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La marcia trionfale dei robot
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Articolo di Redazione
10 dicembre 2011 10:29
 
Per la prima volta nella Storia, il progresso tecnologico distrugge più posti di lavoro di quanti ne crei. Le macchine sostituiscono l'uomo non solo in fabbrica, ma insidiano il ruolo degli autisti, dei ragionieri, degli avvocati. Parola di due studiosi d'economia.

Costruiscono automobili, ascoltano le nostre doglianze al telefono, ci vendono gli alimenti, tagliano l'erba in giardino, fanno sprofondare i titoli azionari e ci battono agli scacchi. Milioni di robot s'aggirano per il mondo e il loro numero continua a crescere; nei primi nove mesi dell'anno la Robotic Industries Association statunitense ha aumentato le vendite del 41%. Non dovremmo dolercene visto che le macchine fanno i lavori più pesanti e noiosi. Qualcuno osserva però che la marcia dell'automazione digitale ha avuto un'accelerazione inquietante; l'uomo rischia di perdere il treno, avvertono gli economisti Erik Brynjolfsson e Andrew McAfee del Massachusetts Institute of Technology (MIT). "Molti lavoratori perdono la corsa con la macchina", scrivono nel loro ultimo libro, Race against the machine, pubblicato nell'ottobre 2011 in e-book. Per la prima volta dall'invenzione della ruota, lo sviluppo tecnologico distrugge più posti di lavoro di quanti ne produca.

La rivolta contro la macchina

Una frase che sarebbe potuto benissimo campeggiare sulla bandiera dei luddisti inglesi, quando nel 1811 si avventarono contro i telai meccanici, simbolo della rivoluzione industriale. In seguito, il timore di perdere il lavoro a causa di un concorrente meccanico si è ripresentato a ogni innovazione. Persino il matematico ed economista John Maynard Keynes nel 1930 parlava di "malattia della disoccupazione tecnologica".
Eppure da duecento anni gli economisti sostengono che il progresso tecnico crea più posti di lavoro -e migliori- di quanti ne distrugga. Per due secoli hanno avuto ragione, ma questa volta è diverso, dicono i due ricercatori del MIT.

La digitalizzazione favorisce la crescita
Ma come ignorare gli effetti positivi dell'ultima spinta innovativa, la digitalizzazione? In tutti i settori industriali i computer hanno incremetato la produttività, aperto nuove vie distributive, creato benessere; alcuni continenti sono approdati alla modernità proprio grazie ad essa. "Però non c'è una legge economica per cui tutti o la maggioranza degli uomini debbano beneficiarne", scrivono i due autori. Ne è prova tangibile quanto è successo in Usa. La crisi economica del 2008 aveva costretto a tagliare molti posti di lavoro nelle fabbriche, ma al più tardi a fine estate di quest'anno la maggioranza delle aziende si è ripresa, tanto che, a ottobre, è stato prodotto più di prima della crisi... però, con sette milioni di lavoratori in meno. E' capitato che, anziché assumere nuovamente le persone licenziate, i padroni si siano ispirati a Terry Gou, il fondatore del colosso elettronico taiwanese Foxconn, che oggi impiega un milione di persone in Cina, ma che fra tre anni intende sostituire in massima parte con un milione di robot. Il vantaggio? Le persone si stufano, hanno mal di testa -le macchine no.

Progresso turbo e legge di Moore
Non sono solo i classici operai delle fabbriche a dover cedere sempre di più il passo alle macchine. Il consulente aziendale Brian Arthur, nello studio McKinsey The Second Economy, descrive un mondo lavorativo parallelo, nascosto dietro alla moneta elettronica e ai distributori automatici. Dove prima migliaia di impiegati fornivano servizi, oggi le macchine fanno altrettanto prescindendo totalmente dall'uomo.
Ma perché l'umanità non dovrebbe beneficiare di questo sviluppo? Che cosa le impedisce d'usare la propria energia per altri scopi, come finora? La risposta di Brynjolfsson e McAfee è semplice: Diversamente dalla rivoluzione industriale, lo sviluppo digitale accelera in modo velocissimo e senza fine.
La riprova più importante di quest'affermazione gli esperti di computer la conoscono con il nome di "legge di Moore". Gordon Moore, uno dei fondatori della società californiana di semiconduttori Intel, 46 anni fa propose un modello impegnativo: Ogni due anni la capacità dei computer dev'essere raddoppiata. Il "visionario" ebbe ragione. La sua regola ferrea è divenuta la legge di Moore. Oggi i computer sono mille volte più veloci di trent'anni fa ed è un'evoluzione che continuerà almeno per un altro decennio. E quasi ancora più importante è lo sviluppo avuto dai software (programmi), i cui algoritmi sono migliorati di 43.000 volte nello stesso arco di tempo.

1000 miglia senza conducente
Le macchine possono svolgere funzioni che ancora pochi anni fa parevano impossibili. Nel 2004, il reparto ricerche del ministero della Difesa Usa, Darpa, organizzò la prima gara delle 150 miglia attraverso il deserto disabitato di Mojave, con automobili guidate da robot. L'auto vincente percorse 8 miglia (12,8 km) impiegando diverse ore. Appena sei anni dopo, Google mise in cantiere un progetto simile, inviando una Toyota Prius modificata senza autista sulle strade americane. L'auto ha percorso nel traffico mille miglia senza aiuti esterni, e l'unico incidente che ha avuto è stato causato da un uomo che l'ha tamponata quando era ferma a un semaforo rosso.
I computer hanno imparato così bene a riconoscere e a interpretare certi ruoli, che sono in grado di svolgere compiti finora di esclusivo appannaggio umano per l'intuizione e la capacità deduttiva che comportano. Oggi ci sono traduttori, contabili, autisti, persino avvocati che possono essere sostituiti dai robot, almeno in parte. Solo chi si guadagna da vivere con la propria creatività o con mansioni che richiedono capacità motorie fini, o chi riesce a risolvere problemi complessi, sembra essere garantito nel lungo periodo, scrivono i ricercatori del MIT.

Tempi d'oro per imprenditori
Il loro sguardo sul futuro è comunque ottimista. In fin dei conti il loro lavoro inizialmente intitolato The Digital Frontier voleva essere un inno al progresso tecnologico. Anche oggi sono convinti che la digitalizzazione sia una fonte decisiva di benessere. Ma, appunto, per meno persone.
Ciò che manca, accanto al progresso tecnico, è un adeguato sviluppo di modelli d'affari, di strutture organizzative e delle capacità umane. La grande opportunità, dicono, sta nella cooperazione. Non si può vincere la gara contro le macchine; bisogna correre insieme a loro. Mai prima d'oggi c'è stata una tale disponibilità di tecnologie intelligenti e di persone preparate. E' l'età dell'oro per un imprenditore che voglia tradurre in pratica idee creative: questo, almeno, i robot non hanno ancora imparato a farlo.

(articolo di Matthias Auer per Die Presse del 03-12-2011. Traduzione di Rosa a Marca)
 
 
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