strade di una città zona rossa come Firenze, è evidente che questo rapporto 1/100 è interpretato dai più come nel nostro supermercato, nel nostro tram e davanti ai bar da asporto. C’è da considerare che tutti siano più bravi rispetto al confinamento della scorsa primavera, per cui riusciamo a muoverci meglio e siamo più informati rispetto a prima su come agire per la prevenzione… e questo potrebbe giustificare questo “rilassamento” dell’attenzione rispetto al clima da coprifuoco diffuso della scorsa primavera…. Ma i numeri di infezioni, ricoverati e morti non sono meno della scorsa primavera, per cui sembra che questa maggiore attenzione non serva alla bisogna. Quindi, solo perché ci siamo abituati “al morto”, non significa che questo morto sia meno presente rispetto a prima. Anzi: sembra il contrario.

NOTE
1 – qui una testimonianza fiorentina
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