testata ADUC
CINEMA E MINISTERO DEI BENI CULTURALI
Scarica e stampa il PDF
Comunicato 
30 luglio 2001 0:00
 


COMINCIAMO COL MANDARE A CASA I 64 COMPONENTI DELLA COMMISSIONE DI REVISIONE CINEMATROGRAFICA, PIU' NOTA COME COMMISSIONE CENSURA. E ABOLIAMO I CONTRIBUTI FINO AL 90% DEI COSTI.
Invito dell'Aduc al ministro Giuliano Urbani e al vice-ministro Vittorio Sgarbi

Firenze, 30 Luglio 2001. Il ministro dei Beni Culturali, Giuliano Urbani, in una intervista al Corsera ha esplicitamente sostenuto la necessita' di rivedere la politica ministeriale in tema di cinema, piu' che altro per quanto riguarda il finanziamento degli stessi. Imboccato da una sorta di replica dell'ex-ministro Giovanna Melandri, che gli da' ragione pur sottolineando di essere lei l'antesignana di diverse normative, entrambi -dice il presidente dell'Aduc, Vincenzo Donvito- sembrano ignorare quelli che invece per noi sono punti deboli della politica del cinema in Italia: le 64 (sessantaquattro) persone che lavorano in 8 (otto) commissioni nella Commissione di Revisione Cinematografica, nota ai piu' come Commissione Censura; e i contributi fino al 90% per la produzione di film
Un motivo per cui inviamo questa nota sia al ministro Giuliano Urbani, che al suo vice Vittorio Sgarbi.
Siamo sicuri che debba continuare ad esser questa la politica del cinema italiano, cioe' che ci debbano essere 64 persone che debbano giudicare quando, se e come un film possa essere visto da persone piu' o meno maggiorenni. Nel senso che, siamo sicuri che debba continuare lo Stato a giudicare (e di conseguenza a obbligare) cosa sia giusto vedere rispetto a un presunto senso comune del pudore, e non piuttosto che ogni famiglia si regoli come crede rispetto ai propri figli su cui esercita la patria potesta'?
Si tratta di un salto di qualita' con risvolti economici non secondari, perche' smantellare un apparato del genere, e' probabile che fara' porre meno problemi, per esempio, per i fondi necessari al mantenimento del patrimonio artistico.
E questo salto di qualita' si puo' fare anche rimettendo in discussione la politica della "Commissione consultiva per il cinema", che decide se e come assegnare fondi pubblici a produzioni cinematografiche "di interesse culturale nazionale", con finanziamenti che vanno dal 70 al 90%. Un'autentica mostruosita' economica e giuridica in tempo di liberalizzazione e de-statalizzazione. Ben vengano le agevolazioni (come per esempio la concessione di prestiti col tasso agevolato del 4%) che incentivano l'attivita', ma non sono certo stimolatori di creativita' e dinamicita' finanziamenti che esulano dalle capacita' imprenditoriali e di mercato. In una monarchia culla delle arti come nei secoli Settecento e Ottocento, potrebbero anche esserlo, perche' basati sul godimento del sovrano fine a se stesso, ma nel Belpaese si possono solo tradurre in favoritismi e sacche di elargizione clientelare.
Per questo crediamo che, se si mette mano a questi due aspetti, per cominciare, si potra' parlare di una nuova politica dei Beni Culturali, altrimenti si continuera' a galleggiare.
 
 
COMUNICATI IN EVIDENZA
 
ADUC - Associazione Utenti e Consumatori APS