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Narcoguerra messicana. Il prezzo che pagano i giornalisti
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Articolo di Redazione
5 novembre 2013 9:34
 
Secondo il Comitato di protezione dei giornalisti (CPJ), il Messico e' il Paese che conta il maggior numero di giornalisti assassinati: e' piu' pericoloso fare un'inchiesta in Messico che nei Paesi in guerra.
Il tutto e' cominciato nel 1983, con l'assassinio di Manuel Buendia, che faceva un'inchiesta sulle relazioni tra cartelli della droga e il governo.
Dall'anno 2000 comincia l'escalation: 25 morti in sei anni durante il regime del presidente Vicente Fox, 55 morti e 12 dispersi sotto il regime di Felipe Calderon. Dopo il suo arrivo al potere nel 2013, Enrique Pena Nieto, non ha mostrato volonta' politica di difendere la liberta' di espressione, quattro giornalisti sono stati assassinati, tre sono spariti e 12 sono stati aggrediti o minacciati.
In Messico, il potere dei trafficanti di droghe e' notevolmente esteso ed ha guadagnato terreno in tutte le istituzioni e soprattutto nel mondo politico. Si dice spesso che i cartelli della droga siano i principali responsabili di questi assassinii, ma per ora e' ufficiale che il 40% delle aggressioni sono commesse da funzionari pubblici.
Felipe Calderon aveva creato uno speciale giudice d'istruzione per indagare sugli assassinii dei giornalisti, ma senza nessun risultato. Praticamente nessun caso e' stato risolto e numerose denunce non sono state neanche depositate.
Numerosi giornali, soprattutto di provincia, preferiscono, per paura di rappresaglie, di non pubblicare nulla sul traffico di droga, sulla corruzione, sulla collusione tra cartelli e potere: l'autocensura ha preso il posto della linea editoriale.
In Messico, la Carta dei principi stampa non esiste, cosi' come non esiste uno statuto del giornalista. Tutti coloro che vivono nelle zone a rischio -Ciudad Juarez, Veracruz, Tamaulipas, etc..- non possono contare su nessun sostegno istituzionale o professionale.
Riviste come Proceso, Reporte Indigo, Gatopardo, giornalisti d'inchiesta come Lydia Cacho, Anabel Hernadez, Yuri Garcia, Ricardo Rocha, Marcela Turati oltre a decine di giornalisti di provincia, totalmente sconosciuti, garantiscono in questo momento un lavoro rimarchevole. Regina Martinez, assassinata il 26 aprile 2012, ha pubblicato 63 reportage per denunciare la corruzione, descrivere gli effetti dei disastri naturali e del riciclaggio del denaro, le violazioni dei diritti umani fatte da militari e poliziotti contro i villaggi indiani o, ancora, l'uso demagogico del football attraverso i governatori.

(articolo di GOUY Patrice, corrispondente dal Messico per il quotidiano “La Croix, pubblicato il 04/11/2013)
 
 
 
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