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San Giuseppe falegname, padre presunto, ovvero putativo
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Articolo di Gian Luigi Corinto
16 novembre 2023 16:28
 
 Tra un po’ nascerà Gesù Cristo. Una nascita rivoluzionaria per la cultura occidentale, non solo la riorganizzazione del calendario pagano, fondato sul ciclo della Sole, l’alternarsi delle stagioni, la ridefinizione cristiana di eventi astrali legati alle precedenti religione pagane. Per chi ha il dono di credere, il Natale celebra religiosamente la nascita di un bambinello che salverà il mondo dai suoi peccati, che annuncia la pace, una gioia luminosa che anticipa l’arrivo della Primavera, della Pasqua di resurrezione della carne. E non importa tanto che oggi la festa si preannuncia con mesi di anticipo con grande strepito di luminarie, addobbi rossi su verdi alberi pagani, capannucce con pastori, panettoni e pandori uno al prezzo di due, cenoni e altri simboli molto adatti ad essere mercificati?

Nel mistero del Natale, c’è pure il mistero della figura umana del padre del nascituro. Il Gesù dei Vangeli, figlio del Dio Padre che si fa Uomo, doveva avere un padre terreno, Giuseppe, il cui nome significa Accresciuto da Dio, come a dire la tua famiglia sarà accresciuta per intervento del Signore. Il Giuseppe padre di Gesù era ebreo, discendente di Abramo attraverso molte generazioni, secondo un numero magico multiplo di sette. Le generazioni che separano Abramo da Davide sono quattordici, da questi fino alla deportazione in Babilonia sono altre quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cristo ancora quattordici. I numeri non corrispondono a verità storiche, ma hanno senso gematrico, cioè che lega i numeri alle lettere dell’alfabeto ebraico. In questo caso serve per collegare Gesù a David, poiché 14 è il numero di Re David: D (4) + V (6) + D (4) = 14. Il futuro Messia doveva essere discendente di Davide, e quindi essere tre volte Davide, senza dubbi né incertezze. Le ultime generazioni sono quelle di Eleàzar che generò Mattan che generò Giacobbe, che generò Giuseppe, sposo di Maria e padre di Gesù.

Gli Evangelisti che parlano del padre putativo di Gesù sono Matteo e Luca, che nominano Giuseppe nella narrazione della vita del Cristo da giovane. Nulla si sa della sua morte, avvenuta probabilmente negli ultimi anni della vita nascosta di Gesù, cioè prima dei trent’anni del figlio, rendendolo quindi una figura marginale, trascurata, in posizione assolutamente secondaria rispetto al Figlio e alla Vergine Maria.

Prima che Gesù nascesse, di Giuseppe le scritture dicono che era già fidanzato con Maria, cioè che avesse contratto promessa di matrimonio ma non convivesse con la donna, che concepì il figlio per opera dello Spirito Santo. Il ruolo marginale di Giuseppe nella vita del Cristo è quindi del tutto evidente fin da subito. Dipende da questa subalternità la decisione (pur sofferta) di Giuseppe di non ripudiare la moglie incinta di un altro, come consuetudine dell’epoca? Non sembra proprio. Sarebbe riduttivo e inutilmente banale.

Giuseppe è un nome ricorrente nella genealogia di Gesù, è un uomo giusto, appartiene alla stirpe di David. La sua figura è quella di un israelita esemplare, che obbedisce senza fiatare né chiedere il perché del volere di Dio. Fa il carpentiere (il falegname che lavora il legno, come di legno sarà la croce del Cristo) e prima di sposare la Vergine Maria aveva già avuto altri figli. Era quindi più vecchio della giovanissima moglie. Matteo e Luca divergono nel raccontare i particolari dell’accettazione della gravidanza della fidanzata da parte di Giuseppe. Entrambi ci dicono che però il falegname vacillò ed ebbe attimi di smarrimento. Non sarebbe stato un uomo in carne e ossa, altrimenti. Matteo ci dice solamente che era giusto e che proprio per questo aveva accettato di non esporre la moglie al pubblico ludibrio. Sapeva o non sapeva dello Spirito Santo? L’importante è che i Vangeli raccontano che prima dell’annuncio che un angelo mandato dal Signore gli fa in sogno aveva certamente vacillato, era rimasto scosso, ma non aveva ripudiato la giovane moglie. Il suo vacillamento era giustificato sia nel caso che sapesse come in quello che non sapesse, in questo caso per il timore della grandiosità del compito affidatogli da Dio.

Se questo è il racconto che fanno i sacri testi cristiani su quali possono essere i fondamenti religiosi su cui stabilire e celebrare i rapporti familiari, allora c’è da porsi una domanda cruciale, valida laicamente anche nei tempi correnti. La domanda è questa: ma perché molti cattolici contemporanei ce l’hanno tanto con le famiglie cosiddette irregolari, strane, queer, che dir si voglia, visto che la loro fede è basata sulla storia di una Sacra Famiglia che ha tutte le caratteristiche per essere tale?

Dove sta il sacro? Nei fatti terreni o solo in quelli rivelati? Il carattere sacro di una famiglia lo decide l’assemblea politica convocata prima di ogni tornata elettorale? Lo decide la propria fede che si vuole imporre a tutti gli altri?

Giuseppe non vede né il martirio del Cristo né la sua Gloria e neppure l’Ascensione in Cielo, ma ha umilmente e silenziosamente insegnato al figlio l’arte della falegnameria, un buon mestiere per costruire e guadagnarsi da vivere. Poi il Figlio ha saputo fare quello che ha fatto.

 
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